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CONTEMPORARY PSYCHOANALYSIS
VOL. 42, N. 4 / 2006
Symposium on: Interpersonal and Relational Psychoanalysis:
 Untangling the Confusion

Steven Tublin, Margaret Crastnopol, Darlene Bregman Ehrenberg, Irwin Hirsch, Edgar A. Levenson, Donnel B. Stern


In questo simposio viene affrontata l'annosa questione della differenza tra la psicoanalisi "interpersonale" e quella "relazionale", due anime cha da tempo attraversano i dibattiti e dividono in fazioni il William Alanson White Institute e più in generale la comunità psicoanalitica nordamericana "non classica", cioè variamente definita appunto interpersonale, relazionale o intersoggettiva (per un dibattito precedente su Contemporary Psychoanalysis, vedi la recensione-saggio di Hirsch nel n. 4/1997, l'articolo di Frankel con la replica di Hirsch e la controreplica di Frankel sul n. 1/1998, e la lettera di Mitchell sul n. 2/1999: vedi le segnalazioni su Psicoterapia e Scienze Umane, rispettivamente nei numeri 1/1998 p. 170, 2/1999 p. 160, 4/1999 pp. 158-159, e la recensione sul n. 2/1999). La maggioranza degli interventi (Tublin, Ehrenberg, Hirsch, D.B. Stern) si limitano ad analizzare gli aspetti politici e sociologici di questi schieramenti, peraltro variegati e poco definiti, mentre solo nel primo (di Margaret Crastnopol) si tenta una teorizzazione sulle differenze tra queste due correnti.

Margaret Crastnopol abbozza un tentativo di rintracciare differenze teoriche, e lo fa discutendo la definizione del concetto di Sé e tornando sul problema del "Sé multiplo" o "plurale" (argomento su cui interviene anche nel numero successivo, il n. 1/2007), in cui vi sarebbe - secondo un continuum che va dall'intrapsichico all'interpersonale - una componente unica, interna o privata, e una componente relazionale così come la intendeva Mitchell (soprattutto nei suoi libri del 1988 Gli orientamenti relazionali in psicoanalisi [Torino : Bollati Boringhieri, 1993] e del 2000 Il modello relazionale. Dall'attaccamento all'intersoggettività [Milano: Raffaello Cortina, 2002]). La Crastnopol comunque si limita più che altro a esporre una rassegna di posizioni, ammettendo la complessità e implicitamente anche la confusione in questo campo. Tutti gli altri partecipanti a questo simposio (Tublin, Ehrenberg, Hirsch, Levenson, D.B. Stern) invece si limitano sostanzialmente a raccontare - in modo peraltro interessante - i risvolti storici e politici di queste divisioni, a volte con aneddoti e dettagli sul proprio percorso e sulle vicissitudini storiche del William Alanson White Institute (i rapporti con Sullivan, Fromm, la Thompson, ecc.); come se ce ne fosse ancora bisogno, ammettono che è la storia affettiva, politica e sociale quella che spesso è parte integrante degli sviluppi teorici. Delle vicissitudini storiche e dei modi con cui sono state esplicitate le differenze teoriche tra la componente "interpersonale" e quella "relazionale", su Contemporary Psychoanalysis erano già usciti negli anni scorsi vari contributi, ad esempio di Hirsch, Frankel e dello stesso Mitchell, segnalati in numeri precedenti di Psicoterapia e Scienze Umane a cui si rimanda (vedi il sito Internet prima citato). Questo dibattito non sembra aggiungere niente di nuovo, a parte, come si diceva, importanti aneddoti e dettagli storici. L'impressione che si ha - peraltro condivisa da alcuni degli autori qui intervenuti - è che questo gruppo ha costruito la sua identità in buona parte in negativo, cioè in reazione alla "scomunica" da parte dell'American Psychoanalytic Association nei loro confronti: come dice Levenson nel suo intervento, quello che teneva insieme questa variegata comunità di psicoanalisti (già "nata post-moderna" [p. 558]) era il rifiuto della teoria della libido. Non a caso Mitchell arriverà a dire apertamente, una volta consolidata l'importanza del movimento relazionale e quasi invertita la situazione precedente in termini di maggioranza e minoranza (cioè una volta divenuti loro stessi, per così dire, il mainstream), che poteva essere arrivato il momento di guardare con più serenità a certi aspetti della teoria delle pulsioni o dell'intrapsichico per eventualmente integrare o perfezionare la propria teoria. 

Come si diceva, questo simposio nel complesso è molto interessante per chi vuole conoscere le vicissitudini storiche, politiche e personali che hanno accompagnato la nascita e gli sviluppi del movimento che ha portato in America alla "svolta relazionale" (oggi così influente in tutto il mondo), nel suo tentativo di darsi una identità diversa da quella di coloro che possono essere definiti i suoi "tre genitori" - gli interpersonalisti tradizionali, i teorici delle relazioni oggettuali e gli psicologi del Sé - anche perché ben sappiamo che è solo in questo modo che si può comprendere gli stessi sviluppi teorici (per fare un esempio, anche i conflitti tra medici e psicologi e tra uomini e donne hanno avuto un peso notevole, come alcuni sostengono in questo dibattito).


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