Secondo un modo di sentire diffuso fra i clinici, i pazienti con tratti
ipocondriaci hanno una minore probabilità di ottenere benefici terapeutici
ed una corrispettiva maggiore probabilità di cronicizzare. Nonostante
questo dato clinico, le classificazioni psichiatriche "ufficiali" (sia
il DSM che l'ICD) non tengono conto dei fattori di personalità ipocondriaci
nella categorizzazione diagnostica multiassiale dei pazienti.
Gli autori di questo lavoro hanno già evidenziato in precedenti
studi che il concetto di ipocondriasi può essere considerato non
uno stato mentale patologico da rubricare nei Disturbi Somatoformi ma un
disturbo di personalità, non riconosciuto dalle classificazioni
DSM e ICD, e caratterizzato da persistenti preoccupazioni per la propria
salute fisica, percezione di sensazioni fisiche minori come segni evidenti
di una seria malattia organica, ripetute consultazioni mediche per questa
malattia inesistente, adozione di strategie terapeutiche alternative e
di auto-terapia. I dati delle ricerche precedenti suggeriscono quindi che
il disturbo ipocondriaco di personalità è associato ad una
più generale personalità nevrotica con tratti di ansiosi
ed anancastici. Questo lavoro è una prosecuzione dei precedenti
studi ed ha come scopo la valutazione prospettiva a lungo termine dell'outcome
terapeutico del disturbo ipocondriaco di personalità in una popolazione
di pazienti con disturbi nevrotici, confrontando questi pazienti con i
pazienti nevrotici senza caratteristiche ipocondriache.
La popolazione indagata consiste in 210 pazienti con disturbi d'ansia
generalizzata e distimici inviati a istituti di psichiatria generale di
Nottingham in Inghilterra, assegnati in modo random a differenti bracci
terapeutici (farmacologica, cognitivo-comportamentale e di self-help).
La valutazione dell'outcome terapeutico è stata fatta in cieco dopo
2 e 5 anni. La valutazione dei sintomi è stata effettuata per mezzo
della Comprehensive Psychopathological Rating Scale (CPRS), con
scale associate per la valutazione dell'ansia e della depressione: Montgomery-Asberg
Depression Rating Scale (MADRS), Brief Anxiety Scale (BAS),
Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS). La diagnosi psichiatrica
è stata effettuata mediante la SCID mentre lo status di somatizzazione
è stato valutato con una scala somato-psichica a 10 punti specificamente
sviluppata dagli autori. I disturbi di personalità sono stati valutati
con la Personality Assessment Schedule (PAS) che categorizza 24
tratti di personalità. Usando un algoritmo computerizzato basato
sull'analisi fattoriale dei sintomi, è stato possibile individuare
il disturbo ipocondriaco di personalità. I 181 pazienti con assessment
completo sono stati divisi in 3 gruppi: senza disturbi di personalità
(N=117), con disturbi di personalità diversi da quello ipocondriaco
(N=47) e con disturbo ipocondriaco di personalità (N=17).
Al baseline, il punteggio totale CPRS era sostanzialmente identico
nei tre gruppi. Dopo 2 anni, i pazienti con disturbo ipocondriaco di personalità
avevano un punteggio totale CPRS simile a quello del baseline e significativamente
più alto degli altri due gruppi di pazienti. Lo stesso risultato
è stato registrato per quanto riguarda i sintomi depressivi valutati
con la MADRS ed i sintomi di somatizzazione valutati con la scala a 10
punti. Ciò indica che i pazienti nevrotici con associato disturbo
di personalità non migliorano nel corso degli anni dopo aver effettuato
vari tipi di terapie, a differenza dei pazienti nevrotici senza o con altri
disturbi di personalità. I pazienti con disturbo ipocondriaco di
personalità avevano anche una sindrome nevrotica generale (tratti
ansioso-depressivi, dipendenti e anancastici) nel 76% dei casi contro il
32% degli altri pazienti: il rischio per un paziente con disturbo ipocondriaco
di personalità di avere anche una sindrome nevrotica generale è
stato di circa 7 volte rispetto agli altri pazienti (OR=6.8; 95% CI 2.12-28.2;
p<.001).
Utilizzando una scala composita di items sugli esiti generali del follow-up
che valutava sostanzialmente il ricorso a presidi psichiatrici, i pazienti
sono stati valutati dopo 5 anni. I pazienti senza disturbi di personalità
risultavano avere un buon outcome nel 62% dei casi, i pazienti con altri
disturbi di personalità nel 61% dei casi, mentre i pazienti con
disturbo ipocondriaco di personalità solo nel 27% dei casi (c2=6.8,
p<.05). Sostanzialmente, quindi, i risultati a 5 anni confermano i risultati
ottenuti dopo 2 anni.
Il risultato secondo cui oltre il 70% dei pazienti con disturbo ipocondriaco
di personalità continua ad avere un esito negativo sui disturbi
psichiatrici e di somatizzazione dopo 5 anni (in misura significativamente
superiore rispetto ai pazienti senza o con altri disturbi di personalità),
insieme agli altri risultati dello studio indica, secondo gli autori, che:
1) il disturbo ipocondriaco di personalità deve essere tenuto
in grande considerazione clinica come fattore predittivo negativo di outcome
nel programmare un qualsiasi trattamento terapeutico;
2) la presenza di un disturbo ipocondriaco di personalità ha
un effetto di sostanziale rinforzo negativo sui sintomi nevrotici generali;
3) la storia naturale dei sintomi nevrotici in presenza di un disturbo
ipocondriaco di personalità è di una condizione persistente
e cronica di malessere che non evidenzia alcuna tendenza alla remissione
spontanea.
Da un punto di vista più generale, questo lavoro conferma la
critica diffusa fra i clinici ai criteri di classificazione ufficiale dei
disturbi psichiatrici che non tengono in sufficiente considerazione i fattori
di personalità associati alle sindromi maggiori né il livello
di severità della condizione patologica. Entrambi questi fattori
risultano invece molto utili come fattori prognostici predittivi da un
numero crescente di lavori empirici, così come dal riscontro della
pratica clinica.
Dr. Peter Tyrer
Imperial College School of Medicine
St. Mary's Campus
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