Riflessioni sul lavoro di Rebecca BassoLuca CaldironiSi può pensare all'uso del suono come strumento di passaggio dal linguaggio iconico della mente, linguaggio privato, ad un linguaggio che coinvolge aspetti intersoggettivi. Ma ancora di più si può affermare e qui i resoconti delle "sedute sciamaniche" sono eloquenti, che non solo la parola, nella sua compiutezza verbale che sappiamo determinante, ma anche tutto l'accompagnamento fatto di varie attività motorie,quali il tremore e le varie vocalità che trascendono il testo, sono componenti indispensabili della "musica dello sciamano". Possiamo affermare che lo sciamano "suona sé stesso" e "ri-suona" al contatto con il suo ambiente. Egli danza, lotta, ingaggia battaglie con gli "dei", esprime dunque stati affettivi ed emotivi interni e che coinvolgono il gruppo di appartenenza. Cerca di rimettere ritmo laddove questo appare turbato, dalla sciagura, dalla malattia, dalla ignoranza. Noi crediamo che a questo livello si svolga una comunicazione inconscia degli affetti, dove tra corpo e linguaggio s'intessono legami arcaici intrisi di senso-rialità olfattive, tattili, uditive, visive... Sappiamo infatti, come ci ricorda Di Benedetto citando Stern, che gli elementi melodici, ritmici e timbrici della parola sono tra i mezzi che più efficacemente concorrono a quella arcaica comunicazione somato-psichica, dai connotati prevalentemente "amodali", cioè intersensoriali. Quando nella prima infanzia viene stimolato dalla voce della madre un registro sonoro, si attivano anche registri olfattivi, tattili, cenestesici ecc., ovvero l'insieme delle sensazioni prodotte dalla vicinanza del corpo di lei (Stern,1985). Con la mediazione della vocalità si va insomma verso il corpo dell'altro e verso il "corpo della parola" (Barthes), ai punti di origine del linguaggio. Si torna nei luoghi germinali dello sviluppo psichico. (A. Di Benedetto, 2000) Uno stato che precede la differenziazione tra "fisico" e "mentale". Un sistema che contiene i precursori delle emozioni, in cui l'Io è ancora un Io-somatico. Non è qui il luogo dove approfondire il parallelismo che fa Meltzer tra il "sistema proto-mentale" di Bion e il concetto di "narcisismo primario" di Freud. Ci limiteremo ad osservare quanto lo sciamano, o meglio, quanto l'intera messa in atto della seduta sciamanica attraverso il suo robusto apparato rituale e culturale possa fare parte e si possa inserire in quel ipotetico "spazio vuoto" preposto alla formazione simbolica, (funzione-_). E' un linguaggio che parla direttamente al nostro corpo, che suggerisce una possibilità di discorso e che acquisisce senso attraverso un lavoro che viene condiviso dal gruppo; lo sciamano, la sua voce, il ritmo martellante del tamburo, i suoi vocalizzi, i mantra, il tutto fino alla fase del "tremore" che precede la trance in un crescendo di movimento. E' il corpo che si muove, entra quasi in fibrillazione sospinto dalle scosse muscolari che forzano alla stesso modo il muoversi del pensiero. E' come se i tremori del corpo eccitassero il pensiero a visitare aree della mente ancora non frequentate. Una sorta, se il paragone non è irriverente, di elettroshock fisiologico che possa, con la sua forza, scardinare le catene della paura, avvicinare il "terrore senza nome", anzi tentare di "nominarlo" reinserendolo in una trama melodica nella quale si articoli la capacità di simbolizzare. Nella seduta sciamanica quindi si vengono a creare le condizioni per poter udire ciò che non è visibile; le condizioni, inoltre, per dare forma e senso a ciò che è "sottile" e non ancora ben rappresentabile con la mente. Lo sciamano attraverso la musica della sua voce, la cassa di risonanza del tamburo, apre le porte al linguaggio delle emozioni, ristabilisce un flusso sonoro-emotivo, presta la sua voce ad aree della mente individuale e di gruppo. Attraverso questa drammatizzazione sociale polifonica si vengono a sciogliere le barriere tra "malattia" e "salute", tra "normale" e "posseduto", si viene a creare uno spazio di personificazione e di ritualizzazione che rompe il rapporto di alienazione del malato con il suo ordine sociale e cosmico.
Bolognini S., Il sogno cento anni dopo, Bollati Boringhieri, Torino 2000. |