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Tesi di Laurea di Laila Fantoni

Il minore sessualmente abusato: vicende processuali e trattamento terapeutico

Capitolo II - Dalla rivelazione all'accertamento: testimonianza verbale del minore

1. La denuncia di abuso sessuale



1. La denuncia di abuso sessuale
La denuncia costituisce il primo passo necessario per avviare sia un intervento di tutela della vittima, sia un procedimento penale nei confronti del presunto colpevole. Quanti sostengono la validità di questo strumento sono convinti che chiunque rinunci a denunciare, magari adottando procedure più informali di approccio alla famiglia abusante, corre il rischio di entrare a far parte della "patologia del segreto" (1).
La denuncia dovrebbe essere fatta dalla persona cui il bambino ha raccontato per la prima volta dell'abuso subito; spesso, però, l'estrema delicatezza e difficoltà del procedimento penale per fatti di abuso sessuale crea sempre tra gli operatori sociali e coloro che stanno a contatto con i bambini (ad esempio le insegnanti) una forte riluttanza ad adire l'autorità penale.
La presentazione della denuncia è una decisione molto difficile, spesso subordinata ad una serie di condizioni: prima fra tutte, una sorta di delibazione preventiva dell'attendibilità del minore (giudizio che, invece, può essere fatto solo al termine delle indagini e che è di pertinenza esclusiva del magistrato penale) o, peggio ancora, una valutazione sull'esistenza di riscontri obiettivi o sulla dannosità del processo penale, o anche sull'esistenza del consenso alla denuncia da parte del minore.
Tutte queste valutazioni sono fatte dall'operatore che si trova di fronte ad un caso sospetto di abuso. Si vengono così a creare, fra notitia criminis e denuncia, una serie di filtri con l'unico risultato di ritardare l'inizio delle indagini (2).
Una situazione di abuso sessuale può emergere o in forma esplicita (rivelazione), quando il minore confida la propria situazione traumatica ad una persona a lui vicina, oppure in forma implicita (rilevazione), attraverso indicatori comportamentali.
Più in particolare si possono distinguere:
- casi in cui si manifesta una rivelazione "diretta" dell'abuso da parte del minore, nella quale cioè lo stesso racconta al proprio interlocutore fatti che, se veri, costituiscono, senza dubbio, ipotesi di abuso sessuale nei suoi confronti;
- e casi in cui si ha una rivelazione "mascherata" con cui il minore non riferisce fatti di abuso, ma descrive situazioni che ordinariamente ne costituiscono la premessa, quali fatti di grave maltrattamento, comportamenti ambigui dell'adulto nei suoi confronti, ecc.
Equiparabili a queste ultima situazioni sono quelle in cui il minore, senza raccontare esplicitamente fatti di abuso, tiene comportamenti che possono far sorgere il sospetto che ne sia vittima: ad esempio comportamenti erotizzati, incongrui rispetto all'età, ed atti autolesionistici privi di comprensibile spiegazione. Queste sono le ipotesi di rivelazione.
I casi a presentazione "diretta" solo in apparenza comportano un accertamento più semplice. Infatti, si pone qui in tutta la sua complessità il problema della credibilità del minore che rivela l'abuso. Del resto, anche escludendo l'intenzione di mentire, quale può essere l'attendibilità dei racconti di bambini piccoli, per loro natura imprecisi, senza parametri chiari su ciò che è o non è semplice manifestazione d'affetto? Se è vero che è tipico del bambino confondere i tempi degli avvenimenti e mescolare sensazioni soggettive a dati oggettivi, come è possibile per l'interlocutore farsi una chiara idea sui fatti? (3)
D'altra parte, questo fenomeno di apparente confusione si verifica anche in bambini più grandi o addirittura in adolescenti, soprattutto se gli episodi ricordati devono essere fatti risalire ad un passato non troppo recente e/o riguardano comportamenti dai connotati sfumati, come le molestie sessuali.
Occorre ricordare che non sempre ciò che è rilevante e centrale per l'adulto lo è altrettanto per un bambino e che ogni giudizio sulla credibilità di quest'ultimo deve tener conto di questa differenza di prospettiva (4).
Dopo che il minore ha potuto raccontare un episodio ed è stato aiutato a ricordarlo più nitidamente, non infrequentemente ne rivela altri: ciò non deve indurre sospetto e far pensare ad invenzioni del bambino. Probabilmente questi ulteriori ricordi riguardano fatti altrettanto reali, che solo a posteriori possono ritornare nella sua memoria ed essere riconosciuti da lui come episodi di abuso sessuale. Ciò potrà avvenire proprio grazie sia all'esperienza affettiva di essere creduti e oggetto di attenzione, sia a quella cognitiva di aver potuto tradurre in parole ed inquadrare con certezza un'esperienza tanto carica di emotività conflittuale (5).
I casi a presentazione "mascherata" sono molto più frequenti di quanto si pensi e pongono, per di più, una serie di interrogativi: quanto è lecito sospettare? Si possono, e in che termini, proporre accertamenti medici non richiesti, sapendo che una buona percentuale di essi si rivelerà inutile (6)?
In questi casi acquista particolare rilievo la possibilità di valorizzare i dati che provengono da un'accurata valutazione sanitaria del soggetto che si presume abbia subito abuso sessuale (7). Di solito questo tipo di scoperta avviene perché qualche persona che sta a contatto con il minore nota dei comportamenti che lo "insospettiscono" e chiede che vengano fatti degli accertamenti medici (8).
Premessa indispensabile è che gli operatori sanitari "sospettino" che una delle possibili conclusioni del percorso diagnostico in campo ginecologico e/o pediatrico e/o psicologico possa essere proprio la diagnosi di abuso sessuale. Solo a partire da questa preoccupazione si aprirà la possibilità di indagini appropriate, che saranno successivamente compito dello specifico operatore (9).
L'acquisizione della notizia del reato apre la fase degli accertamenti che potranno portare - se saranno riscontrati concreti elementi di prova - al procedimento penale.
La notitia criminis può derivare o dalla ricezione, da parte del pubblico ministero o della polizia giudiziaria, della rivelazione del reato da parte della vittima o di terzi oppure da un'iniziativa diretta da parte di tali organi, comunque venuti a conoscenza del fatto od operanti per l'individuazione di fatti costituenti reato (10).
Per i reati in cui le vittime sono minori sarebbe opportuno che si costituisse un nucleo di polizia specializzata in grado di effettuare indagini approfondite al fine di identificare situazioni in cui è più facile lo sfruttamento del soggetto in formazione. È molto difficile che in questi casi vi sia una denuncia diretta, perché spesso l'ambiente in cui vive il minore è insensibile ai suoi bisogni e, così, solo una vigilanza continua sul territorio da parte di organi di polizia, particolarmente attenti a questi aspetti della tutela della personalità del minore, potrà far emergere il fenomeno. Un esperimento in tal senso è stato posto in essere a Milano con la costituzione, nei primi anni novanta, presso la questura di una sezione specializzata in reati in danno di minori che fa parte della squadra mobile (11)
Regola fondamentale, ai fini di un'efficace indagine penale, è la possibilità per il pubblico ministero di ricevere la notitia criminis con tempestività, e cioè prima che il potenziale indagato sia a conoscenza delle indagini in corso.
Perché questo possa realizzarsi è necessario istituire con tutti gli operatori del settore (ASL, servizi sociali dei comuni, scuola, istituti minorili, giudici minorili, ecc.) intese finalizzate a creare rapporti stabili, basati sulla fiducia reciproca e sulla conoscenza dei rispettivi metodi di lavoro, in modo da renderli reciprocamente compatibili ed ottimizzare i risultati.
Bisogna, inoltre, che sia incentivata la trasmissione dovuta all'ufficio del pubblico ministero di tutte le segnalazioni che presentino, oggettivamente, le caratteristiche minimali di una notitia criminis, tranquillizzando gli interlocutori (soprattutto dicendo loro che le indagini verranno condotte con la massima riservatezza, senza alcun clamore esterno, all'insaputa del diretto interessato e con la metodologia che tenga conto delle esigenze del minore) (12).
Infine, sarebbe utile promuovere una forte esortazione di tutti gli operatori del settore a contatto diretto con il pubblico ministero (o con la polizia giudiziaria): essi devono essere competenti non solo quando viene trasmessa una denuncia che richiede interventi d'urgenza (tipico è il caso dell'allontanamento), ma anche in tutti i casi dubbi nei quali occorra stabilire se sussistano o meno gli elementi essenziali della notitia criminis. Infatti, anche quando sussistono meri sospetti di abuso (caso tipico è il comportamento erotizzato di minori in età infantile), anche se la denuncia può essere ritenuta prematura, è importante un contatto preliminare con il pubblico ministero al fine di concordare le modalità di un approfondimento che potrebbe portare alla rivelazione dell'abuso. Infatti tali modalità devono, nei limiti del possibile, tutelare le esigenze di un'eventuale indagine penale, prima fra tutte la riservatezza del possibile indagato (13).
Per consentire un pronto intervento nei casi delicati ed urgenti potrebbe essere opportuno creare nelle grandi Procure, una sorta di "turno esterno" fra pubblici ministeri che si occupano della materia, eventualmente dotato di mezzi di pronta reperibilità, quale il telefono cellulare, al fine di far fronte alle segnalazioni da parte degli operatori del settore. L'esperienza della Procura milanese insegna, infatti, che è della massima importanza per tali operatori avere come referenti non un anonimo pubblico ministero ma una persona conosciuta con la quale già esista un rapporto di fiducia e di collaborazione (14).

1.1 Gli obblighi di denuncia da parte dei soggetti che rivestono funzioni o incarichi di natura pubblica
A prescindere dall'utilità o meno della denuncia penale, la segnalazione del sospetto abuso da parte dell'insegnante, del personale sanitario in servizio nei presidi pubblici o degli operatori dei servizi pubblici rappresenta un atto obbligatorio che espone a precise responsabilità, anche penali, in caso di omissione.
In primo luogo vi è l'articolo 331 c.p.p. che stabilisce l'obbligo di denuncia per il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio per i reati procedibili d'ufficio. Le pene per chi omette la denuncia sono previste dagli artt. 361 e 362 c.p (15).
Va inoltre tenuto presente che, dopo le modifiche introdotte dalla legge 15 febbraio 1996 n. 66, sono procedibili d'ufficio i più significativi tra i reati sessuali posti in essere all'interno della famiglia.
Negli altri casi i reati sessuali sono procedibili a querela ossia su richiesta della persona danneggiata, querela che deve essere proposta entro sei mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato (art. 609 septies, comma 2 c.p.) e che una volta proposta è irrevocabile. Se si tratta di un minorenne che non ha compiuto almeno i quattordici anni deve provvedere chi esercita la potestà, ossia, di regola, uno dei genitori (art 120 c.p.). Se invece il minorenne ha più di quattordici anni, egli può presentare personalmente querela oppure, nonostante ogni sua volontà contraria, può presentarla anche chi esercita su di lui la potestà (16).
Per i reati sessuali procedibili a querela, se risultano connessi con altri reati procedibili d'ufficio (art. 609-septies, comma 4 n. 4 c.p.) - condizione che si verifica abbastanza spesso, potendo ricorrere l'ipotesi di minacce gravi (art. 612 c.p.), violenza privata (art. 610 c.p.), lesioni personali (artt. 582, 583 c.p.), sequestro di persona (art 605 c.p.) - è prevista la procedibilità d'ufficio e l'obbligo di denuncia. La presenza di queste circostanze può non essere facilmente identificabile al momento della denuncia. Quindi, per realizzare un'effettiva tutela del minore, sarebbe opportuno che i soggetti obbligati effettuassero sempre la denuncia, lasciando al magistrato la valutazione se nel caso esiste oppure no una condizione di procedibilità (17).
In ogni modo, l'obbligo per il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio sorge solo quando il reato è già delineato nelle sue linee essenziali e quando vi sono elementi fondati tali da indurre a ritenere che esso sussista.
Una disposizione molto importante è inoltre contenuta negli artt. 121 c.p. e 338 c.p. secondo i quali, in caso di conflitto d'interessi con l'esercente la potestà o quando non vi è chi abbia la rappresentanza del minore di quattordici anni, la querela può essere proposta da un curatore speciale, nominato dal giudice delle indagini preliminari su istanza del pubblico ministero o degli stessi servizi che hanno per scopo «la cura, l'educazione, la custodia o l'assistenza dei minorenni» (18).
Infine, altro obbligo di segnalazione discende dall'art. 9 della legge 4 maggio 1983 n. 184, che riguarda la segnalazione al Tribunale per i minorenni dei casi di "abbandono di minori". Infatti, l'abbandono può essere anche di tipo morale; non sussiste, cioè, solo nel caso di pesanti trascuratezze materiali, ma anche in presenza di comportamenti che possono pregiudicare un equilibrato sviluppo psicoaffettivo del minore (e tra questi possono essere indicati gli abusi sessuali) (19).

1.2 Conflitto fra l'obbligo di referto e l'obbligo al segreto professionale
L'art. 622 c.p. punisce la rivelazione del segreto professionale. Obbligato al tale segreto è chiunque sia venuto a conoscenza del reato nell'esercizio o a causa delle sue funzioni: ciò significa che occorre un nesso di consequenzialità immediata tra l'informazione ricevuta e l'espletamento della funzione o del servizio, cioè occorre che la notizia di reato sia stata appresa nello svolgimento del lavoro o della funzione.
Il problema si pone in particolare per gli esercenti una professione sanitaria (fra i quali sono ricompresi psicologi e psicoterapeuti, anche quando operano come professionisti privati) che hanno l'obbligo di inviare un referto all'autorità giudiziaria ai sensi dell'articolo 365 c.p. (20)
Il discorso riguardo gli esercenti una professione sanitaria è abbastanza controverso. Al medico la legge impone di inviare un referto all'autorità giudiziaria tutte le volte che abbia prestato la sua assistenza in casi che possono presupporre un delitto perseguibile d'ufficio, e solo quando il paziente sia vittima o parte lesa; non «quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale come imputato». Allora interviene l'obbligo del segreto professionale e viene a cadere il reato di omissione di referto (21).
La controversia riguarda chi sia la persona assistita nel caso del minorenne abusato, che ad esempio venga accompagnato alla visita medica dal genitore abusante. Qualche autore ha sostenuto che, poiché nel caso del minore, la richiesta di prestazione medica deriva dal genitore, questi diventa anche titolare del diritto al segreto professionale. Da altri è stato rilevato che assistito è il minore e che quindi il medico sia liberato dal vincolo del segreto professionale nei confronti del genitore (22). Tuttavia, è sostenibile anche che entrambi si affidano al medico per un consiglio e per una terapia. Comunque, tutte queste incertezze cadrebbero qualora la legge imponesse al medico di segnalare il caso anziché all'autorità giudiziaria a centri socio sanitari specializzati o a qualche settore appositamente strutturato dei servizi sociali territoriali (23).


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