L'autore riporta i risultati uno studio fatto nei primi anni 1990 su 64
pazienti maschi ospedalizzati in un reparto di psichiatria legale per aver
compiuto azioni criminali, che andavano dal semplice furto fino all'omicidio
multiplo. Lo scopo dello studio era quello di utilizzare la metodologia
psicoanalitica per investigare tre condizioni che sia la pratica clinica che la
letteratura controllata indica come collegate al crimine: il trauma infantile,
il disturbo mentale, e la dissociazione. La grande maggioranza dei pazienti
erano stati abusati fisicamente durante l'infanzia, e circa la metà avevano
ricevuto severi maltrattamenti dagli stessi genitori. Molti avevano riportato
gravi ustioni, fratture ossee, perdita di coscienza, abuso sessuale continuativo,
e minacce o reali attacchi alla sopravvivenza fisica da parte dei genitori o dei
loro surrogati. Tra le difese utilizzate all'interno del disturbo psichiatrico
dovuto ai traumi infantili subiti, la dissociazione era la più frequente, e i
disturbi dissociativi più comuni erano la derealizzazione, la
depersonalizzazione e l'amnesia. Tra i crimini commessi da questi pazienti vi
erano rapimento di persona, tentato matricidio, omicido, incendio doloso,
violenza carnale ripetuta, aggressione, e furto a mano armata. Curiosamente,
spesso si notava amnesia per il crimine commesso e contemporaneamente la
disponibilità a dichiararsi colpevoli (mentre nei criminali che non
presentavano sintomi dissociativi quasi mai vi era l'ammissione di colpa). Un
altro interessante reperto riguardava la costruzione del Sé di questi soggetti,
in cui il ricordo dell'abuso precoce era stato dissociato e quindi non inserito
all'interno della narrativa di vita, col risultato di un senso di vuoto
interiore a malapena riempito da narrative compensatorie. L'articolo discute
questi reperti anche con la discussione di alcuni impressionanti casi clinici in
cui viene riportata la trascrizione del racconto delle violenze subite dai
pazienti. In questi racconti, più che in qualunque discussione teorica, si
riesce a capire la psicodinamica di questi pazienti, il terrore vissuto, e, come
recita il titolo di quesito articolo, l'utilizzo della trance, cioè di
una dissociazione mentale, come estrema difesa.
|