Questo n. 1/2013 di
Contemporary Psychoanalysis è interamente dedicato alla celebrazione del 30°
anniversario della pubblicazione del classico libro di Greenberg e Mitchell del
1983 Le relazioni oggettuali nella teoria
psicoanalitica (Bologna: Il
Mulino, 1986), che ha inaugurato la stagione della psicoanalisi relazionale
negli Stati Uniti e poi nel mondo. Gli articoli di Greenberg,
Black, Imber e Zaphiropoulos derivano
dalle relazioni presentate a un panel organizzato da Pasqual J.
Pantone al William Alanson White Institute il 21 settembre 2010, mentre
gli altri sono stati richiesti. Vi sono contributi estremamente interessanti
perché questa è anche una occasione per fare un bilancio della prospettiva
relazionale, anche in senso critico (Bob Michels e Otto Kernberg ad esempio sono
autorevoli voci critiche), e per riflettere sul percorso di questo movimento,
sulla differenza tra l'approccio "interpersonale"
(sullivaniano) e quello "relazionale"
(inaugurato da Mitchell), e così via.
Dopo
una introduzione di Ruth Imber e Suzanne
Little, curatrici di questo numero monografico, intervengono
non solo colleghi da sempre legati al William Alanson White Institute
- e precisamente Pasqual Pantone,
Miltiades Zaphiropoulos, Jay
Greenberg, Margaret Black, Ruth Imber e Jack Drescher - ma anche autori che si possono
definire "classici", o che hanno ricoperto cariche importanti all'interno dell'International
Psychoanalytic Association (IPA) - come Bob
Michels, Abbot Bronstein e Otto Kernberg - e inoltre Riccardo Lombardi,
un analista romano della Società Psicoanalitica Italiana (SPI), e Donna
Orange, nota esponente dell'approccio intersoggettivo.
Questo confronto è uno dei tanti esempi del dialogo che oggi vi è tra analisti
di orientamenti diversi, impensabile anni fa. Ognuno di questi commentatori
tocca un aspetto specifico o sul quale è stato invitato a riflettere da parte
delle curatrici. Ad esempio, iniziando dall'ultimo articolo, Donna
Orange, che è di estrazione kohutiana, ha avuto l'incarico di discutere il modo
con cui Greenberg e Mitchell trattarono la Psicologia del Sé di Kohut (il quale,
come si ricorderà, Greenberg e Mitchell giudicarono - assieme a Joseph Sandler -
come aderente a un "modello misto", che si apre all'approccio relazionale ma nel
contempo non ha il coraggio di rompere del tutto con la tradizione). Riccardo
Lombardi traccia una breve storia degli sviluppi teorici della psicoanalisi in
Italia, citando essenzialmente i contributi di analisti della SPI (la sua
bibliografia è molto estesa, una ottantina di voci, molte delle quali sono
articoli pubblicati sulla Rivista di Psicoanalisi). Otto Kernberg muove
una lucida critica ai capitoli del libro di Greenberg e Mitchell del 1983
dedicati all'opera di Edith Jacobson e al proprio lavoro, sottolineando alcuni
fraintendimenti e precisando la sua concezione, che era anche della Jacobson,
del ruolo primario degli affetti nella costruzione delle relazioni oggettuali
interiorizzate. Per Kernberg le cosiddette pulsioni (libido e aggressività)
vanno intese come manifestazioni successive a quelle degli affetti nella
costruzione della struttura psichica, come espressione di una sua maggiore
strutturazione. Abbot Bronstein rimprovera il modo con cui Greenberg e Mitchell
hanno trattato la teoria kleiniana. Bob
Michels critica Greenberg e Mitchell perché l'esclusivo focus
sulle relazioni oggettuali, da loro scelto, è riduttivo in quanto è solo uno dei
punti di vista della psicoanalisi, e trascurano autori quali Arlow, Brenner o
Erikson; inoltre sembrano anche adottare un criterio di preferenza personale per
la scelta della loro posizione teorica, ignorando criteri di validazione
scientifica o empirica. I contributi degli altri autori (Pantone [il cui
articolo può essere scaricato full-text in PDF dalla pagina Internet
http://www.wawhite.org/uploads/Journals/CPS.2013.049.0003.pdf],
Zaphiropoulos, Greenberg, Black,
Imber e Drescher) non sono così critici verso Greenberg e Mitchell.
Drescher riporta brani di due interviste che fece a Mitchell e Greenberg,
rispettivamente nel 1993 e nel 1994, quando, poco dopo aver completato il
training psicoanalitico al William Alanson White Institute, era
assistant editor della White Society Voice. |