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Tesi di Laurea di Laila Fantoni

Il minore sessualmente abusato: vicende processuali e trattamento terapeutico

Capitolo III - Il trattamento terapeutico del minore sessualmente abusato

7. Principi generali sulla relazione terapeutica col minore vittima di abuso sessuale



Il terapeuta come "base sicura"
È necessario che il terapeuta si mostri al minore affidabile, disponibile e capace di comprenderlo, in modo da accrescere così la fiducia che la vittima ha posto su di lui: deve diventare la sua "base sicura" (53), dalla quale possa iniziare ad affrontare i problemi legati all'abuso subìto.
Il processo di costruzione di tale legame è lento e graduale e prosegue per tutta la durata della terapia; va perseguito come scopo principale nelle fasi iniziali di essa e non esiste una singola o specifica tecnica per ottenere tale risultato, che dipende invece da tutto il complesso delle azioni terapeutiche condotte nel tempo.
Il terapeuta deve essere prevedibile, costante ed affidabile in tutto ciò che fa e che dice; deve anche astenersi dal concedere privilegi speciali, regali o favori ai minori in terapia, perché spesso gli autori della violenza sessuale hanno agito inizialmente proprio attraverso tali tecniche indirette (54).
È fondamentale, inoltre, che il terapeuta non si identifichi troppo con la vittima, perché ciò potrebbe portarlo ad evitare eccessivamente l'argomento dell'abuso o ad attribuire alla vittima sentimenti ed emozioni che non sono sue.

L'inizio della terapia
Il primo passo del processo terapeutico consiste nel chiarire gli scopi dell'intervento stesso, per stabilire e definire le aspettative reciproche, in modo anche da correggere eventuali fantasie inadeguate da parte del minore in proposito.
Il terapeuta deve, dunque, affermare chiaramente di essere al corrente del fatto che il bambino è stato abusato e che proprio questo evento traumatico costituisce la ragione principale della sua partecipazione alla terapia. In tal modo, oltre a definire il rapporto, è possibile cominciare a desensibilizzare il minore circa il tema dell'abuso, comunicandogli nel contempo la fiducia nel fatto che egli gradualmente diventerà capace di gestire adeguatamente l'argomento (55).
La spiegazione degli scopi dell'intervento può essere introdotta con una frase (56) del tipo: "Io aiuto i bambini a capire quello che provano e pensano quando sono stati trattati come ha fatto con te il papà (o qualunque altra persona a seconda del caso). I bambini in questi casi possono essere davvero sconvolti o confusi per quanto è accaduto; così io cerco di aiutarli a trovare un modo per diventare più tranquilli e stare meglio".
È importante chiarire al minore che parlare di questi argomenti non è facile per nessuno, neppure per gli adulti; conseguentemente, il terapeuta cercherà di procedere gradualmente e di lasciare al bambino il controllo circa cosa e quando condividere col terapeuta, per cui gli argomenti più "dolorosi" saranno affrontati soltanto quando egli sarà pronto.
Infine il terapeuta deve spiegare al minore che egli può usare le parole che preferisce per riferirsi all'abuso ed inoltre gli dà la possibilità di dire in ogni momento che non se la sente di parlare di un dato argomento: il bambino avrà a disposizione tutto il tempo di cui ha bisogno per riuscire ad affrontare il problema.

Conduzione della seduta e gestione dei comportamenti problematici
Per poter affrontare la tematica dell'abuso sessuale con il minore il terapeuta deve creare un'atmosfera di sicurezza e prevedibilità. Questo obiettivo può essere perseguito in vari modi (57), che possono essere tutti compresenti: le sedute dovrebbero avvenire allo stesso giorno e alla stessa ora della settimana, sempre nello stesso locale, in presenza dei medesimi giochi; le produzioni (grafiche o altro) del bambino dovrebbero essere poste tutte in una cartellina contrassegnata col suo nome alla fine della seduta (ciò può essere fatto dal minore stesso) e riposta in un luogo ben preciso, dove potrà ritrovarla alla seduta successiva; l'inizio e la fine di ogni incontro potranno essere costituiti da rituali precisi e ripetuti (ad esempio fare un disegno sia all'inizio che alla fine di ogni seduta); gli appuntamenti delle sedute dovranno essere rispettati il più possibile; nel caso di eventuali spostamenti della data dell'incontro, questi dovranno essere spiegati chiaramente al minore, esponendone le ragioni (eventualmente dandogli un oggetto da conservare per ricordo durante il periodo, che verrà poi riconsegnato al terapeuta nella seduta successiva).
Un altro aspetto a cui il terapeuta deve prestare particolare attenzione è il contatto fisico con i minori abusati, in quanto ogni gesto di maggiore vicinanza fisica può essere da loro interpretato come una proposta sessuale o comunque come un atto troppo invasivo. Talvolta anche una semplice carezza può essere fraintesa. Occorre, quindi, soprattutto nelle fasi iniziali della terapia, evitare contatti fisici, che non siano quelli socialmente condivisi ed "ufficiali", come una stretta di mano, lasciando gradualmente al minore l'iniziativa di iniziare avvicinamenti fisici maggiori. Per quanto riguarda la porta chiusa dello studio, se tale cosa disturba fortemente il minore, la si può lasciare socchiusa, cercando però di far capire al bambino che si chiude la porta per motivi (come il non esser disturbati o rispettare le esigenze di riservatezza) che sono tutti in suo favore e non per altri scopi nascosti o negativi (58).
Infine, è importante che il terapeuta si dimostri sempre empatico rispetto alle emozioni che il minore può via via provare: quando quest'ultimo esprime chiaramente la sua ansia e rabbia, il terapeuta deve essere pronto a contenere questi suoi sentimenti e a rassicurarlo, affermando che in circostanze del genere tutto ciò è normale.

Strategie terapeutiche rivolte ai minori con attaccamento insicuro
Gran parte dei minori abusati, in particolare quelli con vittimizzazione intrafamiliare, esprimono dei comportamenti di "attaccamento insicuro" (59), i cui tipi più frequenti sono: quello ansioso-evitante e quello ansioso-resistente.
I bambini con attaccamento ansioso-evitante temono soprattutto il rifiuto delle figure parentali che in precedenza si sono dimostrate distaccate e scostanti nei loro confronti; quindi, bloccano ogni propria emozione a scopo protettivo e manifestano comportamenti diffidenti ed evitanti anche nei confronti del terapeuta, in quanto si aspettano che anche quest'ultimo, al pari degli altri adulti per loro significativi, si comporterà con loro in modo rifiutante o addirittura abusivo. Per questo motivo si mantengono lontani dal terapeuta durante gli incontri, sia psicologicamente che fisicamente, giocando da soli e cercando di non avere un ruolo attivo nelle sedute ma di attento osservatore.
Inizialmente la tendenza all'evitamento va rispettata: il tentare troppo precocemente di superarlo potrebbe generare nel bambino emozioni sopraffacenti. Per cui, negli incontri iniziali, il terapeuta potrà lasciare ampio controllo al minore nello scegliere i materiali, i giochi e le attività. Inoltre è fondamentale che ogni promessa fatta dal terapeuta venga mantenuta; solo in tal modo il bambino potrà iniziare ad avere fiducia in lui. Non bisogna, però, permettere che questo ruolo assunto dal minore continui troppo a lungo: a poco a poco deve essere il terapeuta ad assumere il controllo della situazione, proponendosi prima come aiutante del minore ed interveniente nel gioco, poi come agente di protezione e di cura (60).
L'attaccamento ansioso resistente, invece, è caratterizzato dal fatto che la scarsa disponibilità genitoriale induce il minore ad incrementare la propria attivazione emozionale per attrarre l'attenzione altrui, oppure egli diviene estremamente dipendente per ottenere una risposta materna.
In ambito terapeutico il bambino diviene inizialmente molto dipendente dal terapeuta, chiedendo di tornare subito per un'altra seduta, volendo il suo indirizzo e numero telefonico, e in ogni caso, avendo grandi difficoltà a staccarsi da lui. Può anche assumere comportamenti altamente regressivi, come chiedere al terapeuta di essere alimentato col biberon. Ad un certo punto, però, il minore si rende conto che le sue esigenze di dipendenza non possono essere soddisfatte del tutto dal terapeuta e, quindi, gli rivolge la stessa rabbia e il medesimo risentimento che aveva riversato in precedenza alla figura parentale non adeguatamente disponibile: gli altri diventano nuovamente non affidabili ed il minore appare a se stesso non amabile e privo di valore (61).
Per affrontare questa situazione il terapeuta può ricorrere ad alcune strategie. Ad esempio fra un incontro e l'altro può dare al bambino un "pegno" o "ricordino" da portare a casa, in modo da avere sempre dinanzi a sé la prova che il terapeuta si ricordi di lui; inoltre può dimostrare la sua attenzione al bambino non spostando né rimandando gli appuntamenti e attenendosi alle scadenze prefissate.
Il terapeuta, inoltre, non deve impedire che il bambino faccia giochi regressivi rispetto alla sua età, al fine di permettergli almeno una compensazione simbolica alle privazioni affettive subìte. Un eccesso di regressione, però, è negativo; occorre, dunque, che prima della fine della seduta, il minore ritorni al livello di capacità adeguato alla sua età, al fine di poter rientrare nella vita normale con modalità comportamentali diverse da quelle che sono permesse solo in ambito terapeutico. Così negli ultimi dieci minuti della seduta è bene impegnare il bambino in conversazioni o in attività adeguate alla sua età cronologica, come per esempio rimettere in ordine tutti i materiali di gioco o parlare delle sue attività scolastiche o sportive (62).

Strategie terapeutiche rivolte a facilitare l'espressione di emozioni e pensieri del minore in terapia
Il minore che ha subìto una abuso sessuale intrafamiliare tende, di solito, a ristrutturare cognitivamente la situazione in modo che il genitore venga salvato e considerato "buono", attribuendo magari la cattiveria a se stesso. Analogamente, il terapeuta appare agli occhi del minore prima "buono" e la vittima tende a compiacerlo, poi, quando comincia a non essere più totalmente disponibile, diviene "cattivo" e quindi oggetto di aggressione.
Questo comportamento del minore deve essere capito e giustificato dal terapeuta, il quale deve cercare di incoraggiare il bambino a far emergere ed esprimere le emozioni di rabbia e risentimento (63). Quest'ultimo può essere terrorizzato per il fatto che prova tali sentimenti negativi verso il responsabile dell'abuso e verso il genitore non abusante. Il terapeuta deve essere capace di etichettare tali sentimenti di rabbia che prova il minore e deve cercare di indirizzarli verso il responsabile dell'abuso, evitando così che il minore arrivi ad autocolpevolizzarsi. Ciò, infatti, può comportare il rischio di depressione e/o suicidio.
L'importanza di dare espressione ai sentimenti, soprattutto a quelli di risentimento della vittima, non deve far dimenticare però che la rabbia può essere usata dal minore come protezione contro altre emozioni che lo fanno soffrire: la tristezza ed il lutto per la perdita di un'immagine idealizzata di madre o di padre, ed il senso di colpa per essere stato la causa di tale perdita.
Dunque, la consulenza psicoterapeutica (64) al minore vittima dell'abuso, dovrebbe tendere nella fase iniziale ad incoraggiarlo a parlare:
- del proprio senso di colpa e di vergogna;
- dei sentimenti negativi e positivi che prova nei confronti sia dell'autore dell'abuso, sia del genitore protettivo;
- dei propri sentimenti riguardo alle reazioni dei fratelli o sorelle, degli altri familiari e dei conoscenti di fronte alla sua rivelazione.
Il fatto di imparare a conoscere le proprie emozioni e a dare loro un'etichetta adeguata costituisce un altro aspetto importante dell'intervento: infatti, i bambini al di sotto degli otto anni possiedono un numero molto limitato di espressioni per descrivere le emozioni che provano e, comunque, anche quelli un po' più grandi non conoscono un vocabolario emozionale paragonabile a quello degli adulti.
È inoltre fondamentale che il minore trovi qualcuno che creda nella sua storia e ne evidenzi continuamente la sua totale innocenza rispetto ad essa, comunque possano essere state le circostanze. È infatti necessario che la vittima prenda coscienza della realtà di essere stata vittimizzata e sfruttata, affrontando col tempo difficili argomenti quali:
- l'affermazione dell'abusante che gli atti sessuali compiuti sarebbero normali ed "innocenti";
- il fatto che il genitore non abusante non creda al minore;
- i tentativi di negare o razionalizzare il fatto commesso da parte dell'abusante;
- il fatto che la realtà dell'abuso venga ulteriormente minata dall'insistenza sul "mantenimento del segreto".

Come affrontare le tematiche dell'abuso
Prima di avvicinarsi all'argomento centrale del fatto commesso, è utile che il terapeuta esponga chiaramente quali sono i benefici che il minore può trarre dal parlare dell'abuso. Scopo della terapia, infatti, non è dimenticare il trauma, ma imparare a dominare i sentimenti associati ad esso e pensare in modo diverso a quanto è accaduto. Sebbene ciò, all'inizio, sia difficile e provochi emozioni dolorose, queste col tempo di solito si attenuano. In ogni caso, il terapeuta deve assicurare al minore di essere consapevole delle emozioni negative che lui potrà provare, per cui procederà in modo da non sottoporlo a stimolazioni non sopportabili, fornendogli così la possibilità di controllare il ritmo con cui saranno affrontati gli argomenti più penosi.
Malgrado tutte le precauzioni e strategie possibili, è però sempre possibile che il minore divenga riluttante a partecipare alle sedute terapeutiche, affermando che gli incontri sono noiosi o rifiutando di prendervi parte, o anche dichiarando che tutte le difficoltà che provava precedentemente sono scomparse e che tutto va bene (65).
Per prevenire tali esiti, è utile strutturare le sedute terapeutiche fin dall'inizio in un modo accettabile e sopportabile per il bambino. Il terapeuta può, quindi, accordarsi con lui nel dedicare in ogni seduta inizialmente al massimo 10-15 minuti per affrontare le tematiche relative all'abuso, lasciando il resto del tempo al gioco. Tale ampio periodo ludico può, così, aiutare il minore ad alleviare l'ansia e nel contempo è in grado talora di offrire spunti utili circa i pensieri e le emozioni collegati alla vittimizzazione sessuale. Poi, gradualmente, i periodi di gioco possono essere ridotti, lasciando più spazio alla discussione sull'abuso.
Mentre il minore riferisce le sue esperienze, il terapeuta dovrebbe stare tranquillamente ad ascoltare, senza intervenire, almeno all'inizio, ma semplicemente incoraggiando il bambino a proseguire.
In un secondo momento, il terapeuta può aiutarlo a ricordare maggiori particolari attraverso domande più specifiche e chiuse, riguardanti i luoghi, il momento della giornata, il comportamento preciso dell'abusante, le sue sensazioni corporee ed emozionali (66). Riguardo a queste ultime il terapeuta deve ricordare di affermare che la maggior parte dei bambini abusati prova contenuti emotivi analoghi al minore in terapia, in modo tale da tranquillizzarlo.
Tra le varie strategie utili per facilitare l'emersione delle sensazioni che prova il minore, tre sembrano essere le più vantaggiose (67):
1. la tecnica "Indovina ciò di cui si preoccupano gli altri bambini sessualmente abusati" consiste nel far ascoltare al minore un piccolo intervento educativo, in cui il terapeuta espone le preoccupazioni più consuete manifestate dai bambini abusati;
2. la procedura detta del "Sacco della spazzatura" consiste nello spiegare, inizialmente, al minore che il mantenere segreti i pensieri e le emozioni relative all'abuso sessuale è come portarsi dietro un sacco della spazzatura: il bambino deve invece liberarsi di ogni pezzo di "spazzatura" piano piano. Per riuscire a fare questo gli viene chiesto di identificare ogni episodio o aspetto per lui doloroso relativo all'abuso, definendolo con poche parole al terapeuta, che lo scriverà su un pezzo di carta. In questa fase al bambino non viene richiesto di elaborare tali materiali, ma solo di individuarli. Così tutti gli episodi dell'abuso (o comunque i momenti più traumatici) potranno essere suddivisi nelle sue parti costituenti e ciascuno di essi, scritto in un foglietto, verrà messo insieme agli altri in un sacco di carta (che costituisce l'equivalente simbolico di tutti i ricordi associati alla vittimizzazione sessuale).
Ad ogni seduta settimanale al bambino verrà chiesto di pescare a caso dal sacchetto un foglietto e di discutere poi col terapeuta su quanto vi è scritto. Se il biglietto contiene qualcosa che, in quel momento, è troppo doloroso per il minore, egli potrà prenderne un altro, rimettendo il primo nel sacchetto. La discussione circa l'aspetto scritto sul foglio può iniziare anche tramite un semplice disegno.
Tale tecnica costituisce una forma, sebbene mascherata, di esposizione graduata, in quanto il minore affronta in modo progressivo aspetti limitati dell'abuso, estinguendo a poco a poco le reazioni d'ansia ad essi connesse. Inoltre, permette di facilitare l'approccio ai temi più difficili da trattare e riesce a tradurre aspetti psicologici astratti, come le emozioni, in una forma più concreta e comprensibile per il bambino.
3. La tecnica definita "Sentimenti: dentro e fuori" consiste nel fatto che il terapeuta consegna al minore un foglio di carta piegato in due, come una specie di biglietto di auguri, chiedendogli di disegnare sulla parte esterna del foglio un proprio ritratto, ritraendosi come gli altri lo vedono, e nella parte interna di raffigurarsi come egli si sente realmente "dentro di sè". Anche tale metodo è utile per identificare affetti e contenuti interni al minore.
Tutte e tre queste procedure sono utilizzabili, però, con minori di età non troppo infantile, che abbiano la capacità di articolare le loro sensazioni ed il disagio che provano nel racconto. Con i bambini più piccoli è possibile procedere mostrando disegni di visi che contengano i tratti caratteristici delle emozioni di base (allegria, paura, tristezza, rabbia), per poi passare a fotografie ritagliate da riviste illustrate e a sensazioni più complesse ed articolate. Una volta che il minore si sente a suo agio con tale procedura, è possibile passare a chiedergli quali situazioni provochino in lui tali sentimenti, in modo da poter così avvicinarsi maggiormente ai suoi stati interni connessi all'abuso (68).

La gestione dell'ansia in seduta terapeutica
Il terapeuta dovrebbe sempre monitorare attentamente i segnali verbali del minore a proposito di quanto sta accadendo durante la seduta. Se è evidente che questi, anche se non lo dice apertamente, si trova in difficoltà, deve essere il terapeuta a rendere verbalmente esplicita questa sensazione, chiedendogli se vuole fare un'interruzione. Egli deve rassicurare il minore, dicendogli che comprende quanto sta provando e che non c'è alcuna ragione per cui debba temere il suo giudizio negativo per questo.
Una tecnica che può essere utile in questa situazione sembra essere quella del cosiddetto "Muro delle preoccupazioni" (69), che consiste nel chiedere al bambino di identificare la cosa che lo preoccupa di più (la sua "massima preoccupazione") riguardante il fatto di parlare del proprio abuso; tale preoccupazione verrà scritta su un cartoncino che il minore dovrà attaccare al muro, in alto se la cosa lo preoccupa molto, più in basso se l'ansia è minore. Ad ogni seduta sarà così possibile valutare il livello della preoccupazione del minore, guardando lo spostamento del cartoncino, ed in tal modo il minore sarà in grado di monitorare i progressi terapeutici.
Infine, alcuni bambini possono considerare le intense emozioni che provano parlando del proprio abuso come una nuova vittimizzazione vera e propria. In questi casi il terapeuta deve aiutare il bambino a considerare le differenze fra le due situazioni: in terapia l'abusante non è presente, nessuno sta toccando il minore o sta abusando di lui, ed egli sta reagendo alle sue emozioni e non a dei fatti veri e propri; inoltre, nella maggior parte dei casi, quando il bambino è in terapia è passato del tempo da quando fu commesso il fatto e quindi egli è ormai cresciuto rispetto all'epoca dell'abuso: sarà così maggiormente in grado di richiedere e ricevere aiuto e protezione. Con questi chiarimenti si facilita nel minore il passaggio dal considerarsi solamente una vittima impotente al vedersi più capace di controllo e di autogestione (70).

Strategie terapeutiche rivolte alla riparazione di specifici elementi cognitivi
Al termine del percorso terapeutico, il minore vittima di abuso sessuale intrafamiliare deve riconoscere ed esprimere i suoi sentimenti di perdita, giungendo quindi ad elaborarne il "lutto". Questo deve servire per la ricostruzione di un suo mondo interiore che gli permetta di vivere. Ciò che deve essere compreso dal minore è che niente della sua situazione futura sarà più come prima e questo (71), se anche potrà sembrare paradossale, non è un aspetto così semplice per lui da accettare: sia il genitore che ha abusato di lui, sia quello che non lo ha protetto - nonostante i fatti commessi - rimangono pur sempre i suoi genitori.
Il minore sessualmente abusato in famiglia subisce numerose perdite: quella di un'immagine positiva di un genitore (o di entrambi), quella della persona fisica di uno o entrambi i genitori nel caso di un allontanamento, quella della propria precedente immagine di sé e quella, infine, di un mondo che non è stato ciò che sperava. Riuscire per lui ad elaborare tutto questo non è facile.
Una tecnica utile in questa fase può essere quella della "Linea del tempo e delle perdite" (72), che consiste nel fatto che il minore su di una freccia del tempo (una linea graduata che rappresenta graficamente il trascorrere degli anni della sua esistenza) situa i vari episodi di perdita (di vario tipo) che ha patito nella sua esistenza, precisando per ognuno l'età in cui ciò si è verificato. Egli, attraverso tale procedura, viene gradualmente portato ad esaminare i propri sentimenti di perdita e a riconoscere l'ambivalenza verso le figure genitoriali. Il terapeuta, nello stesso tempo, potrà però anche mettere in evidenza talune caratteristiche positive dei genitori, soprattutto nel caso in cui il minore possa continuare ad avere contatti, o addirittura a vivere, con almeno uno di loro.
L'elaborazione del lutto sarà avvenuta quando il minore avrà accettato la compresenza nei genitori di elementi positivi e negativi e avrà deciso di contare soprattutto sui primi per eventualmente reimpostare un rapporto nuovo con quel genitore che si dimostra disponibile a farlo. Il compito della terapia, dunque, diventa quello di costruire quello "spazio psicologico" attraverso il quale il minore, di fronte al crollo di tutto il suo passato, conservi comunque il desiderio di un futuro sostitutivo (73).
Un altro aspetto piuttosto frequente nei minori abusati è la tendenza a ritenere che l'abuso sia qualcosa di inevitabile e pervasivo, in quanto non ci si può fidare di nessuno. Tale convinzione va contrastata, cercando di attrarre l'attenzione del minore su tutte le persone con le quali, in passato e nel presente, ha instaurato rapporti amichevoli e dalle quali ha ricevuto prove di affetto e di interesse positivo. Un elenco di dimostrazioni d'affetto ed amicizia può essere messo per iscritto e continuamente aggiornato ad ogni seduta, via via che succedono nella vita del minore nuovi episodi positivi. Si tratta, comunque, di un lento processo di "sconferma" di vecchi schemi cognitivi interpersonali e di sostituzione con altri, più adeguati e meno rigidi (74).


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