Tesi di Laurea di Laila Fantoni
Il minore sessualmente abusato: vicende processuali e trattamento terapeutico
Capitolo III - Il trattamento terapeutico del minore sessualmente abusato
3. La terapia dell'adulto protettivo
Parallelamente alle attività individuali con il minore vittima dell'abuso sessuale andrà avviato un programma teso a rinforzare la diade genitore protettivo-figlio. L'importanza di questa fase è tale da farla considerare come il "vero perno" intorno al quale ruota l'intervento terapeutico, soprattutto nel caso in cui l'abuso sia stato intrafamiliare.
Innanzitutto tale terapia potrebbe anche essere la sola possibilità residua di salvare i legami primari della vittima con la sua famiglia, qualora l'abusante non fosse disposto ad abbandonare i propri meccanismi di negazione. Ma anche se una ricostruzione fosse possibile con il genitore abusante, sarebbe imprudente esporre il minore ad un confronto diretto con esso prima di aver rinforzato la sua posizione all'interno del nucleo familiare, attraverso una ridefinizione ed un risanamento del suo rapporto con l'adulto protettivo (20).
Va inoltre ricordato che anche quest'ultimo è quasi sempre angosciato dai vissuti del tutto analoghi a quelli del figlio; tale genitore, infatti, si attribuisce in modo indifferenziato ogni responsabilità dell'abuso, sentendosi colpevole per non aver capito ai primi segnali e non aver sufficientemente protetto il figlio (21). È necessario che il terapeuta analizzi con l'adulto le precedenti strategie adottate per controllare la vita del minore, al fine di individuarne eventualmente di migliori sul piano educativo (22).
Talvolta la somma emotiva di questi sentimenti paralleli fa salire troppo il livello di angoscia, finendo per costituire un ostacolo al processo terapeutico. È quindi necessario impiegare molte energie per dare all'adulto protettivo la giusta percezione di responsabilità dell'abuso, in modo che sia tollerabile e suscettibile di evoluzione positiva. È infatti possibile sostituire alla percezione di colpa quella di vulnerabilità, a cui ha ceduto l'adulto protettivo di fronte all'imbroglio, posto dall'abusante come strategia per sostenere la relazione incestuosa (23).
Oltre ai sensi di colpa, il genitore non abusante prova di solito anche forte rabbia e risentimento verso il familiare abusatore; l'assenza di tali emozioni può essere considerata un segno negativo rispetto alla capacità di tale genitore di impegnarsi a proteggere il figlio o di empatizzare con lui. Ma il terapeuta deve impedire che tali sentimenti si trasformino in ira e desiderio di vendetta nei confronti dell'abusante, perché ciò potrebbe aumentare l'ansia del bambino (24). Infatti, il minore può provare affetti ambivalenti verso l'abusatore (soprattutto se è una figura genitoriale). Il genitore protettivo deve quindi imparare ad esprimere la propria rabbia soltanto in assenza del figlio ed inoltre va incoraggiato ad individuare nel proprio ambiente persone con cui poter parlare ed esprimere la propria ira, ad esempio collaborando alle investigazioni.
Una volta che l'espressione della rabbia è stata moderata, possono essere utili alcuni incontri col terapeuta insieme al figlio, il quale può così rendersi conto, senza esserne traumatizzato, che anche il genitore è arrabbiato col responsabile dell'abuso, in tal modo venendo confermato e validato nei suoi sentimenti e nelle sue emozioni (25).
Il genitore protettivo, specialmente nei casi di abuso sessuale extrafamiliare, dovrà essere preparato dal terapeuta su come parlare apertamente al figlio dell'abuso e della sessualità in generale: infatti, un comportamento di silenzio in merito all'evento potrebbe rinforzare nella mente del minore la partecipazione del genitore all'abuso, poichè si dimostrerebbe totalmente disattento a quanto a lui accaduto.
Inoltre, in caso di un atteggiamento di chiusura e di "vergogna familiare" per aver subìto un abuso sessuale extrafamiliare è necessario far comprendere ai genitori del minore-vittima quanto sia invece importante per il bambino l'apertura a ricevere il sostegno di parenti, amici ed insegnanti: infatti, se lo stigma viene vissuto anche dalla famiglia è più difficile che il figlio possa liberarsene (26).
Infine è possibile che il genitore non abusante provi rabbia verso il figlio, per diversi motivi (27):
- perché non si è saputo difendere o non ha denunciato l'abuso prima. In questo caso è utile spiegare al genitore quali sono i forti motivi psicologici che impediscono ad una vittima di abuso intrafamiliare di denunciare il responsabile della violenza;
- talvolta, più o meno consapevolmente, il genitore protettivo accusa il figlio di aver provocato con la denuncia il crollo dell'intera famiglia, ponendolo in una situazione particolarmente difficile, anche dal punto di vista finanziario. In questi casi, solo adeguati interventi attivati da una rete di sostegno, in cui vengano coinvolti anche i servizi sociali e sanitari, può agire in modo da sedare, almeno in parte, tali giustificate ansie, che a loro volta generano tale risentimento;
- infine, il genitore non abusante può provare rabbia verso il figlio come conseguenza del fatto che la sua denuncia ha portato all'intrusione delle varie agenzie di protezione del minore (servizi sociali e tribunali) nella vita più intima della famiglia, sconvolgendone le regole e le sicurezze. Anche in tal caso, diviene fondamentale evidenziare il ruolo potenzialmente positivo di tali servizi, lasciando però, nel contempo, la possibilità di esprimere tali sentimenti rabbiosi, che vanno accolti in modo empatico.
Dunque il terapeuta dovrà aiutare i genitori particolarmente in difficoltà ad imparare a rapportarsi col figlio, in modo da riuscire a comunicargli fiducia, accettazione ed impegno a proteggerlo. È necessario che il terapeuta si ponga come "mediatore" nel rapporto tra l'adulto protettivo e la piccola vittima: può così essere utile anche studiare una serie di artifici (ad esempio scrivere lettere, tenere diari) che possano costituire piccoli passi di avvicinamento ad un confronto che, se troppo precocemente diretto, può indurre timore. Tutto questo deve servire per costruire una nuova e più profonda solidarietà tra l'adulto e il bambino (28).
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