La relazione medico-paziente nel "Don Chisciotte" di Cervantesdi Marina Di PasqualeGli specchi dovrebbero riflettere prima di riflettere le immagini. (Jorge Luis Borges Se riflettiamo sulla natura dello sguardo bifronte di chi intraprende un percorso psicoanalitico, possiamo notare come, allinterno di questavventura individuale, siano presenti alcuni aspetti che ci rimandano al significato del mito di Orfeo, il cantore tracio che, dopo aver partecipato allimpresa degli Argonauti, tradì il patto stipulato con le divinità degli Inferi e si voltò indietro per osservare lamata Euridice prima di aver raggiunto la superficie della Terra. Orfeo non è soltanto colui che scende negli inferi ma è anche la figura dellartista che coltiva le muse, luomo che affronta il problema del limite e il rapporto che intercorre tra Eros e Thanatos. Limpossibilità di ripercorrere il passato che sta dietro le nostre spalle e che, a volte, riusciamo a percepire solo attraverso una insostenibile sensazione di pesantezza, può essere generata dalla modalità protettiva del non ricordo, oppure da unincapacità di dare un nome a percezioni che navigano solitarie nel mare di una memoria astenica. Il vojage psicoanalitico ha infatti come obiettivo la coscienza del ricordo e del significato dellesperienza, ovvero la possibilità di sentire i vari colori che la nostra psiche utilizza per dipingere tutte le rappresentazioni del mondo. La psicoanalisi, come il mito di Orfeo, è uno sguardo che oscilla tra amore e morte, un percorso lineare verso uninfuturizzazione che prende il posto della coazione a ripetere agita dalla pulsione di morte. Il processo trasformativo descritto da Bion, il cui nucleo fondamentale sta nella capacità della madre di assumere la funzione alfa vicaria trasmutando gli elementi beta grezzi in elementi alfa, più evoluti e digeribili, valutato allinterno della relazione medico-paziente, può essere considerato funzionante quando il paziente accetta linterpretazione fornita dal suo analista. Come afferma Strachey, uninterpretazione immediata non potrà mai produrre dei cambiamenti strutturali, in quanto essa è applicata ad un impulso messo in atto in quel momento dal paziente. Possiamo parlare di un cambiamento duraturo quando il materiale interpretato dallanalista riguarda unemozione che il paziente vive come unesperienza attuale, e continua ad essere valida fino a quando non subentrerà un altro enunciato dichiarativo che potrà essere giustificato o rifiutato. Linterpretazione, a differenza dellesperienza delirante primaria, può essere sostituita da altri significati che compaiono nel corso dellanalisi. Durante la terapia la possibilità di ampliare la coscienza attraverso un supporto esterno (lanalista), avviene quando i margini delle funzioni che fanno capo al processo di comprensione dellesperienza vengono ricuciti, lasciando ampio spazio a quella dimensione dellapparir del vero spodestata da quote onnipotenti con cui, alle volte, si valuta la realtà. Lo stesso analista, come sottolinea Balint, dovrà imparare a rinunciare completamente alla sua onnipotenza per riuscire stare con il paziente in una posizione egualitaria. Questo processo di de-potenziamento avviene quando il territorio di espansione del Sé viene bonificato da componenti infantili che condizionano il rapporto con laltro, e quando la stessa realtà, nella sua natura fenomenica, non si mostra così dolorosa fino a compromettere laccettazione della sua esistenza. Un esempio di fallimento della perdita dellonnipotenza è descritto in modo particolarmente interessante dallo spagnolo Miguel de Cervantes Saavedra, lautore del romanzo Don Chisciotte della Mancia, unopera scritta tra il 1598 e il 1604, che ancor oggi ci stupisce per la sua straordinaria attualità nel descrivere il mondo degli eroi e degli anti-eroi. Sin dalle premesse il romanzo di Cervantes sembra nato dallintenzione di riprodurre qualcosa di esistente, magari lontana nel tempo ma sicuramente presente nella memoria. Il primo intento dellautore del don Chisciotte, a quanto egli stesso dichiara nel Prologo, era quello di creare un romanzo dove fosse osservata la mimesi, limitazione della forma e dellespressione dellantica letteratura cavalleresca, intesa metafisicamente come principio di vita spirituale, di passione e di dolore, in grado sempre di realizzare quella bellezza in sé analogica e trascendentale in cui ciascuno sa leggere e rispecchiarsi con diletto, secondo la sua capacità del momento, la sua maturità, e in base alla propria intelligenza e al proprio giudizio. I requisiti romanzeschi scelti da Cervantes ci rimandano a una dimensione simil narcisistica, il cui intento sembra quello di duplicare qualcosa che già cè, manipolare le somiglianze fino al paradosso, riuscendo a divertire con i suoi artifici letterari costruiti in laboratorio. Questo aspetto, riflettendo sul personaggio don Chisciotte, appartiene a quella fase infantile dominata da unonnipotenza, che, nel romanzo dello scrittore spagnolo, sembra caratterizzare la psicologia del protagonista. Lo scrittore argentino Jorge Luis Borges, in un brano pubblicato allinterno del suo libro Altre inquisizioni, parla di segreto congedo nostalgico di Cervantes che si diletta a giocare con degli antidoti magici contro le sue finzioni. Se rileggiamo il Don Quijote facendo attenzione alle osservazioni scritte da Borges, possiamo considerare il don spagnolo come lalter ego infantile di Cervantes che si diverte a manipolare alchimie magiche alimentate da uno studio approfondito sulla letteratura cavalleresca. La stessa alterità, a partire dal suo fedele cavallo Ronzinante, un ossuto accompagnatore a quattro zampe trattato alla stregua di un purosangue di tutto rispetto, sembra solo una delle tante opportunità per alimentare un ideale erotico-eroico che lotta contro laccettazione dei limiti umani. Nel romanzo seicentesco il goffo cavaliere, sazio di abboffate letterarie dove si narrano le gesta dei cuor gentili, ha confuso la realtà con limmaginazione, mostrandosi come uno che ha consumato un pasto intellettuale che si è trasformato in un apprendimento indigesto. Una concezione guasta che produce deliri e allucinazioni; rappresentazioni da cui, o per follia o per delizia, non riesce a distanziarsi. Il suo massiccio processo proiettivo, che lo porterà a far coincidere le proprie interiorizzazioni dotte e bizzarre, crolla solo per pochi secondi: quando, ascoltando linterpretazione di un accompagnatore che lo seguirà durante il viaggio (Sancio Panza), sospetterà vagamente che la situazione in cui si trova non sia come gli appare. Ma il suo desiderio, certamente più forte della valutazione della realtà, simporrà nella sua mente facendo vincere continuamente i suoi fantasmi bellicosi. Leros-eroico di Don Quijote è alimentato dallamore nei confronti di una giovane fanciulla che forse ha visto solo per pochi minuti, ma che già dal nome (Dulcinea del Toboso) ci fa intuire la sua capacità di diventare il motore immobile delle imprese del don spagnolo. Ma oltre a questa domina misteriosa, che Cervantes tra le righe ci rimanda come creatura per niente stimabile, il nostro simpatico eroe, durante il suo viaggio, accoglie tra le sue grazie un contadino corpulento di nome Sancio Panza, che durante il bilancio delle diverse imprese gloriose si scontrerà sempre con le valutazioni del nostro buffo cavaliere. Sancio Panza: Ti giuro mio padrone che quella è unosteria, non ci sono nè fantasmi né uomini incantati ma persone in carne ed ossa come siamo noi, come sono tutti [É] Don Chisciotte: Sancio mio caro, io mi confermo nellopinione che quel castello fosse certamente incantato perché quelli non poteano essere altri che fantasmi o gente dellaltro mondo.Gli incantatori sono invisibili [É] Don Chisciotte: Oh chio minganno, o debbessere questa la più famosa avventura che siasi giammai veduta; perché da quel gruppo o mucchio nero che là si scorge, io arguisco che debbon esser incantatori i quali ne menano prigioniera qualche principessa in quel cocchio e io devo impedire sì gran torto [É] Sancio Panza: Guardi bene, questo è ben peggio dellavventura dei mulini a vento, quelli che vede, signore, sono frati dellOrdine di San Benedetto e quella sarà una carrozza di gente che viaggia al solito, badi bene a quello che dico, non si faccia prendere dal diavolo [É]
Questo dialogo tra la coscienza e lincoscienza, la realtà e la de-realtà, lo incontriamo alle volte allinterno di quellalleanza terapeutica che sistaura durante la situazione analitica. Werther: Mè costato fatica decidermi a togliermi di dosso il mio semplice frac turchino che avevo la prima volta quando ho ballato con Lotte, ma negli ultimi tempi era ridotto proprio indecente. Però me ne son fatto fare uno ugualeÉ Come afferma anche Littré: In vista di un appuntamento che mi esalta, io faccio accuratamente la mia toilette. Questa parola non ha solamente un significato di graziosità ma designa anche i preparativi ai quali viene sottoposto il condannato a morte prima di essere condotto al patibolo.
Il rito della vestizione contiene infatti quellimpasto di amore e morte che si mescola in modo interessante allinterno delle cerimonie delle tribù indigene che, per compiere i loro riti sacrificali, dipingono il loro volto con i colori della guerra. Nel romanzo di Cervantes, il rito preparatorio di don Chisciotte è descritto con la stessa meticolosità con cui il suo autore, pagina dopo pagina, ci delinea la follia del suo protagonista. Applicossi prima di tutto a far lucenti alcune arme delle quali si erano valsi i bisavoli suoi, e che di ruggine coperte giacevano dimenticate in un cantone [É] invece della celata con visiera, eravi solo un morione: ma supplì a ciò la sua industria facendo di un cartone una mezza celata, che unita al morione pigliò lapparenza di celata intera. Egli è vero che per metterne a prova la solidità trasse la spada e vi diede due colpi col primo dei quali in un primo momento solo, distrusse il lavoro che laveva tenuto occupato una settimana; ne gli andò allora a grado la facilità con cui la ridusse in pezzi [É].
Leroe di Cervantes deve salvare il mondo da giganti e fantasmi, imperativo che lo obbliga a lottare contro i vari oggetti persecutori che proietta allinterno dei paesi attraversati in sella al suo cavallo. Don Chisciotte:"Mi vuoi dire, caro Sancio, che dovrei tirarmi indietro, perchè il Male ed il Potere hanno un aspetto così tetro? Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità, farmi umile accettare che sia questa la realtà?" Amleto:Essere o non essere: questo è il problema; segli sia più nobile soffrire nellanimo le frombole e i dardi delloltraggiosa Fortuna, o prender armi contro un mare di guai e contrastandoli por fine ad essi. Morire, dormireÉnientaltro
Mentre don Chisciotte proietta tutte le sue indigestioni letterarie utilizzando il mondo esterno come contenitore dei suo fantasmi, lAmleto shakespeariano si limita solo ad introiettare le parole pronunciate dallo spettro del padre che lo supplica di vendicarlo. Amleto: Io la pugnalerò con le parole ma non con la mano: la mia lingua e la mia anima in questo siano ipocrite; comunque nelle mie parole ella sia ripresa, non consentir mai, anima mia, a metter loro il suggello [É] Madre di certo voi avete sentimento altrimenti non potreste avere impulsi; ma per certo quel sentimento è paralizzato [É] O Vergogna dovè il tuo rossore? Voi vivete nel fetido letto unto di grasso, crogiolata nella corruzione, dicendo parole melliflue e facendo allamore sul sudicio bragoÉ
Sia don Chisciotte che Amleto sono due anti-eroi, due uomini che vivono un destino perdente, ma alla staticità del principe di Danimarca si contrappone leros dinamico di don Chisciotte che non sceglie la follia come prigione ma come espressione di libertà. Don Chisciotte: Perdonami, amico, quelle occasioni che ti ho date di parer pazzo con me, facendoti cadere nellerrore in cui io era che vi fossero o vi sieno al mondo cavalieri erranti
Davanti a Sancio Panza, il valoroso cavaliere abbandona le vesti di Don Chisciotte della Mancia e ritorna ad essere quel che era: Alonso Chisciano, scapolo cinquantenne accudito da una serva e una nipote. Si spoglia di una corazza inesistente e si riprende della sua vera pelle.
Barthes, R., Frammenti di un discorso amoroso, Einaudi |