Viviamo in un periodo in cui l'omosessualità, anche nel
movimento psicoanalitico, viene finalmente accettata e non considerata più
patologica. Fino a non molto tempo fa vi era una aperta condanna da parte
psicoanalitica nei confronti della omosessualità, non venivano accettati in
formazione psicoanalitica candidati gay e così via, mentre oggi avviene
l'opposto, quasi a riparare un torto, riconoscendo le gravi ingiustizie e
discriminazioni che hanno dovuto subire gli omosessuali nella società anche per
colpa di psicoanalisti ignoranti o vittima di pregiudizi teorici. Se Freud fu
capace di andare controcorrente riguardo alla sessualità, non fu così per i
suoi eredi riguardo alla omosessualità, soprattutto a livello istituzionale, se
non molto tardivamente e più che altro dietro le pressioni sociali e del
movimento dei diritti civili, quindi all'opposto di quello che fece Freud che
era relativamente isolato. Oggi psicoanalisti gay vengono nominati
presidenti di società psicoanalitiche, escono numeri monografici di importanti
riviste psicoanalitiche (si pensi ad esempio al n. 4/2001 del prestigioso Journal
of the American Psychoanalytic Association, tutto dedicato alla
omosessualità, in cui vengono dette cose opposte a quelle sostenute solo pochi
anni prima - il primo articolo ad esempio si intitola "Depathologizing
homosexuality"), e così via.
Questo articolo di Mark J. Blechner, un noto psicoanalista
dichiaratamente gay del William
Alanson White Institute di New York, rientra in questo clima culturale.
Blechner ha scritto vari altri articoli interessanti su questa rivista (vedi ad
esempio le segnalazioni dei suoi articoli usciti su Contemporary
Psychoanalysis pubblicate su Psicoterapia
e Scienze Umane, una
rivista che con molto anticipo ha trattato in modo critico il tema della
omosessualità, ad esempio con articoli di Morgenthaler, Parin, Moor, Drescher,
ecc.: in particolare, su Psicoterapia
e Scienze Umane si vedano le segnalazioni nei numeri 2/1993 p. 149, 3/1997 p. 174, 4/1998
p. 169, 1/2000 p. 152, 3/2001 pp. 156-157).
Gli articoli precedenti di Blechner riguardavano, tra gli altri, i
pazienti affetti da AIDS o sieropositivi, e il sogno.
In questo articolo (il cui titolo tradotto è "L'omosessuale Harry Stack Sulllivan") Blechner sostiene che Sullivan era
senza dubbio omosessuale, raccontando episodi e testimonianze in favore di
questa ipotesi. Sullivan non era sposato, viveva assieme a un giovane che aveva
adottato come figlio, ma che in realtà secondo Blechner era il suo amante dato
che a quei tempi di forte repressione contro l'omosessualità un modo
conveniente ed accettabile di convivere tra omosessuali era quello di fingere un
adozione, specie se uno dei due amanti era molto più giovane, come in questo
caso. Blechner riporta inoltre molte testimonianze e citazioni di scritti di
Sullivan che avvalorano questa ipotesi della sua omosessualità, anche se lui
mai lo ammise esplicitamente. Tra le altre cose, dice che quasi tutti gli stessi
psicoanalisti interpersonali, seguaci di Sullivan, hanno cercato di negare o
nascondere questo fatto, e paventa l'ipotesi che questo abbia addirittura
influito a livello teorico sulla "negazione della sessualità" spesso
presente nell'approccio psicoanalitico interpersonale. Sullivan invece, che fu
anche un pioniere delle lotte civili per i diritti degli omosessuali, dava una
grande importanza alla sessualità, di cui parlava a volte nei dettagli e che
era parte integrante delle sue innovazioni teoriche e cliniche. L'articolo va
nei particolari delle concezioni sullivaniane sulla sessualità e della
terminologia da lui usata.
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