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CONTEMPORARY PSYCHOANALYSIS
VOL. 39, N. 1 / 2003

New Bridges between Object Relations Theory and the Psychology of the Self 

(saggio-recensione di: Rochelle G.K. Kainer, The Collapse of the Self and Its Therapeutic Restoration. Hillsdale, NJ: Analytic Press, 1999) 

Lallene J. Rector


In questo saggio-recensione di Lallene Rector viene discusso l'ardito tentativo del libro di Rochelle G.K. Kainer The Collapse of the Self and Its Therapeutic Restoration (Hillsdale, NJ: Analytic Press, 1999) di trovare dei collegamenti tra la teoria delle relazioni oggettuali di Melanie Klein e la Psicologia del Sé di Heinz Kohut, due teorie tradizionalmente considerate molto diverse e lontane. La prima fu formulata vari decenni prima della seconda, e in un humus culturale e teorico europeo, estremamente differente. La seconda nacque negli Stati Uniti, allora ancora impermeabili alla cultura kleiniana, si può dire come reazione a certi aspetti della psicologia dell'Io (neutralità, anonimità, ecc.) che costituiva la matrice teorica di Kohut così come del mainstream psicoanalitico nordamericano (per un approfondimento, vedi "Il concetto di narcisismo"). La Keiner in questo libro cerca di sviluppare la sua tesi trovando dei ponti tra le due teorie essenzialmente riguardo ai seguenti quattro aspetti: (1) riguardo al concetto kleiniano di "contenimento", che viene reinterpretato come una funzione che può essere svolta dall'oggetto-Sé kohutiano, che, come è noto, funge da equilibratore per certe tensioni del Sé; (2) riguardo al ruolo dell'empatia di cui ha parlato Kohut, che può essere letta anche come una dimensione della identificazione proiettiva descritta dalla Klein (si pensi al concetto di reverie, cioè il "leggere", il "pensare" la mente del bambino da parte della madre mentre "contiene" il bambino, nel senso che la reverie materna permette al Sé del bambino di rispecchiarsi in essa e quindi di crescere, di svilupparsi, di costruire - direbbe Fonagy - la propria capacità di riflettere sui propri stati mentali [rimando all'articolo di Fonagy del 1996 "Attaccamento, sviluppo del Sé e sua patologia nei disturbi di personalità"]); (3) riguardo alle ferite narcisistiche, descritte da Kohut, che possono far precipitare una "frammentazione del Sé" con l'effetto di far oscillare il soggetto verso la posizione schizo-paranoide descritta dalla Klein, in cui non a caso la rabbia (narcisistica) e la paranoia sono sentimenti tipici; (4) riguardo al fatto che le posizioni schizo-paranoide e depressiva, descritte dalla Klein, possono essere anche concepite come dimensioni esperienziali, vicine al livello soggettivo, che in un qualche modo ricordano gli "stati del Sé" (Self-states) di cui ci ha parlato Kohut.

Questo tentativo della Keiner di trovare dei ponti ("New Bridges", come recita il titolo del suo libro) tra due teorie o universi di pensiero così diversi come la teoria delle relazioni oggettuali di Melanie Klein e la Psicologia del Sé di Heinz Kohut è senza dubbio interessante, ma rimane al livello clinico, non penetra assolutamente nella struttura teorica, cioè non interviene ad un livello alto di integrazione teorica, cosa che sarebbe comunque impossibile dato che si tratta di due teorie completamente diverse e non integrabili - a parte il fatto che il concetto stesso di integrazione non ha senso, casomai si può costruire una "terza" teoria diversa da entrambe (rimando qui, per un approfondimento, al dibattito pre- e post-congressuale del primo congresso della sezione italiana della Society for the Exploration of Psychotherapy Integration [SEPI-Italy]). La teoria delle relazioni oggettuali di Melanie Klein e la Psicologia del Sé di Heinz Kohut sono separate da steccati insormontabili, ammesso che ancora si voglia rispettare il legame tra teoria e clinica (si pensi solo alla teoria delle pulsioni - enfatizzata dalla Klein che come è noto attribuì un importante ruolo anche all'istinto di morte - e abbandonata da Kohut, soprattutto negli ultimi scritti). La Keiner sembra dire invece che determinati fenomeni clinici simili possono essere letti da entrambe le teorie, in un modo apparentemente adeguato e utile per il clinico, con costrutti teorici diversi perché entrambi hanno una certa pregnanza clinica. Si potrebbero fare tantissimi esempi come questi, usando sia le varie teorie psicoanalitiche che i tanti approcci psicoterapeutici presenti sul mercato, il che possibilmente rivela che i fenomeni clinici osservati sono gli stessi mentre tanti sono stati i modi per comprenderli, a seconda del contesto storico-culturale in cui sono stati prodotti, raggiungendo ciascuno un certo potere di convincimento. Cosa ben diversa invece è costruire una teoria generale della psicoterapia che sia sobria, coerente al suo interno, e capace di fornire un rendiconto completo del rapporto con la clinica.


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