Rubrica Complessità Non-linearità e Psiche - Feb 1998
- Febbraio 1998 - Le Scienze, n. 354
Recensione dell'articolo: La struttura frattale
dell'universo di Luciano Pietronero, Marco Montuori e Francesco Silos
Labini (sintesi a cura di Gaetano Dell'Anna)
L'articolo
inizia con una premessa che descrive in che modo i concetti di invarianza di scala e di geometria frattale hanno modificato l'approccio degli scienziati
ai fenomeni naturali caratterizzati da irregolarità e complessità; seguono alcuni cenni storici sulle origini - gli studi di H.Poincaré e F. Hansdorf di oltre un secolo fa - con generalità sui sistemi invarianti di scala e su come essi si differenzino da quelli caratterizzati da funzioni continue nei quali le irregolarità e le discontinuità sono considerate imperfezioni e trascurate come se non fosse possibile trarne alcuna
informazione coerente a un sistema. Gli Autori riferiscono quindi lo stato
di una ricerca tuttora in corso, che affronta il problema della
distribuzione della materia nell'universo mediante lo studio della posizione
assunta dagli oggetti astrali che si possono osservare con gli strumenti più
moderni della fisica astronomica. Riguardo alle caratteristiche della
distribuzione quantitativa di materia luminosa su scale molto grandi, in
contrasto con l'assunto di omogeneità delle teorie cosmologiche
tradizionali, la ricerca ha raggiunto un risultato "sorprendente": studiando
le correlazioni tra galassie e tra insiemi di galassie (gli ammassi), per
quanto si possa aumentare il raggio di indagine, non è possibile trovare
alcuna tendenza all'omogeneità su base statistica o matematica; tali
correlazioni appaiono bensì coerenti a processi frattali. Per il metodo
matematico e statistico adottato, rigorosamente descritto e impossibile da
sintetizzare, si rimanda alla rivista; esso, secondo gli Autori, è risultato
un buon test della validità dell'assunto di omogeneità contrariamente al
quale, nei limiti dei dati oggi disponibili, ha indicato l'esistenza di
grandi disomogeneità nella distribuzione a larga scala della materia
luminosa nell'universo. Dalle coordinate angolari di un grandissimo
numero di oggetti celesti, tratte dai cataloghi astrofisici, coniugate alle
loro distanze calcolate col metodo della costante di Hubble, si è infatti
ottenuta una mappa tridimensionale dell'universo visibile dalla Terra, che
rappresenta qualcosa di molto diverso da ciò che i cosmologi avevano
ipotizzato sulla base di mappe precedenti, meno pregnanti; in queste ultime
si osservavano distribuzioni disomogenee (strutturate) alle piccole scale
angolari, ma omogenee per le grandi scale, cosa che aveva fatto pensare che
l'omogeneità della distribuzione di materia nell'universo si dovesse
affermare, per legge statistica, al crescere del volume della sfera
osservata. Sebbene col procedere delle ricerche la distribuzione si
dimostrasse ampiamente discontinua anche alle distanze in cui
precedentemente si era osservata tendenza all'omogeneità, si riteneva che
ciò dipendesse dall'influenza di fattori accidentali o
dall'incompletezza dei campioni; tuttavia, il crescere della numerosità dei
cataloghi e del rigore del metodo dimostrava che i vuoti osservati erano
reali discontinuità della distribuzione e la ricerca dell'omogeneità
diveniva, contrariamente alle aspettative, più ardua e complicata dal
presentarsi di nuove strutture a distanze sempre maggiori, con ricorsività
priva comunque di alcuna regolarità. Analogo risultato si è ottenuto
testando, a diverse distanze angolari, la mappa tridimensionale degli
ammassi di galassie: anche in questo caso non è stato possibile trovare
alcuna distribuzione coerente a qualche regola di omogeneità, ma si è
scoperto che, alle stesse distanze angolari in cui la distribuzione degli
ammassi appare disomogenea, le galassie appaiono distribuite in modo
omogeneo. L'intento che la ricerca si pone è dimostrare che
l'inconsistenza e la contraddittorietà dei risultati finora conseguiti
dipendono da inadeguatezza dello strumento: la matematica lineare; e
l'evidente utilità della geometria dei frattali, con la quale è possibile
considerare la densità media del campione, non come grandezza di riferimento
dell'intero universo, ma semplicemente una quantità tipica, intrinseca al
campione stesso, e niente altro. L'irregolarità della distribuzione, lungi
dall'essere considerata un'imperfezione, diventa così un elemento intrinseco
essenziale su cui concentrare l'attenzione. In conseguenza di ciò si
prospetta una profonda revisione concettuale, che procede dalla necessità di
non pensare più in termini di strutture omogenee e strutturate in modo
regolare, ma di interrogarsi sui metodi per studiare distribuzioni di
oggetti astrali che si presentano disomogenee e irregolari a ogni
livello. L'assunto della cosmologia più diffusa, che nessun punto
dell'universo goda di particolari privilegi (non c'è, ad esempio, alcun
centro), per l'isotropia specifica al nostro punto di osservazione
(l'universo ci appare simile in ogni direzione), porterebbe a concludere che
nell'universo la materia debba essere distribuita in modo in modo omogeneo
alle scale più grandi; eppure, se l'universo ha struttura frattale sono
ugualmente soddisfatti sia il principio di isotropia locale sia quello
cosmologico per il quale tutti i punti sono essenzialmente equivalenti,
senza però implicare che tali punti siano omogeneamente distribuiti. Rimane
solo aperta la questione se la legge di Hubble, con la linearità della
relazione tra velocità, distanza e red-shift, non sia incongruente a un
universo frattale; la ricerca ipotizza che in tale fenomeno possa avere un
ruolo la materia oscura del nostro universo, congetturando che essa possa
essere distribuita in modo omogeneo alle scale più vaste. Con la
disponibilità di nuovi, più ampi, cataloghi astrofisici, si prospetta
un'ulteriore estensione della ricerca nel campo della radiazione cosmica di
fondo nella banda delle microonde, che appare anch'esso isotropo rispetto al
nostro pianeta.