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La nascita e l'evoluzione del linguaggio articolato nella storia dell'umanità in rapporto con il linguaggio balbuziente.
Interpretazione della balbuzie in base ai dati della letteratura e alla propria testimonianza clinica
di Francesco Bellelli (1)
Sintesi dell'articolo.
L'Autore nel presente lavoro parla della nascita e dell'evoluzione del linguaggio articolato nella storia dell'umanità in rapporto al fenomeno della balbuzie.
Egli considera la balbuzie , a livello linguistico, una difficoltà del linguaggio parlato in senso lato e la distingue dalla balbuzie patologica, considerata un disordine della sintassi in cui manca il senso del controllo della parola.
L'autore spiega l'esistenza della balbuzie come una traccia, una testimonianza del passaggio da Homo abilis all'uomo anatomicamente, durante la nascita e l'evoluzione del linguaggio articolato nella storia dell'umanità.
Gli elementi a sostegno di tale congettura sono rappresentati dai dati consolidati della letteratura scientifica (ereditarietà, meccanismo di produzione della parola più lento, difficoltà nella percezione della sequenza) e dalla testimonianza clinica dell'Autore.
L'auteur in this travail nous parle de la naissance e de l'èvoulution du langage articulèe dans l'histoire de l'humanitè en rapport au phènomene du bègaiment. Il considère le bègaiment, au niveau linguistique, une difficultè de la syntaxe au sens large, et il fait distinction avec le bègaiment pathologoque, un disordre toujours de la syntaxe mais dans lequel i n'y a pas le sens du contròle de la parole.
L'auteur interprète l'existence du bègaiment comme une trace, une tèmoignage du passage de Homo abilis a l'homme anatomiquement moderne, pendant la naissance et l'èvoulution du langage articulèe dans l'histoire de l'humanitè.
Les donnèes à l'appui de telle hypothèse sont les èlèment consolidèes de la littèrature scientifique sur l'argument (l'hèrèditè, le mechanisme de production de la parole plus lent, le dèficit auditif dans la perception e de la tèmoignage clinique de l'auteur.
Preistoria e linguaggio articolato nella storia dell'umanità.
La storia della vita sulla terra si svolge in tre miliardi e mezzo di anni. Secondo le testimonianze scientifiche e tecnologiche l'uomo anatomicamente moderno fa la sua apparizione molto recentemente, appena 35.000 anni fa. Ma consideriamo il percorso che è stato compiuto secondo la ricostruzione degli studiosi. Gli antropologi sono concordi nel ritenere che la preistoria si componga di quattro stadi. (2)
Il primo stadio è caratterizzato dalla comparsa, sette milioni di anni fa, di una specie simile alle scimmie antropomorfe ma dotata di postura eretta e locomozione bipede. Il secondo è contraddistinto dalla proliferazione delle varie specie bipedi, avvenuta dai sette ai due milioni di anni fa, fenomeno denominato "radiazione adattiva". Il terzo periodo, evento chiave, è l'aumento del volume encefalico e coincide con la comparsa del genere Homo (abilis, erectus, sapiens) 2,5 milioni di anni fa. Il quarto ed ultimo stadio riguarda l'origine dell'uomo anatomicamente moderno, 35.000 anni fa, in possesso di capacità tecnologiche, linguistiche, artistiche.
E' probabile che il linguaggio articolato non si sia sviluppato rapidamente ed in tempi recenti, ma, come sostiene l'antropologo Richard Leakey, gradualmente, a partire dall'evoluzione del genere Homo.
Natura e cultura. Dall'Homo abilis all'Homo sapiens.
Il terzo stadio della Preistoria possiamo considerarlo come lo spartiacque tra l'origine dell'uomo ed il mondo naturale. Il passaggio dalla natura alla cultura, secondo gli antropologi (3), sarebbe stato determinato da tre fattori: la fabbricazione degli utensili, il linguaggio articolato, la perdita di estro negli individui di sesso femminile, cioè i loro periodi propizi alla fecondazione e alla gestazione.
Nel presente lavoro intendo soffermare l'attenzione sulla nascita e lo sviluppo del linguaggio articolato, per capire se può esistere un rapporto con la balbuzie intesa come una difficoltà della sintassi in senso lato. Non mi occuperò, invece, della balbuzie psicogena e delle altre forme di natura patologica. Tale lavoro di interpretazione si fonda sui dati consolidati della letteratura scientifica sulla balbuzie e sulla testimonianza del mio lavoro, prevalentemente di gruppo, con le persone affette da balbuzie patologica.
Secondo l'antropologo Richarad Leakey ed il neurologo Ralph Holloway lo sviluppo del linguaggio nella storia dell'umanità è stato lento e graduale. Tale evento è iniziato con l'Homo abilis, 2-2,5 milioni di anni fa. Egli aveva la capacità di lavorare strumenti di pietra e possedeva già sviluppata una parte, un nucleo dell'area di Wernicke ed una parte dell'area di Broca, responsabili rispettivamente dell'ideazione e della produzione del linguaggio parlato (4). Qualche forma di linguaggio articolato, un protolinguaggio, doveva esistere; ma giacchè la laringe era posizionata in alto, risultava impossibile articolare i suoni.
Con Homo erectus, vissuto un milione e mezzo di anni fa, iniziava la migrazione degli ominidi fuori dall'Africa e veniva scoperto il fuoco. In questa fase evolutiva, dove la "cultura" continua ad influenzare la "natura" si pensa che la laringe si abbassi e che i suoni possano essere modulati. In Italia vi sono tracce dell'Homo erectus sul monte Poggiolo nei pressi di Castrocaro Terme (Forlì) e ad Isernia.
Molti studiosi fanno risalire l'evoluzione del linguaggio all'Homo sapiens arcaico, 200.000 anni fa; esso è considerato un prodotto "nuovo di fabbrica" nella scala temporale.
L'uso delle parole coincide con la capacità di compiere movimenti raffinati come testimonia il livello degli utensili trovati negli strati archeologici di quel periodo.
Le zone del cervello che pilotano la lingua e le mani sono tra loro vicine e si sviluppano insieme.
L'uomo di Neanderthal, vissuto fino a circa 35.000 anni or sono, fa parte della fase dell'Homo sapiens arcaico. Egli, che rappresenta uno stadio intermedio nell'evoluzione del linguaggio, deve "( ... ) aver usato più sofisticate forme di comunicazione vocale rispetto ai soliti versi e grugniti delle scimmie viventi, pur non potendo essere in grado di parlare una lingua moderna. Forse la sua scomparsa, circa 35.000 anni fa, dai reperti fossili fu una conseguenza di tali limitazioni.
Queste lo rendevano incapace di competere avendo successo con i suoi contemporanei i quali, come dimostra l'uomo di Cro-Magnon (cioè un tipo primitivo di Homo sapiens) avevano una struttura scheletrica moderna. Se questa ricostruzione è corretta abbiamo nuovi elementi a sostegno della teoria secondo cui il linguaggio umano, alla luce delle attuali conoscenze, ha avuto uno sviluppo relativamente recente" .(5)
In base ai dati degli studi che si occupano delle origini e dell'evoluzione dell'uomo, la nascita e il progredire del linguaggio articolato avrebbe una storia di due milioni di anni. Bisogna notare però che solo 200.000 anni fa vi è stata una spinta propulsiva e 35.000 anni fa il linguaggio sarebbe diventato come lo conosciamo oggi. (6) E' probabile quindi che il ciclo della sua evoluzione graduale, nella globalità non si sia completato. Questo a causa dell'alta percentuale di disordine del linguaggio parlato stesso già riscontrabile nei bambini in età scolare, di cui buona parte presenta remissione spontanea.
Interpretazione della balbuzie
Definizione di balbuzie.
Ritengo che per inserire il presente argomento all'interno della nascita e dell'evoluzione del linguaggio articolato nella storia dell'umanità, considerato come una svolta, sia fondamentale definire cosa intendo per balbuzie.
All'interno di un modello di struttura del linguaggio esaminato ai tre livelli, cioè pronuncia (fonologia), grammatica (sintassi), significato (semantica) (7) considero la balbuzie come un fenomeno che a livello linguistico riguarda particolarmente la grammatica, la sintassi in senso lato: quindi si tratta di una difficoltà esecutiva che si ripercuote in un ostacolo nel pronunciare le parole in ordine. Questa particolarità è da intendere non come un disturbo delle regole in base alle quali le parole si combinano tra di loro, ma come un impaccio dell'ordine e della loro sequenza. Infatti, a livello linguistico, quando nel balbuziente è presente un blocco ed egli vuole continuare ad esprimersi senza sforzo, impiega i sinonimi, le circonlocuzioni, gli intercalari, a volte il parlare passando da un argomento ad un altro senza alcun nesso, la pausa strategica. Il soggetto presenta quindi un comportamento linguistico non lineare e questo è dovuto non alla mancanza di conoscenza della sintassi, quando si sente sotto pressione, di pronunciare una parola dopo l'altra. (8) Se il blocco è intenso, naturalmente, queste strategie linguistiche, "riconosciute" (perchè presenti) nei vocabolari di tutto il mondo, possono non funzionare.
Mentre il timido può parlare ma non sa farlo, il balbuziente patologico, a livello linguistico, vorrebbe parlare però è impossibilitato a farlo. Esiste infatti un meccanismo per cui, pur conoscendo le regole della sintassi, il soggetto non è in grado, in precise condizioni (eccessiva tensione, ansia), di emettere senza sforzo le parole consecutivamente alla velocità normale (cioè circa 100-120 parole al minuto) nella fattispecie.
L'incapacità di parlare senza sforzo, come affermano William H. Perkins e M. E. Wingate (9), è involontaria. Per esempio nella frase "Roberto è felice da molto tempo" il soggetto balbuziente, nel momento in cui incontra un impedimento involontario e decide di proseguire ugualmente, può modificare l'ordine delle parole S(oggetto ), V(erbo), O(ggetto) della nostra lingua e dire "Felice è Roberto da molto tempo". Ciò non vuol dire che non conosce le regole della sintassi ma in questo modo evita di parlare con sforzo oppure di incepparsi. L'ordine S V O della nostra lingua non sempre può essere rispettato dal balbuziente che, invertendolo, aggira l'ostacolo eludendo così i blocchi.
Balbuzie e balbuzie patologica
C'è chi, in presenza di un minimo di ansia e di tensione, pur avendo l'incapacità involontaria di pronunciare le parole in ordine, riesce ad avere il senso del controllo del linguaggio, quindi una comunicazione interpersonale soddisfacente. Vi sono persone, invece, che per motivi multipli (questa non è la sede per effettuarne un'illustrazione), non riescono ad avere il senso del controllo della dizione parlata, quindi una gestione tranquilla. Questa mancanza causa perciò interferenze e ripercussioni sulla comunicazione. Per favorire una comprensione lineare e immediata di che cosa sia la balbuzie secondo le conoscenze attuali e l'elaborazione dello scrivente, nei miei Corsi annuali di rieducazione e di comunicazione interpersonale, definisco il secondo tipo di difficoltà balbuzie patologica dove la linea di demarcazione fra normale e patologico è data proprio dalla capacità o meno di gestire la parola. Appartiene alla balbuzie patologica la Balbuzie Cronica Perseverante di Eugene B. Cooper e la balbuzie interiorizzata di Celia Levy (10), categorie diagnostiche messe punto alla fine degli anni 80.
Ciò che la ricerca ha dimostrato sulla balbuzie.
Le conoscenze derivanti dagli studi sono:
La balbuzie è presente in tutte le 5000 lingue parlate nel mondo.
Esiste una predisposizione ereditaria (11).
Colpisce maggiormente i maschi che le femmine (12).
I balbuzienti hanno maggiori difficoltà a coordinare i processi muscolari responsabili della produzione della parola (13).
L'inizio della balbuzie si colloca intorno ai 2-4 anni (14).
L'80% dei soggetti portatori di questo handicap presentano remissioni, di cui il 60% spontaneamente, prima dei 16 anni (15).
Il balbuziente presenta una carenza relativa ai controlli nella percezione dei fonemi (16).
L'interpretazione della balbuzie
In base ai dati consolidati della letteratura e alla mia esperienza di lavoro con oltre 3000 persone affette da balbuzie patologica, e alla definizione di balbuzie come difficoltà involotaria nel dire le parole in ordine, sarei portato a far risalire la balbuzie ad una disposizione costituzionale dell'individuo e la collegherei all'evoluzione stessa del linguaggio articolato nella storia dell'umanità.
Nel cammino dall'Homo sapiens arcaico all'Homo sapiens
è probabile che vi sia stato un periodo - potremmo chiamarlo sottostadio - in cui gli organi preposti alla comunicazione verbale erano meno efficienti dei nostri attuali, dal punto di vista della resa linguistica in senso stretto; i soggetti presentavano dunque una comunicazione presintattica, come può accadere attualmente nell'infanzia, quando si attraversano le tappe di acquisizione del linguaggio. Dopo la fase olofrastica, cioè la produzione di parole singole che agiscono come frasi intere dai 13 ai 20 mesi, si passa nel secondo anno di vita, alla frase di due parole, poi all'espressione contratta dei 2-3 anni e infine al periodo strutturato dai 3 anni in poi (17).
E' probabile che tramite il meccanismo dell'ereditarietà, siano giunti ai nostri giorni uomini costituzionalmente non adatti ad utilizzare la sintassi di oggi, per cui presentano una sintassi non lineare, non ordinata secondo la sequenza soggetto-verbo-oggetto, per coloro che impiegano la nostra lingua (v. nota n.8).
Il fatto che nel balbuziente vi sia minore capacità di controllo della produzione motoria verbale rispetto ai non balbuzienti, e quindi un deficit nella percezione della sequenza sonora (v. sez. 2.2.), indicherebbe che, da un punto di vista costituzionale, la sua comunicazione audio-verbale "non è al passo con i tempi". E' come se nell'uomo di oggi vi fossero retaggi dell'uomo di ieri.
Sotto questo aspetto la balbuzie non patologica, intesa come fenomeno, può essere considerata come una traccia, ossia una testimonianza dell'evoluzione dell'uomo da una fase presintattica a una fase sintattica nella storia dell'umanità. Tale passaggio deve essere avvenuto recentemente se il linguaggio, come è configurato attualmente presenta una storia di appena 35.000 anni.
Più che un'anomalia vera e propria la balbuzie intesa come fenomeno sembra essere una particolarità, un patrimonio costituzionale, quasi paragonabile all'essere mancini.
Nella mia storia di terapeuta della balbuzie patologica non ho mai sentito o visto un soggetto patologico adolescente o adulto che, in seguito ad efficace terapia, pur possedendo il senso del controllo del linguaggio e della comunicazione, abbia smesso di incepparsi presentando una sintassi lineare. La mia testimonianza è in linea con la tesi autorevole del neurologo della Scuola Iowa Bryngelson il quale sosteneva "Una volta balbuziente, sempre balbuziente" (18).
Conclusione
Se la balbuzie intesa come fenomeno è un comportamento che rappresenta, a livello linguistico, una traccia del passaggio da una fase presintattica a una fase sintattica dell'umanià, allora le cause o le concause della balbuzie linguistica non sono mai esistite; semplicemente il processo graduale dell'evoluzione del linguaggio non si sarebbe completato e permarrebbe quindi qualche residuo delle antiche abitudini. Più che il primo balbuziente sarebbe esistito il primo comunicatore.
Nel collegamento della balbuzie linguistica con lo sviluppo del linguaggio nella storia dell'umanità, quel che ci potrebbe ingannare, a livello del nostro immaginario collettivo è che, su indicazione della teoria biblica del linguaggio, abbiamo sempre inteso la capacità di parlare, anche dopo Charles Darwin, come qualcosa di compiuto, di già preordinato, e non come un'evoluzione graduale attraverso l'influenza della "cultura" sulla "natura".
Potremmo considerare la balbuzie non patologica, cioè il parlare inceppandosi senza sentimenti negativi, come un'anomalia se l'uomo avesse sempre parlato fluentemente. Invece ciò non è esatto poichè il linguaggio, com'è strutturato oggi si considera una "conquista" recente, indipendentemente da come tutto questo sia avvenuto.
Quindi la balbuzie intesa come fenomeno può essere valutata come il residuo di un'epoca in cui il linguaggio articolato era meno perfetto di oggi. La sua esistenza nelle 5000 lingue del mondo, la minore capacità di controllo della prestazione verbale, il deficit uditivo nella percezione della sequenza, possono essere considerate tracce di questo passaggio attraverso la trasmissione ereditaria e familiare.
Ringrazio la Dottoressa Jaquelin Bickel che in un incontro a Firenze del 23/09/96 mi ha ascoltato e incoraggiato nelle mie ipotesi.
NOTE
(1) Psicologo-Psicoterapeuta, Logoterapeuta, Prof. a c. in Fisiopatologia della comunicazione - Scuola per Audiometristi ed Audioprotesisti - Facoltà di Medicina e Chirurgia - Università di Napoli "Federico II".
(2) R. LEAKEY, Le origini dell'umanità, Sansoni, Milano 1995, pag. 15.
(3) C. LEVI-STRAUSS, Quell'intenso profumo di donna, in "La Repubblica", 3/11/1995, pp.40-41.
(4) L'emisfero sinistro, in quasi tutti i destrimani ed in molti mancini tende a controllare funzioni logiche come la comprensione della parola, il linguaggio e la numerazione; L'emisfero destro si occupa invece dei rapporti spaziali e delle risposte emotive come per es. il riconoscimento dei colori. Le aree responsabili della comprensione delle parole udite e lette e della formazione del linguaggio sono situate all'interno di zone chiaramente definite nell'emisfero sinistro. La regione deputata alla comprensione (area di Wernicke) è prossima alla parte di corteccia che si occupa della percezione del suono. La regione deputata alla parola (area di Broca) è prossima alla regione motoria che controlla i muscoli usati per la fonazione.
(5) G.A. MILLER, Linguaggio e parola, Il Mulino, Bologna, 1983, pag. 57.
(6) La scrittura, altra forma di comunicazione, ha una storia di appena 6.000 anni. Secondo i documenti pervenutici i Sumeri furono i primi ad inventarla e ad utilizzarla ( Cfr. A. GAUR, A history of writing, The British Library, London 1987 e G. JEAN, L'ècriture mèmoire des hommes, Gallimard, Paris 1987 )
(7) Cfr. C. TEMPLE, Il nostro cervello, Laterza, Bari-Roma 1996, pp. 86-87.
(8) Secondo il linguista David Crystall il 75% delle lingue del mondo usa l'ordine SVO ( per es. L'italiano, l'inglese ) o l'ordine SOV. Un ulteriore 10-15% usa l'ordine VSO. D.CRYSTALL, Enciclopedia Cambridge delle Scienze del Linguaggio, Zanichelli 1994, pag. 98.
(9) Cfr. W.H. PERKINS, What is stuttering?, in "Journal of Speech and Hearing Disorders", 1990, 55, 370-382.
M.E.WINGATE, Opinion. Fluency, disfluency, disfluency and stuttering, in "Journal of Fluency Disorders", 1984, 17,163-168.
(10) Cfr. E.B.COOPER, The Cronic Perseverative Stuttering Syndrome: Incurable Stuttering, in "Journal of Fluency Disorders", 1987, 12, 381-388.
C. LEVY, Interiorised Stuttering: A group Therapy Approach in C.LEVY, Stuttering Therapy: Pratical Approach, Crom Helm, London1987.
(11) J. SCHEEHAN-M. SHEEHAN COSTLEY, 1977; K..K. Kidd, 1982; DSM IV, 1995.
(12) J. BICKEL, 1989; V. MASTRANGELI, 1967.
(13) R.F. CURLEE-W.H. PERKINS,1984.
(14) C. VAN RIPER, 1982.
(15) DSM IV, 1995.
(16) D.B. ROSENFIELD-H. GOODGLASS, 1980.
(17) E. DE NICOLA, Il linguaggio normale e patologico dell'età evolutiva, Verduci Editore, Roma 1987, pp. 48-57.
(18) F. MURRAY, La balbuzie, Omega, Torino 1994, pag. 169.
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