Why are Gay Men a High Risk Group for Eating Disorders?
I. Williamson
Uno dei più intriganti, e pruriginosi, temi della pubblicistica
dei disturbi alimentari è: perché i gay sono a rischio per
i disturbi alimentari? Sappiamo, infatti, che ben un terzo dei pochi uomini
affetti da un disturbo alimentare sono omosessuali. Williamson ci scrive
sopra un buon theoretical paper, e discute le due ipotesi più
in voga. La prima spiegazione è l'egodistonia, che -quando presente-
motiverebbe comportamenti auto-punitivi: disturbi alimentari (soprattutto
bulimia purging), ma anche abuso d'alcol, depressione e suicidalità.
Secondo Williamson, l'evidenza appoggia questa spiegazione. La seconda
spiegazione punta il dito contro la cultura gay, molto fondata sui valori
della bellezza corporea, della magrezza, e della giovinezza. Williamson
riporta un recente studio, il quale dimostra come i giovani gay mediamente
confrontano il proprio aspetto corporeo a quello dei loro coetanei molto
più frequentemente di quanto facciano i giovani eterosessuali, ed
in misura invece eguale a quanto facciano le donne eterosessuali. I gay-magazines
mostrano una enfasi verso magrezza e bellezza pari öse non superiore- solo
a quella dimostrata dai giornali femminili. I problemi dell'immagine corporea
sono molto più diffusi tra i gay che tra gli eterosessuali maschi.
Williamson accetta naturalmente queste spiegazioni. Tuttavia mette
in guardia gli psicoterapeuti contro alcune possibili intepretazioni colpevolizzanti
di queste ipotesi esplicative. L'ipotesi dell'ego-distonia, infatti, potrebbe
portare il terapeuta alla condanna dell'omosessualità in sé.
L'ipotesi sulla patogenicità della cultura gay può compromettere
l'alleanza terapeutica.
Preventing Eating Disorders ö Time to Change Programmes or Paradigms?
Current Update and Further Reccomandations
J.H. Rosevinge and R. Børresen
Altro articolo molto intrigante: ci mette paradossalmente in guardia
contro i rischi della prevenzione. Gli autori prendono in considerazione
i due possibili approcci: 1) i programmi basati sull'informazione della
malattia, molto (troppo! come scopriremo) in voga nelle scuole; 2) ed i
programmi di sviluppo salute. Il primo tipo di prevenzione in genere è
fatto di lezioni di esperti sulle conseguenze insalubri dei disturbi alimentari,
sull'identificazione degli stimoli culturali che spingono alla magrezza,
il miglioramento delle abitudini alimentari, l'informazione sulle modificazioni
corporee della pubertà. Questi programmi, però, si sono dimostrati
non soltanto inefficaci, ma talvolta addirittura dannosi. Quando valutati
scientificamemente mediante confronti con dei controlli, questi programmi
di prevenzione miglioravano l'informazione, ma erano incapaci di modificare
positivamente i comportamenti alimentari e gli ideali di bellezza corporea.
Di più: qualche volta si è notato purtroppo che gli studenti
apprendevano ed applicavano le tecniche devianti di controllo del peso
delle bulimiche.
Il secondo modello non si basa sull'informazione, ma sulla prevenzione
di alcune cause predisponenti. I momenti-chiave sono due, secondo gli autori:
l'apprendimento da parte dei genitori al buon child-rearing dell'infante,
e l'apprendimento da parte dei ragazzi della auto-gestione corretta dello
stres e dell'autostima durante l'adolescenza. In entrambi casi, si tratta
non di conoscere "la malattia", ma di imparare la salute. Questo secondo
tipo di tecnica si è rivelato effettivamente in grado di produrre
reali miglioramenti nei soggetti che ne avevano usufruito.
A Sequenced Group Psychotherapy Model for Bulimia Nervosa Patients:
A Pilot Study
L. Nevonen, A.G. Broberg, M. Lindström and B. Levin
Ventinove pazienti affette da bulimia o da disturbo alimentare non altrimenti
specificato hanno partecipato a questo studio, che esplorava un trattamento
sequenziato costituito da sette sedute öuna volta a settimana- di psicoterapia
cognitivo-comportamentale focalizzata sui sintomi alimentari, seguito da
tredici sedute öuna volta a settimana- di psicoterapia interpersonale non
focalizzata sui sintomi alimentari. I due trattamenti sono quelli dimostrati
come più efficaci dalla ricerca basata sull'evidenza (vedi i lavori
di Fairburn su Archives negli anni '90). In questo studio, le pazienti
naturalmente migliorano, sia alla fine della terapia che al follow-up
di un anno rispetto al T0. Tuttavia lo studio ha alcune non veniali limitazioni
metodologiche: non ha un gruppo di controllo, e non è in grado di
discriminare il contributo dato dalle singole tecniche al risultato finale.
Interessante un'osservazione clinica aneddotica: le pazienti ebbero qualche
difficoltà nel momento di passare dalla cognitiva alla interpersonale.
Le autrici notano che, sebbene nella bulimia problemi interpersonali e
sintomi alimentari si sostengano circolarmente a vicenda, e quindi in teoria
si potrebbe indifferentemente inziare sia con la cognitiva che con la interpersonale,
è comunque più opportuno iniziare con l'affrontare cognitivamente
i sintomi. Osservazione che probabilmente troverà d'accordo la stragrande
maggioranza dei praticanti del nostro settore.
Abnormalities of Liver Function in Severe Anorexia Nervosa
S.C. Jones, L.F. Pieri, and M.S. Losowsky
Lo studio conferma precedenti studi sulle anormalità cui vanno
incontro ALT (alanina transferasi) e AST (aspartato transferasi) nelle
anoressiche. Questo studio presenta sei casi, di cui quattro con enzimi
alterati. Quando le quattro pazienti riuscirono a tornare al peso normale,
tre normalizzarono i valori, mentre la quarta li mantenne solo leggermente
alterati. Naturalmente sono state accuratamente escluse tutte le altre
possibili cause di alterazione degli enzimi epatici.
Application of the Family Relations Scale to a Sample of Anorexics,
Bulimics and Non-Psychiatric Controls: A Preliminary Study
C.P. Szabo, J. Goldin, and D. Le Grange
Confronto delle interazioni familiari di diciassette pazienti anoressiche
o bulimche e venti controlli non psichiatrici di età confrontabile,
esplorate mediante la Family Relations Scale (FRS). La FRS misura
le seguenti dimensioni, come percepite da ogni membro familiare e dalla
famiglia intera: 1) Differenziazione tra i membri della famiglia; 2) Supporto
reciproco; 3) Flessibilità alle circostanze; 4) Permeabilità
al mondo esterno; 5) Presenza di gerarchia; 6) Idealizzazione della famiglia.
I risultati sono stati che le famiglie -come unità singole- delle
pazienti percepivano signficativamante meno permeabilità, gerarchia
e idealizzazione delle famiglie dei controlli. I padri delle pazienti percepivano
significativamente meno supporto, flessibilità e gerarchia. Le pazienti
percepivano significativamente meno differenziazione, gerarchia ed idealizzazione.
Le madri delle pazienti non mostravano differenza significativa alcuna
con le madri dei controlli.
Psychological Correlates of Dieting in Swedish Adolescents:
A Cross-Sectional Study
B. Edlund, K Halvarsson, M Gebre-Medhin, and P. Sjöden
Studio condotto confrontando studenti di 10-16 anni a dieta e non a
dieta. A tutti vennero somministrati lo Eating Attitudes Test e
lo Eating Disorder Inventory, versione per ragazzi. Naturalmente
i ragazzi a dieta mostrarono punteggi significativamente più elevati.
Dietitians: Are They a Risk Group for Eating Disorders?
J.F. Kinzl, C.M. Traweger, E. Trefalt, B. Mangweth, and W. Biebl
Esplorazione delle abitudini e dei disturbi alimentari di cinquecento
austriache a dieta. Trecentoventi compilarono lo Eating Disorder Inventory.
Ventiquattro (il 7.5% dei soggetti) risultarono avere punteggi maggiori
di alcuni cut-off del questionario. Otto (il 2.5%) risultarono anoressiche,
e undici (il 3.4%) bulimiche. Queste donne a dieta apparvero quindi per
la maggior parte abbastanza normali per peso, profilo psicologico ed abitudini
alimentari. La percentuale di donne a rischio e di donne con disturbo conclamato
era però leggermente superiore alla media nella popolazione generale.
Eating Disorders and Post-Traumatic Stress Disorder: Walls and
Bridges
M. Mantero
Muri e ponti gettati tra disturbi alimentari e disturbo post-traumatico
da stress, citando John Lennon ed il suo LP del 1974. Un ottimo e breve
articolo della rubrica Nibbles (traducibile in italiano con "scherzetti").
L'autore passa in rassegna alcuni seminal papers, tutti che dimostrano
sia l'alta prevalenza di traumi e di disturbo port-traumatico tra le pazienti
con disturbo alimentare, sia la presenza di devianze alimentari e di alte
prevalenze di disturbi alimentari tra i post-traumatizzati.
Give me Guidance
B. Palmer
Saluto finale dell'editor, che confessa di non saper che scrivere, almeno
questa volta. E' disorientato, ha bisogno di guidelines. Questa
paroletta gli fa venire in mente come le guidelines siano il nuovo
totem del mondo moderno. Soprattutto sono il totem dei direttori amministrativi
del sistema sanitario inglese. Un po' come succede in Italia.
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