Portiamo il nostro destino scritto nel nome? La domanda può
apparire anodina. Il peso dei nomi è sconosciuto, anche se hanno
indubbiamente un grande potere simbolico, tanto che vi sono moltissimi
libri che illustrano significati e segreti dei nomi propri per le coppie
in attesa di un figlio. A tre ricercatori di una prestigiosa università
californiana (UCSD di La Jolla) è venuto in mente di effettuare
uno studio su un aspetto alquanto strano: esiste un’influenza dei nomi
sulla mortalità individuale?
Diversamente che da noi, gli americani hanno quasi tutti un secondo
ed anche un terzo nome: i nomi vengono spesso abbreviati per acronimi prima
del cognome, per cui può capitare che un acronimo di tre lettere
possa avere un qualche significato semantico e che quest’ultimo possa essere
negativo o positivo. Attraverso il dizionario elettronico del sistema Unix
gli autori hanno generato una lista esaustiva di acronimi inglesi di tre
lettere. La lista degli acronimi positivi è stata: ACE (asso, campione),
GOD (dio), HUG (abbraccio caloroso), JOY (gioia), LIF (vita), LIV (vivere),
LOV, LUV (amore), VIP (very important person), WEL (bene), WIN (vincere),
WOW (esclamazione di stupore e piacere). La lista degli acronimi negativa
è stata: APE (scimmia), ASS (somaro, idiota, culo), BAD (cattivo),
BUG (verme), BUM (chiappe), DED (morto), DIE (morire), DTH (morte), DUD
(schiappa), HOG (porco, schifoso), ILL (malato), MAD (matto), PIG (porco),
RAT (ratto, verme), ROT (marcio), SAD (triste), SIC, SIK (malato), UGH
(puah!). Sono stati poi esaminati i certificati di morte computerizzati
(indicanti anche la causa di morte) della California dal 1969 al 1995.
L’ipotesi degli autori è che una persona che ha un nome simbolicamente
molto suggestivo in senso negativo vive meno della media e, viceversa,
una persona con un nome positivo vive più della media. Sono quindi
stati esaminati i certificati di morte dei maschi (le donne spesso non
conservano lo stesso nome nel corso della vita) con acronimi iniziali positivi
(N=1200) e negativi (N=2287) e confrontati con i decessi di persone con
iniziali “neutre” (N=1.917.771). Sono state classificate 11 cause esaustive
di morte sulla base dei codici ICD-9: malattia cardiaca, neoplasia maligna,
malattie cerebrovascolari, incidenti, malattie polmonari ostruttive croniche,
influenza, diabete mellito, suicidio, malattie epatiche croniche e cirrosi,
infezione da HIV ed infine tutte le altre cause di morte.
I soggetti appartenenti al gruppo “positivo” hanno vissuto significativamente
più a lungo di una media di 4.5 anni rispetto alla popolazione generale
in 26 dei 27 anni considerati (tranne che nel 1981) per 10 delle 11 cause
di morte, con età al momento della morte che varia dai 70 ai 77
anni. L’effetto di maggiore longevità è risultato particolarmente
maggiore nelle due cause di morte maggiormente influenzate dal comportamento
(suicidio e incidenti) e, di ritorno, queste due cause di morte sono significativamente
sottorappresentate nel gruppo “positivo” rispetto alla popolazione generale.
I soggetti appartenenti al gruppo “negativo” hanno vissuto significativamente
meno a lungo di una media di 2.8 anni rispetto alla popolazione generale
in 22 dei 27 anni considerati (maggiore longevità nel triennio 1970-72
e nel 1979; pari longevità nel 1977 e 1989) per 9 delle 11 cause
di morte, con età al momento della morte che va dai 58 ai 70 anni.
Le cause di morte a maggiore componente comportamentale (suicidio e incidenti)
sono significativamente prevalenti nel gruppo “negativo” rispetto alla
popolazione generale.
Secondo gli autori, non si comprende altra causa possibile per spiegare
questi risultati se non il potere simbolico del nome: è infatti
da attendersi che una persona che si chiami Asso o Gioia abbia ripercussioni
positive nell’immagine di sé. Molta letteratura psicoanalitica ad
indirizzo soprattutto lacaniano ha prodotte pindariche speculazioni sul
significato dei nomi in generale, ed esiste anche un libro di un analista
lacaniano che esamina il nome dei pazienti come significati inconsci del
cancro di cui si sono ammalati. E’ curioso vedere oggetto di un lavoro
scientifico ciò che fino ad oggi era un argomento appannaggio dell’ermeneutica.
In ogni caso, da questa ricerca, sembra che il potere simbolico dei nomi
propri abbia realmente effetto sulla vita delle persone e che dobbiamo
considerare questo fattore come uno fra quelli che fino ad oggi consideravamo
gli unici che ci venivano tramandati dai nostri genitori: il patrimonio
genetico, i comportamenti sulla salute ed il livello socio-economico.
Dr. Nicholas Christenfeld
Department of Psychology
University of California, San Diego
9500 Gilman Drive
La Jolla, CA 92039-0109
Phone: 619 5348217
Fax: 619 5347190
Email: nicko@ucsd.edu |