Vi sono evidenze empiriche quasi ormai consolidate secondo cui esiste un rapporto fra depressione e prognosi post-infartuale, da un lato, e fra alexithymia e comportamento di malattia nei pazienti cardiaci, dallaltro. In questo lavoro, i ricercatori canadesi si sono prefissi lo scopo di esplorare la natura dellalexithymia nel periodo successivo allinfarto del miocardio poiché non esistono studi sullalexithymia negli infartuati.
I dati provengono da due studi canadesi sul post-infarto: uno che ha valutato i rischi psicosociali nel post-infarto e laltro costituito da un trial clinico controllato di intervento psicosociale nellinfartuato. I pazienti dei due studi sono soggetti ricoverati in infarto acuto del miocardio in 10 ospedali di Montreal fra il 1991 ed il 1994. Dei 2512 soggetti eleggibili, sono stati analizzati per questo lavoro 1443 pazienti di età media 59 anni (range di età 27-88 anni), 11 anni di istruzione in media, con circa due terzi del campione costituito da maschi ed un quinto con un precedente episodio infartuale.
Fra gli scopi del lavoro, vi è quello di comprendere la natura dellalexithymia nel post-infartuato, poiché vi sono ragioni sia teoriche che cliniche per supporre che i soggetti sopravvissuti ad un infarto del miocardio possano manifestare caratteristiche di alexithymia secondaria, reattiva allepisodio acuto grave. Per questo motivo, la scala di valutazione dellalexithymia Toronto Alexithymia Scale con 20 items (TAS-20) è stata somministrata a distanza di un anno. A causa di restrizioni economiche e logistiche, però, la prima somministrazione della TAS-20 non è stata fatta al baseline (ricovero in acuto) ma dopo 3-6 mesi dalle dimissioni ospedaliere quando il paziente era tornato a casa.
Un primo punto valutato ha riguardato le caratteristiche psicometriche della TAS-20. Come abbastanza noto, si tratta della scala più validata ed usata dellalexithymia, il gold standard nel settore, elaborata dal gruppo di Taylor. Ha 20 items a cui viene risposto con una scala Likert a 5 punti ed è suddivisa in 3 fattori congruenti con il costrutto di alexithymia. Il range dei punteggi va da 20 a 100 (incomprensibilmente, gli autori di questo studio parlano invece di un range 20-80) e sono stati stabiliti empiricamente punteggi di cutoff. Gli autori hanno confermato la struttura fattoriale della TAS-20, confermando una vasta letteratura su popolazioni di diverse nazioni, fra cui quella italiana La buona consistenza interna e lomogeneità della scala sono state confermate dai valori del coefficiente alfa di Cronbach (0.79) e del coefficiente medio di correlazione inter-item (0.15). Tuttavia lomogeneità della TAS-20 è indebolita dal terzo fattore della scala (stile cognitivo orientato verso lesterno) il quale, a differenza degli altri due (difficoltà nellidentificare le emozioni e difficoltà nel descrivere le emozioni), ha sia valori inferiori nei due citati coefficienti che correlazioni molto più basse (0.20-0.30) con la scala totale e con gli altri due fattori, contrariamente a questi ultimi (correlazioni fra 0.60 e 0.90), anche se tutti i coefficienti di correlazione sono risultati significativi al di sotto dello 0.001. Inoltre, la correlazione item-totale dei 5 items della TAS-20 a cui i punteggi vengono attribuiti in modo inverso (items 4, 5, 10, 18 e 19) è risultata particolarmente bassa, e 4 di questi 5 items appartengono al terzo fattore. Per quanto riguarda il primo scopo, quindi, si può dire che gli autori hanno confermato quanto già noto sulle buone caratteristiche psicometriche della TAS-20 ed hanno evidenziato un potenziale fattore di minore efficienza della scala nel terzo fattore, probabilmente a causa dellinversione dei punteggi conferiti alle risposte.
Il secondo scopo del lavoro (valutare la natura dellalexithymia nel post-infartuato) è ovviamente la parte più interessante e originale del lavoro. Confermando alcuni dati già emersi in letteratura, lalexithyjmia è risultata significativamente associata a maggiore età anagrafica, meno anni di istruzione, precedenti episodi infartuali e affettività negativa (depressione, ansia, ostilità, minor supporto sociale). La correlazione della TAS-20 nelle due somministrazioni è stata di 0.47 (p< 0.001), simile alla correlazione dellansia di stato della STAI (r=0.48) ed inferiore ai questionari sulla depressione di Beck (r=0.59) e sul supporto sociale (r=0.66). La media della TAS-20 alle due somministrazioni è stata sostanzialmente identica (media=54, ds=11). Circa la metà dei soggetti (46%) ha evidenziato un incremento di punteggio di almeno un punto e circa la metà (47%) un decremento. Usando i punteggi di cutoff, la proporzione di soggetti alessitimici è stata sostanzialmente identica nella prima (32%) e nella seconda (29%) somministrazione mentre i non alessitimici sono stati circa la metà (55%) ad entrambe le somministrazioni (è da considerare che i punteggi di cutoff della TAS-20 consentono di identificare tre gruppi di alessitimici, non-alessitimici e alessitimici indeterminati). Tuttavia solo il 15% dei soggetti ha evidenziato una coerenza di appartenenza al gruppo alessitimico nelle due somministrazioni. Analizzando i punteggi di cambiamento residuo (differenza di punteggio in senso positivo o negativo fra le due somministrazioni), è risultato che un maggior incremento nel punteggio della TAS-20 rispetto a quanto atteso è stato ottenuto da pazienti con minor livello di istruzione e precedenti episodi infartuali.
Come interpretare questi risultati? Gli autori affermano che lo studio dimostra che nei post-infartuati lalexithymia è chiaramente secondaria ed influenzata da alcuni fattori come stati ansioso-depressivi, condizioni di vita solitaria e soprattutto precedenti esperienze di infarto, poiché tende a decrescere con il passare del tempo. Questa interpretazione non ci trova daccordo. Dai dati emersi da questo studio, si può benissimo concludere che lalexithymia è nel complesso abbastanza stabile (media della TAS-20 e proporzione di soggetti alessitimici sono sostanzialmente identici nelle due somministrazioni) e che una correlazione di 0.47 non è elevatissima ma ragionevole in considerazione della natura dello studio. In questo lavoro non vi è una misura di baseline, in quanto la prima somministrazione dopo 3 o 6 mesi dalle dimissioni ospedaliere è chiaramente alterata dal fatto che il grave episodio cardiaco è già avvenuto e che sono stati considerati omogenei pazienti con e senza precedenti episodi infartuali. Altri studi hanno mostrato una stabilità dellalexithymia molto più elevata quando si trattava di soggetti sani o Ð come in un nostro lavoro del 1996 pubblicato sullo stesso Journal of Psychosomatic Research Ð quando vi erano condizioni patologiche croniche ed i pazienti avevano una stessa durata di malattia, come nelle malattie infiammatorie croniche intestinali. Sarebbe stato quindi più conservativo concludere che
i pazienti post-infartuati mostrano un elevato livello di alexithymia. E presumibile supporre che si tratta di un adattamento reattivo allepisodio acuto grave ma non si può stabilire questipotesi con certezza poiché manca una misurazione al baseline dellalexithymia. Per baseline, in uno studio osservativo come questo, si intende una valutazione senza la variabile il cui effetto sulla misura è esattamente loggetto del lavoro. Non possiamo considerare baseline la valutazione a 3-6 mesi dallevento poiché a questepoca la variabile dipendente (ossia ladattamento al regime post-infarto) è già massicciamente presente. Inoltre, poiché la media della TAS-20 e la proporzione di pazienti alessitimici è rimasta pressoché inalterata nelle due somministrazioni ma solo il 15% dei pazienti è rimasto stabilmente nel range alessitimico della TAS-20, sarebbe stato più conservativo concludere che il livello di alexithymia tende a restare stabile complessivamente ma che vi è un elevato turnover di pazienti allinterno del campione. Questo dato è infatti compatibile con lipotesi che ciascun individuo sviluppa strategie di adattamento personali al post-infarto in tempi diversi dallevento. In sostanza, lalexithymia come fenomeno sarebbe legata alladattamento post-infarto mentre i soggetti sono variamente vulnerabili a reazioni alessitimiche a seconda di alcune variabili come tempo trascorso dallevento, supporto sociale o precedenti esperienze infartuali.
Masayo Kojima
Research Center
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