In questo numero speciale vengono pubblicate le relazioni tenute a un convegno
dedicato al "divario (gap) tra la psicoanalisi freudiana e la psicoanalisi
relazionale/interpersonale" tenuto il 28 febbraio 2009 al New York
Psychoanalytic Institute. Dopo una introduzione di Lois Oppenheim, Edgar
Levenson ripercorre la storia dello "scisma" iniziale tra l'American
Psychoanalytic Association e il William Alanson White Institute e la
successiva polarizzazione tra psicoanalisi "pulsionale" e "relazionale", Edward
Nersessian mette in guardia contro affrettati ecumenismi tra scuole diverse,
Philip Bromberg ripropone le sue note riflessioni sulla dissociazione, Harold
Blum (un analista freudiano, che successe ad Eissler nella presidenza dei
Freud Archives) riconosce gli apporti della psicoanalisi relazionale ma
ribadisce una visione più equilibrata che includa gli aspetti sia intrapsichici
che relazionali, John Foehl invoca un pluralismo epistemologico, Richard
Gottlieb paragona ironicamente la differenza tra psicoanalisi freudiana e
relazionale a quella tra Coca-Cola e Pepsi-Cola e sottolinea le
convergenze che vi possono essere a livello clinico, Donnel Stern argomenta che
la psicoanalisi freudiana si basa sull'interpretazione della fantasia inconscia
mentre la psicoanalisi relazionale sulla continua partecipazione a un processo
costruito reciprocamente, Jessica Benjamin sottolinea che la psicoanalisi
relazionale ha messo in primo piano l'interazione terapeuta-paziente come un
processo bidirezionale co-creato, Darlene Ehrenberg riprende le sue osservazioni
cliniche sui "limiti dell'intimità", Henry Friedman si oppone a una
omogeneizzazione tra psicoanalisi freudiana e relazionale nel senso che
quest'ultima sottolinea il ruolo della esperienza più che dell'insight. I vari
contributi, scritti da esponenti di entrambi gli orientamenti, si distribuiscono
quindi nel range di tutte le posizioni possibili, con la sensazione di
leggere cose già dette e anche di un "dialogo tra sordi". Probabilmente la cosa
più interessante è il fatto stesso che vengano organizzati confronti di questo
tipo, e per di più, in questo caso, al New York Psychoanalytic Institute,
quello che una volta era il tempio della tradizione classica della Psicologia
dell'Io. Questo può essere il segno che a livello istituzionale non vi sono più
le separatezze di una volta, o che oggi il movimento psicoanalitico, finiti i
tempi di "vacche grasse", ha altre esigenze e tende a vivere con meno animosità
le dispute teoriche (vedi a questo proposito pp. 201-202 della
rubrica "Tracce"
del numero 2/2010 di
Psicoterapia e Scienze Umane). |