Alessandro Floris
Medico responsabile del Centro Alcologico di Carbonia (CA), c/o Associazione Centro di Accoglienza Don Vito Sguotti, Carbonia (CA) " la cura dell'alcoldipendenza necessita di una metodologia che è rappresentata dall'insieme di tecniche e iniziative che l'operatore applica con quel determinato paziente per raggiungere la sobrietà e successivamente un nuovo modello di vita. Il rapporto con il paziente è un rapporto reciproco, una amicizia itinerante dove ampi spazi sono riservati all'improvvisazione, al buon senso e al tempismo dell'operatore. Qualsiasi metodo si giova di operatori capaci di affrontare le patologie quotidiane che spesso rappresentano la prima richiesta d'aiuto dell'alcoldipendente, opportunità straordinarie d'aggancio. Nel nostro caso il metodo è una interazione tra due mondi: l'alcolista e il medico (operatore: n.d.r.), entrambi vivono un momento personalissimo e unico della propria esistenza. Per cui, nel momento dell'incontro è privilegiato l'operatore che possiede più proposte e più strumenti. ". Giorgio Madeddu, 2000 Il Centro Alcologico (inizialmente denominato Dispensario Alcologico) ha iniziato lattività nel 1988 in seno allAssociazione Centro di Accoglienza Don Vito Sguotti di Carbonia (di seguito nominata Associazione) come unità operativa ambulatoriale socio-sanitaria che permise di affrontare il disagio derivante dalle problematiche alcolcorrelate. Per estendere nel territorio del Sulcis-Iglesiente la capacità di dare una prima accoglienza a questo disagio vennero poi aperti, su richiesta degli Assessorati ai Servizi Sociali dei Comuni interessati, i Centri dAscolto ed orientamento terapeutico. La Piccola Comunità Terapeutica per alcoldipendenti (PCT) di Is Lampis - Carbonia, a sua volta unità operativa del Centro Alcologico, si inserisce come ultima nata in questo quadro di interventi. A tuttoggi, dunque, lAssociazione ha messo a disposizione della società una serie di servizi, facendosi carico dellaiuto nel campo del disagio sociale nel senso più ampio del termine (con il Centro di accoglienza femminile e il Centro di pronto intervento maschile), focalizzando lintervento in tema di alcologia (con il Centro alcologico) e, al passo coi tempi, con le nuove conoscenze in campo scientifico e rispondendo alle richieste provenienti dal territorio, diversificando e ampliando questultimo con lofferta di una serie di sportelli (Centri dascolto e Piccola Comunità Terapeutica). Scopo di questo articolo è offrire una rilettura in chiave alcologica dellattività fin qui prestata dallAssociazione, approfondendo i temi relativi al metodo di lavoro multimodale impiegato al Centro alcologico. Va precisato che osservando gli ideali dellAssociazione, il Centro alcologico affronta il disagio derivante dalluso e abuso di sostanze, QUALUNQUE DISAGIO, in primo luogo con lACCOGLIENZA, valutando nel contempo se inserire lutente nel proprio percorso terapeutico o se offrirsi quale punto di smistamento verso altre realtà socio-sanitarie. Benché il Centro alcologico sia ormai diventato punto di riferimento nel territorio per la prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione dei problemi alcolcorrelati, non ci si è mai sottratti a rispondere alle richieste di aiuto provenienti da altre forme di dipendenza, modulando quando possibile lintervento a misura dellutente e del disagio da lui/lei manifestato. LASSOCIAZIONE E LALCOL Questi i servizi oggi in attività nellambito dellAssociazione:
1) Ambulatoriali:
2) Residenziali: Con servizio a bassa soglia si intende un intervento nel quale la conoscenza e consapevolezza del problema, luscita da situazioni di forte disagio sociale e familiare, lacquisizione ed il rispetto di semplici regole di convivenza o la motivazione stessa del paziente sono sufficienti - una volta assicurato un corretto aiuto di natura prettamente assistenziale - a modificare il comportamento teso allabuso/dipendenza da sostanze alcoliche o allaffrancamento da altri stati di dipendenza. Qualora non si ritenesse sufficiente questo tipo dintervento o visto il fallimento di esperienze precedenti o la non opportunità o praticabilità di un approccio siffatto, si propone lintervento ad alta soglia in regime ambulatoriale e/o residenziale, che differiscono dal precedente per la crescente intensità e specializzazione dellintervento che da assistenziale diviene sanitario (psicosociale e riabilitativo) e per lopportunità di staccare o meno il dipendente da situazioni altamente conflittuali o fortemente ancoranti al comportamento patologico (famiglia, lavoro, tempo libero).
In tutti i casi lintervento del Centro Alcologico si basa sulla certezza che coloro i quali abusano di o dipendono da sostanze e/o persone e/o situazioni hanno la capacità di astenersi e con laiuto appropriato possono attuare il proprio potenziale umano imparando a gestire i propri sentimenti e le relazioni con gli altri, ad avere cura di se stessi e dellambiente che li circonda ed infine ad aprirsi allaltro e al mondo con fiducia passando dal dire al fare. Questo è un processo graduale, progressivo - con eventuali fasi di regressione, spesso ostacolato da fissazioni e resistenze - che conduce al cambiamento e al nuovo stile di vita. Queste considerazioni si applicano a tutte le forme di dipendenza - alcol, altre droghe, farmaci, gioco dazzardo patologico - per le quali si propone lo stesso tipo di intervento.
Per un proficuo lavoro chi entra al Centro Alcologico accetta: Il percorso terapeutico si svolge sia allinterno del sistema del Centro Alcologico (sedute individuali e/o di gruppo presso il Centro propriamente detto, i Centri dAscolto o la PCT) sia al di fuori, con leventuale collaborazione/coinvolgimento di altri sistemi istituzionali (Centro di Salute Mentale e SerT), del privato sociale (altre Comunità terapeutiche, gruppi di auto-mutuo-aiuto come Alcolisti Anonimi, Narcotici Anonimi, Giocatori dazzardo Anonimi, Club Alcolisti in Trattamento), della società in genere. Il Centro alcologico si propone infatti come sistema - più che luogo - in cui la persona dipendente può dedicarsi ad una profonda ricerca della consapevolezza delle proprie dinamiche intrapsichiche e interpersonali con laiuto degli operatori e degli altri utenti, per poi cimentarsi nellesperienza (sperimentazione, azione) diretta delle stesse nel confronto con occasioni, relazioni, eventi stressanti, interni e esterni al percorso terapeutico. Si ritiene infatti che al di là dellacquisizione di strategie miranti al controllo di determinate situazioni personali e/o ambientali programmata in base ai riscontri anamnestici e allo studio delle dinamiche di gruppo che si realizzano allinterno del Centro alcologico, talune reazioni/relazioni disturbate e oggetto di forte disagio per la persona dipendente sono fuori della sua consapevolezza e possono essere evidenziate e portate a livello di coscienza solo seguendo il comportamento in particolari occasioni di vita. E convinzione che il superamento di questi blocchi (impasse) porta lutente a rivolgersi al nuovo se stesso e al mondo con fiducia e sobrietà, passando dallisolamento/passività del dipendente, astinente o meno, al fare con gli altri (condivisione/cooperazione/solidarietà) (tabella 1) dellindividuo che ha acquisito un nuovo stile di vita autonomo. I momenti diagnostico e terapeutico delezione rimangono le sedute di gruppo, perché in quello stato ed in particolare nei momenti di forte coinvolgimento emotivo si realizzano diverse condizioni dirimenti e favorenti lespressione del comportamento disturbato, la riduzione delle difese e della naturale resistenza offerta al processo di cambiamento, la possibilità di innescare una esperienza emozionale correttiva (C. Ale-ander), talvolta anche una ricaduta "protetta", che può portare il dipendente alla consapevolezza del proprio comportamento e quindi ad una scalata degli stadi della motivazione sulla via del cambiamento. Per arrivare a questo cambiamento si propone un trattamento che tenga conto di diverse fasi: N.B.: Tali fasi vengono riportate nellordine suddetto solo a fini esplicativi, facendo tutte parte di un percorso terapeutico applicabile a singoli momenti di vita, comportamenti, relazioni, con la possibilità che in singole situazioni, per esempio, la terza fase o la seconda fase possano precedere la prima, se ciò è funzionale alla risoluzione di un problema. Sulla scorta dellesperienza maturata, dellesame della letteratura e di altre esperienze in corso, non è possibile proporre una durata di percorso standard; il Centro alcologico rimane un punto di riferimento per il dipendente e i suoi familiari/referenti nel corso del processo di cambiamento che per sua natura non può avere tempi stabiliti ma si inscrive in un continuum che ai due estremi vede dipendenza e autonomia. Studia e impara te stesso
Per sua natura lalcolista e la persona dipendente in genere sono dediti allintrospezione, ad una chiusura autistica del pensiero, spesso ad un esame di realtà deficitario. Il dialogo interno è il punto di forza dellalcolista-pensiero. Si tratta di un dialogo con connotazioni fantastiche e/o vittimistiche, attenuato, esacerbato o gratificato dalluso della sostanza, più portato a trasformare la realtà modellandola alle proprie esigenze che a viverla o a fare alcunché per imparare a viverla gestendo i conflitti e i propri giochi psicologici. Alla fine risulta un parlare a se stesso del tutto afinalistico, un ruminarsi dentro che porta a rinunciare più che ad accettare, a rinchiudersi più che a condividere, ad accettarsi e a tentare di imporsi così come si è piuttosto che correre il rischio di esporsi al cambiamento (la competizione e larroganza come maschera della traballante o inesistente autostima). Il dipendente nel rapportarsi con gli altri utilizza alcuni stereotipati comportamenti - tra i quali luso delle sostanze - che conducono al rinforzo di una posizione di stallo, fanno assaporare una soluzione magica delle difficoltà, impediscono la risoluzione effettiva del problema (con perpetuazione dello stato dansia e della svalutazione di se stesso e degli altri). Abbi cura di te Chi ha vissuto o vive in una posizione di subalternità o di falsa superiorità (che maschera i sentimenti di inferiorità) rispetto agli altri (la famiglia, i colleghi di lavoro, la società) delega generalmente la cura di se stesso agli altri (la vittima che perseguita i suoi salvatori), alla sostanza o a quei comportamenti compulsivi che comunque lo allontanano da una realtà vissuta con estremo disagio e sofferenza. Sentendosi accettata in un rapporto di fiducia la persona dipendente può correre il rischio di rimettersi in gioco partendo dalla costruzione di quelle risorse necessarie per controllare i propri comportamenti compulsivi e dalla consapevolezza che con quei comportamenti si aggiunge disagio al disagio. Importante in questa fase è la presa in carico del proprio vuoto esistenziale e il suo graduale e responsabile riempimento con significati importanti proprio per la persona dipendente. Abbi cura degli altri con gli altri
La dipendenza si costruisce in un habitat in cui appare difficile o impossibile relazionarsi con gli altri, in cui la sostanza aiuta a far fronte alle richieste di socializzazione o il comportamento dipendente favorisce lautoesclusione da responsabilità sociali o fa intravedere soluzioni magiche. Ecco perché lattività di gruppo, il farsi carico di se stesso e anche degli altri mediante la condivisione delle proprie esperienze conduce alla costruzione (o ricostruzione) della capacità di aprirsi sentendosi accettato. Importante il coinvolgimento di altre strutture o istituzioni che avviene in un rapporto di condivisione di percorsi (abbi cura degli altri con gli altri) nella certezza che bisogna mettere in grado la persona dipendente di poter usufruire di tutte le risorse necessarie ad innescare il processo di cambiamento, che la chiusura di un istituzione in se stessa invii alla persona dipendente un pericoloso messaggio di ostilità nei confronti dellaltro e possa mantenere la resistenza al cambiamento e lincapacità di gestire le proprie relazioni. Luso razionale e sistematico della condivisione di percorsi è volta a: OBIETTIVI
· Creare un clima favorevole allespressione dei propri vissuti, allapprofondimento degli aspetti problematici del proprio stile di vita, alla verbalizzazione di stati emotivi, così da mobilizzare le risorse presenti e favorire la costruzione di nuove risorse atte a fronteggiare le varie situazioni di vita;
Per ottenere questi obiettivi si punta ad instaurare allinterno del gruppo di lavoro una relazione terapeutica empatica, ovvero di fiducia reciproca, che ri-conduca allinstaurarsi e al mantenersi di una posizione esistenziale Io sono OK Tu sei OK; una relazione che sia educativa, con un buon equilibrio di carezze condizionate e incondizionate; paritaria, con lesempio al posto dellimposizione, laiuto al posto del salvataggio (vedi punto 5. tabella 1), la condivisione in luogo della competizione; che sia viaggio di crescita lungo la consapevolezza dei propri limiti, delle proprie potenzialità e delle proprie qualità; con lassunzione graduale di responsabilità (facendosi carico del proprio saper fare nei confronti di se stessi e degli altri) che si esprime anche nel porsi degli obiettivi raggiungibili e nell'attivare le risorse necessarie a raggiungerli; per la conquista di una vera autonomia operativa ed emozionale, secondo le più moderne teorie del cambiamento, del counseling analitico transazionale e del problem solving. Si ritiene che per una più piena riuscita del percorso a questo debba partecipare attivamente la famiglia - separatamente (Gruppi Familiari Alcolisti, Gruppi Al-Anon) o in luoghi comuni di incontro -, essendo la dipendenza malattia dellintero nucleo familiare. Compito degli operatori è quello di affiancare la persona dipendente nel suo cammino, avendo la certezza che il cambiamento è possibile anche se non si possono determinare in anticipo tempi e luogo, di condividere con lui la scelta dellautonomia, con la consapevolezza del fatto che lesempio e laderenza al metodo terapeutico sono la più potente risorsa terapeutica. Ciò significa che nell'impossibilità di imporre a qualcuno un diverso stile di vita, è importante proporglielo, rappresentarglielo e indurre così in lui la scelta del cambiamento. I non-limiti di tempo e di luogo e la condivisione dei percorsi permettono alloperatore di continuare ad essere punto di riferimento per la persona dipendente anche quando si ha limpressione che non ci sia niente da fare o questi scelga unaltra strada per affrancarsi dalla dipendenza.
Tutti gli operatori (istituzionali, volontari e utenti) sono tenuti al segreto professionale e non possono comunicare notizie e fatti inerenti gli utenti se non ad altri membri del personale per un corretto svolgimento dellattività lavorativa.
Gruppi tematici e di discussione: problematiche legate allabuso/dipendenza, visione di film e documentari, seminari; Gruppi di auto-mutuo-aiuto: interni allattività del Centro alcologico (Gruppi solidarietà) o esterni (Alcolisti Anonimi, Al-Anon) Colloqui individuali: inquadramento diagnostico, approfondimento temi personali, gestione di relazioni problematiche.
Colloqui con gruppo familiare: per lapprofondimento di contenuti legati allabuso/dipendenza, la conoscenza degli attori e la comprensione dei ruoli in famiglia, il fronteggiamento di tensioni e dinamiche disturbate in seno alla famiglia
Tabella 1 - Le norme della cooperazione (Steiner, 1974, modificato)
Due o più persone che decidono di avviare una relazione di cooperazione si accordano sulle seguenti norme:
Tabella 2 - Stadi del cambiamento Gli stadi del cambiamento (Di Clemente, Bellino, Neavins 1999, modificato) sono di utile ausilio non tanto come test diagnostico in se e per se, quanto per seguire landamento del programma terapeutico.
I) Precontemplazione = non ammette il problema |