Con questo ultimo numero del 2014 si chiudono le
celebrazioni del cinquantesimo anniversario di
Contemporary Psychoanalysis,
con articoli di diversi autori. La "gemma" del passato ripubblicata è un
articolo di David E. Schecter del 1978 - introdotto da Ruth R. Imber -
sul concetto sullivaniano di "trasformazione malevola".
Questo n. 4/2014 è dedicato a Sullivan e al suo famoso
"postulato dell'unicità genetica" (one genus postulate), ovvero "everyone
is much more simply human than otherwise" ("siamo tutti molto più semplicemente
umani che altro". In: La teoria
interpersonale della psichiatria [1953].
Milano: Feltrinelli, 1962, p. 16). Harry Stack Sullivan (1892-1949) è,
notoriamente, la figura ispiratrice di questo gruppo di colleghi del
William Alanson White Insitute, anche dopo la "svolta relazionale" impressa
soprattutto da Steve Mitchell (1946-2000) che ha cercato di coniugare le idee di
Sullivan con la scuola inglese delle relazioni oggettuali (Suttie, Fairbarin,
Guntrip, ecc.) - la quale era precedentemente sottovalutata dai
post-sullivaniani perché troppo interessata alle dinamiche intrapsichiche - e
quindi fondando un approccio che verrà chiamato più propriamente "relazionale"
appunto per marcare una differenza da quello ad impronta più "interpersonale" di
Sullivan.
Nel resto del numero 4/2014 vi è poi la sezione "More
Simply Human…", cui articoli sono tratti dalla Colloquium Series
"More Simply Human…" organizzata dalla William Alanson White Psychoanalytic
Society nel 2012-13. Sei dei nove relatori - Philip M. Bromberg, Sandra
Buechler, Marilyn Charles, Mary Gail Frawley-O'Dea, Richard B. Gartner e John
Kerr - hanno adattato le loro relazioni per questa pubblicazione in
Contemporary Psychoanalysis, mentre due - Diane Ehrensaft e Spyros D.
Orfanos - hanno scritto nuovi articoli, un po' diversi dalle loro relazioni; la
relazione della nona relatrice - Nancy McWilliams - non è pubblicata ma è
disponibile on-line, assieme alla presentazione di Philip M. Bromberg.
John Kerr, nell'articolo dal titolo "Is
There a Self, and Do We Care? Reflections on Kohut and Sullivan",
paragona tra loro varie idee di Sullivan e Kohut, trovando forti somiglianze: la
"osservazione partecipe" di Sullivan e il "transfert oggetto-Sé" di Kohut si
reggono su un tipo di ascolto praticamente identico, e anche le concezioni del
Sé e dell'autostima sono uguali, persino nelle nuances. Vi sono comunque
differenze, ad esempio nelle concezioni dell'ansia, dell'empatia e della
crescita del Sé. |