PM - HOME PAGE ITALIANA TESI

PM-TP
PSYCHOMEDIA
Tesi

Tesi di Laurea di Laila Fantoni

Il minore sessualmente abusato: vicende processuali e trattamento terapeutico

Capitolo II - Dalla rivelazione all'accertamento: testimonianza verbale del minore

8. Il ruolo "dell'esperto" nelle audizioni protette di minori sessualmente abusati



Il minore che si trova coinvolto per la prima volta nell'apparato giudiziario come testimone prova una profonda ansia (perché è di fronte ad una situazione sconosciuta), molta paura e la sensazione di trovarsi in un meccanismo strano ed incomprensibile (113).
Questo disagio che la vittima avverte durante la prova testimoniale gli deriva non solo dalla difficoltà di riprendere contatto con un evento drammatico in un contesto estraneo, ma anche dal suo timore di poter alterare gli equilibri relazionali della propria famiglia e di perderne l'appoggio, specie se non si attiene a ciò che essa desidera che egli dichiari (114). I familiari potrebbero anche chiedere al bambino di modificare il racconto degli eventi di cui è stato testimone e vittima per attenuare le posizioni processuali dei presunti colpevoli, sia che si tratti di persone prossime alla famiglia, che di componenti di essa. Per quest'ultimo caso le implicazioni psicologiche dell'audizione del minore saranno maggiori; infatti la vittima è costretta ad affrontare emozioni e sentimenti complessi e a percepirsi come responsabile delle conseguenze che l'arresto e l'incarcerazione del familiare avranno per l'intero nucleo familiare, come ad esempio la perdita dell'unica fonte di reddito. Proprio in questo momento di grande instabilità emotiva del minore si inserisce l'attività del pubblico ministero con le relative indagini (115).
Tuttavia alcuni esperti affermano che i minori, se sostenuti e adeguatamente preparati, possono vivere tale esperienza ricavandone un senso di rassicurazione sulle capacità di protezione del sistema sociale - oltrechè una rinnovata fiducia negli adulti - e sentendosi rafforzati nel proprio sentimento di equità e giustizia (116). L'elemento centrale non è, dunque, il processo in sé, ma le condizioni in cui esso viene attuato. Valvo (117) ritiene, infatti, che l'ascolto della vittima potrebbe costituire una vera e propria occasione di "promozione psicologica" per il minore, se adeguatamente supportato, poiché il riordino dei fatti accaduti può aiutare a fare chiarezza sugli stessi e ad iniziare quel processo di ricostruzione della propria immagine.
Comunque, per fronteggiare le difficoltà che incontrano i minori nel processo penale è necessario neutralizzare il rischio che la prova testimoniale risulti, oltrechè traumatica, anche insoddisfacente per gli esiti del processo e, perciò, occorre rendere più confortevole il contesto in cui avverrà l'esposizione della violenza subita (118).
È per questo motivo che nelle audizioni di minori sessualmente abusati la presenza dello psicologo dell'età evolutiva o dell'esperto in tali testimonianze è ormai considerato, nella maggior parte delle diverse realtà territoriali, un elemento indispensabile per il corretto svolgimento dell'audizione e per far sì che tale esperienza sia vissuta in modo non troppo traumatico per il bambino. Infatti le norme previste dal c.p.p. in relazione all'impiego di esperti di psicologia minorile, per quanto riguarda l'ascolto a carico del minore nelle procedure penali a carico degli abusanti, sta diventando una prassi consolidata negli uffici giudiziari italiani (119).
Il compito di chi collabora con la giustizia in veste di esperto non è quello di credere o non credere al bambino, ma di raccogliere elementi di giudizio su cui fondare le considerazioni che sottoporrà all'autorità competente. In paesi con più esperienza del nostro, dove la ricerca in tale ambito ha da tempo evidenziato i pericoli in cui si può incorrere in questa delicata materia, la scelta dell'esperto rappresenta un momento cruciale, perché una volta che il caso è stato in qualche modo "contaminato" da un approccio errato, ben poco può essere fatto per recuperare quello che si è perduto. (120) Chi sceglie l'esperto ha il dovere di sapere quali siano i requisiti di professionalità che quel dato accertamento richiede e deve scegliere, quindi, in modo ragionevole.
L'esperto prescelto, a sua volta, deve rispondere al giudice e alle parti del metodo che impiega e della sua affidabilità: deve dare conto del perché delle sue affermazioni e deve indicare le sue fonti di convincimento. Del resto questo è il solo modo che hanno coloro che non hanno partecipato alla sua attività di controllare, almeno indirettamente, la rispondenza tra il parere che viene espresso e i fatti su cui si fonda. Questa esigenza di controllo è resa ancor più necessaria dal fatto che il sapere, di cui è portatore l'esperto, non prevede strumenti che lo mettono in grado di dare risposte in termini di certezza (121). L'esperto, che opera correttamente, è consapevole di questa intrinseca limitazione e deve ricordarlo ai soggetti partecipanti al procedimento.
L'esperto, inoltre, sa (o dovrebbe sapere) che, per concorde ammissione della ricerca e della letteratura in ambito psicologico, molti sintomi comportamentali, che vengono solitamente attribuiti all'abuso sessuale, sono in effetti sintomi aspecifici, nel senso che possono essere causati da altri eventi stressanti nella vita del bambino, come ad esempio la dissoluzione del nucleo familiare per separazione dei genitori. In particolare è stato dimostrato che quasi tutti gli indicatori di abuso sessuale si possono riscontrare anche in bambini non abusati. Dunque, non esisterebbe nessun singolo sintomo o insieme di comportamenti capaci di discriminare, con ragionevole certezza, tra bambino abusato e non abusato (122).
Fino a pochi anni fa gli psicologi che svolgevano tali attività non avevano una competenza specifica e, così, non solo non riuscivano ad aiutare il bambino a testimoniare, ma addirittura ponevano domande suggestive o si dilungavano, nel colloquio, su argomenti non importanti per le indagini.
A causa anche delle reazioni dei magistrati, che preferivano così svolgere loro stessi le audizioni (senza magari conoscere però le "regole" che devono essere rispettate nei colloqui con i bambini), sono stati realizzati numerosi corsi di formazione per esperti in audizioni di questo tipo, rivolti soprattutto a psicologi dell'età evolutiva. Purtroppo, però, non sono state previste iniziative formative nei confronti di magistrati ed avvocati, i quali - salvo i casi di iniziative autodidattiche - nella quasi totalità dei casi interrogano i minori attingendo unicamente all'improvvisazione, al proprio buon senso, intelligenza, sensibilità e alla propria esperienza personale come genitori (123).
È così, dunque, che adesso la figura professionale dell'esperto in audizione protetta di minori sessualmente abusati è necessaria per condurre un buon interrogatorio. Il loro utilizzo nei tribunali, però, è a discrezione del magistrato, non esistendo ancora un albo apposito a cui fare riferimento per l'espletamento sia dell'attività di audizione, sia di consulenza in ambito processuale, né una norma di legge che impone la loro presenza. Così nello stesso tribunale ci sono magistrati che utilizzano l'esperto ed altri no (124).
La richiesta di collaborazione a tale figura professionale, inoltre, può avvenire con varie modalità: alcuni magistrati chiedono all'esperto di affiancarli nell'audizione, e questo vuol dire che lo psicologo ha soltanto la funzione di tranquillizzare il minore, in alcuni casi con lo sguardo o con poche parole di accoglienza, in altri casi anche con l'attività del gioco. In queste situazioni sia il giudice, sia lo psicologo si trovano nella stanza con il bambino e la buona riuscita dell'audizione dipenderà molto dalla capacità empatica del magistrato.
Altri magistrati, invece, chiedono all'esperto di svolgere lui stesso l'audizione: in questo caso, lo psicologo starà nella stanza apposita da solo con il minore e il giudice si troverà dietro lo specchio con le altre figure professionali presenti all'audizione (125). Anche questo diverso tipo di attività richiesta allo psicologo dipende dalla discrezionalità del magistrato.
Sarebbe sicuramente auspicabile una reale e positiva collaborazione tra lo psicologo e il magistrato: è dunque necessaria una maggiore regolamentazione del ruolo e delle funzioni delle diverse figure professionali (le cui attività abbiano come obiettivo principale la tutela del minore) e l'individuazione di modalità operative condivise che permettano una maggiore efficacia del lavoro di tutela minorile (126).
Un primo passo da compiere è sicuramente quello di definire un linguaggio unitario ed omogeneo tra magistrati e psicologi, e dunque una conoscenza reciproca di base dell'opposto campo di ricerca. Spesso, infatti, tali professionisti non collaborano tra di loro perché non riescono a comunicare. Saranno, dunque, necessarie attività formative mirate per riuscire così a favorire un accertamento dei fatti ed un intervento appropriato nei confronti del minore e per poter così evitare a quest'ultimo una duplicità di accertamenti dannosi e traumatici per il suo sviluppo (127).
Altro obiettivo dovrebbe essere quello di definire, a livello nazionale, norme a carattere deontologico che regolino l'attività dell'esperto in qualunque realtà territoriale operi. In Italia manca una regolamentazione specifica di tal genere: sono stati, infatti, elaborati soltanto dei criteri da parte di gruppi di esperti (come ad esempio la Carta di Noto) o da parte di associazioni, quali il Coordinamento nazionale dei Centri e dei Servizi di prevenzione e trattamento dell'abuso in danno di minori (come ad esempio la Dichiarazione di consenso), ma non sono stati sanciti dalla normativa ufficiale. Questo vuol dire che non vengono utilizzati, di regola, nei tribunali ma soltanto secondo la discrezionalità degli operatori (128).
La Carta di Noto (129) è un documento cheè statoelaborato da un gruppo interdisciplinare (composto da avvocati, magistrati, psicologi, psichiatri, criminologi e medici legali) riunitosi nel giugno del 1996 in Sicilia, a Noto, presso l'Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali (I.S.C.S.).
Tale Carta contiene tredici linee-guida da utilizzare per l'esame del minore, in modo che l'approccio iniziale all'indagine risulti il più possibile determinato dalla capacità e dall'esperienza dei singoli operatori, cosicchè possano essere ovviati gli errori diagnostici circa l'attendibilità della vittima. Tali principi, dunque, costituiscono una proposta operativa concreta rivolta, in primo luogo, a tutti gli operatori che dovranno occuparsi di abusi sessuali, in modo da consentire loro di dotarsi di un mirato metodo d'indagine (130).
Nel luglio 2002, nell'Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali di Noto vi è stato un incontro di esperti di audizione protetta di minori sessualmente abusati (organizzato dalla Dott.ssa Luisella De Cataldo Neuburger (131)) per l'aggiornamento del documento. Hanno partecipato all'iniziativa anche altre figure professionali come magistrati, avvocati, psichiatri, criminologi e responsabili dei servizi.
La nuova formulazione della Carta impone una maggiore precisione e adeguatezza, competenza e conoscenza in chi opera nell'ambito della perizia e della valutazione dell'abuso su un minore. Sarà dunque sempre più difficile per il clinico e l'esperto, che deve eseguire tali attività, non seguire tali metodologie e per i Tribunali nominare, come consulenti, quei professionisti che non si conformano ai modelli operativi enunciati nella Carta (132).
L'aspetto di maggior rilievo, raggiunto con questo aggiornamento, è sicuramente quello di aver fatto sì che tante diverse personalità della giustizia e della psicologia giuridica riconoscessero come validi determinati presupposti e metodologie. Questo fa sperare in un maggior utilizzo dei principi enunciati nella Carta nei casi di audizioni protette di minori sessualmente abusati.
La Dichiarazione di consenso in tema di abuso all'infanzia (133) è stata, invece, discussa ed approvata a Roma il 21 marzo 1998 dal Coordinamento nazionale dei Centri e dei Servizi di prevenzione.
Tale documento intende costituire un orientamento che indica le linee-guida comuni per gli interventi degli operatori psico-socio-sanitari in relazione ai casi di abuso sessuale sui minori. È stato infatti redatto, da specialisti della protezione e della cura del bambino, come punto di riferimento culturale e professionale specificamente rivolto a chi deve affrontare i casi di abuso sessuale ai danni di minori a livello clinico.
Riguardo a tali casi affronta i tre livelli della protezione, dell'accertamento e della cura: dunque non è diretto ad offrire degli strumenti per gli accertamenti giudiziari, ma contiene delle indicazioni per gli interventi nella fase sociale precedente o coeva al processo. Tuttavia, poiché la cura del minore danneggiato e la validazione di quanto accaduto sono sempre connessi con gli interventi giudiziari di tutela da parte del Tribunale per i minorenni e di accertamento del reato da parte del tribunale penale, è importante anche per i giudici, in quanto permette di fare degli incroci fra diverse competenze (134).

PM - HOME PAGE ITALIANA TESI