Il sangue nei rituali sciamanicidi Davide Torri*"E li magi dicono: 'noi ti preghiamo che ttue li perdoni e prendi del suo sangue, sì che ttue ti ristori di quello che tti piace' ". (Marco Polo, Il Milione) Nei rituali che compaiono all'interno dei complessi magico-religiosi definibili come sciamanici(1), il sangue ricopre senz'ombra di dubbio un ruolo di notevole importanza, sia esso impiegato materialmente, sia che la sua presenza venga indicata da elementi sostitutivi, ma pur sempre ad esso riconducibili(2). Questa importanza è dovuta essenzialmente alla sostanziale ambivalenza, in ambito simbolico, di questo elemento, considerato ora 'puro' ora 'impuro' ed impiegato di conseguenza in rituali di diverso tipo(3), tanto da costituire una presenza costante ed irrinunciabile. Dovendo quindi prendere in esame il ruolo che questo elemento riveste all'interno dei contesti sciamanici, affronteremo l'argomento da tre differenti angoli di visuale: 1. In senso lato - ossia la questione della vocazione alla professione sciamanica. 2. In senso simbolico - il sangue versato in relazione alle visioni che accompagnano l'istruzione estatica. 3. In senso proprio - il suo impiego nei rituali esorcistico-terapeutici tramite la prassi del sacrificio cruento in rapporto ai concetti di malattia e spirito maligno. Reclutamento, Impurità ed iniziazione Due paiono essere i principali canali di reclutamento dei futuri sciamani, i quali, peraltro, non si escludono vicendevolmente: 1. Una trasmissione di poteri ereditaria, diretta od indiretta. 2. Una vocazione, o meglio una elezione spontanea, incoraggiata o imposta da entità di varia natura (divinità, spiriti, anime degli antenati o di sciamani defunti). Occorre infatti immediatamente precisare che , come scrive Eliade(4), "uno sciamano viene riconosciuto tale solo dopo aver ricevuto una doppia istruzione: 1) istruzione di ordine estatico (sogni, transe, ecc.) e 2) istruzione di ordine tradizionale (tecniche sciamaniche, nomi e funzioni degli spiriti, mitologia e genealogia del clan, linguaggio segreto, ecc.). Questa doppia istruzione, impartita dagli spiriti o dai vecchi maestri sciamani, equivale ad una iniziazione". Vi è dunque una vera e propria genealogia sciamanica che, almeno idealmente, tende a risalire ad uno sciamano 'primo iniziato' o ad una vera e propria divinità-sciamano, per linea diretta, sia maschile che femminile. Si stabilisce in questo modo una consanguineità mitica e, laddove il primo sciamano sia esso stesso divinità, sovrumana. Tutto ciò ben si conforma ad una struttura sociale in cui, pur all'interno del criterio di omogeneità che contraddistingue un gruppo, si attui una ulteriore diversificazione in clan, ognuno dei quali avrà per questo stesso fatto, al proprio interno, delle famiglie in cui si manifesti la vocazione, preposte quindi alla difesa magica del clan di appartenenza ed in posizione intermedia tra questa unità e le divinità claniche. Ciò è attestato in diverse tradizioni, e se in alcuni casi la trasmissione è diretta, ad es. di padre in figlio o di madre in figlia o di nonno in nipote, in altri non è ereditaria che simbolicamente, ad es. laddove ad istruire il candidato siano gli spiriti degli antenati(5). Ciò che qui ci preme sottolineare, tuttavia, è l'esistenza riconosciuta di particolari lignaggi per così dire predisposti alla professione sciamanica, in virtù di un legame di sangue che risale la storia fino alle sue fonti, per perdersi o trovarsi nel mito. In numerose occasioni, secondo molte tradizioni sciamaniche, è proprio il contatto con il sangue a scatenare la cosiddetta 'malattia iniziatica', ossia quel complesso di sintomi e fenomeni che, manifestandosi all'improvviso nella vita di un individuo, fanno sì che questi venga indicato e riconosciuto come un probabile futuro sciamano. Proprio l'impurità rituale connessa con il sangue, difatti, è in grado di provocare quel trauma che dà inizio al duplice processo iniziatico(6). A questo proposito, ricorderemo qui che uno sciamano Rong(7), raccontandoci le vicende che lo portarono a divenire ciò che era, ci narrò di come tutto fosse iniziato dal contatto con della carne cruda. Contatto che fu causa di perdite di coscienza accompagnate da apparizioni di spiriti di antenati che erano stati sciamani e che lo invitavano ad intraprendere il loro stesso cammino. La nozione di malattia comporta di per sé uno stato di sofferenza, che si presenta come una serie di possessioni incontrollate ed incontrollabili, stati allucinatori ed intense esperienze oniriche. Al termine di tale periodo di crisi, lo sciamano diviene personalità sacra e 'pura' al massimo grado, e ciò avviene in seguito all'ottenimento di un corpo simbolico, trasmutazione di quello precedente, che si visualizza e sperimenta tramite drammatiche visioni di smembramento e riassemblamento del corpo da parte di forze celesti ed infere(8). Seppur simbolicamente, si tratta di una vera e propria morte, seguita da resurrezione: passaggio da una condizione umana ad uno stato di sostanziale diversità. Per poter acquisire la potenza sciamanica, il candidato deve effettuare un viaggio nell'aldilà. Qui si trova a dover incontrare gli spiriti degli antenati, le divinità sciamaniche, le anime non pacificate e gli agenti del disordine e della malattia. Mentre gli antenati lo istruiscono e le divinità benevole lo trasformano in un essere extraumano, i demoni delle malattie si cibano del suo corpo e, durante questa fase, il suo sangue viene estratto e consumato. Proprio tramite questo sacrificio di sé lo sciamano otterrà la conoscenza delle terapie magiche atte a placare e a padroneggiare gli spiriti della malattia e della morte. Presso diverse culture, l'aspirante sciamano si ferisce ritualmente per causare la fuoriuscita di sangue o viene ferito da altri. In molti casi, riporta segni o cicatrici che testimoniano l'avvenuto passaggio di condizione(9). A questo punto, il futuro sciamano può iniziare un periodo di apprendistato presso uno sciamano riconosciuto, durante il quale impara a padroneggiare le tecniche musicali e coreutiche che caratterizzano la sua attività, le pratiche rituali ed il complesso patrimonio mitologico che sarà di volta in volta chiamato a far rivivere ed intervenire nelle vicende del gruppo di appartenenza. Dovendo indicare schematicamente i passi che conducono un individuo predisposto alla professione sciamanica, diremo che essi scaturiscono da un contatto con ciò che è impuro, quindi partecipa di quelle qualità del numinoso in grado di scatenare energie magicamente potenti che inizialmente travolgono l'essere umano, costringendolo ad affrontare un percorso terrificante che culmina con una doppia iniziazione. Le nozioni di 'puro' ed 'impuro' giocano un ruolo fondamentale nella professione sciamanica(10) e comportano una serie di comportamenti, di attenzioni ed espiazioni, che andranno rispettate nel modo più rigoroso possibile, pena la rottura dell'armonia del cosmo. Proprio da questo confronto con ciò che mette in discussione tale armonia, lo sciamano ottiene i suoi poteri e diviene in grado di intervenire laddove l'equilibrio sia minacciato. Il sangue può dare avvio a questo percorso, il sangue viene offerto agli spiriti, che se nutrono, il sangue fuoriesce dalle vittime dei sacrifici cruenti che sanciscono la sua iniziazione e che sarà chiamato a compiere nel corso del tempo. Il cibo dei demoni " Eat my flesh, Drink my blood, eat my bone. Chew my flesh, suck my blood "(11) (canto di un bombo tamang) Per le caratteristiche che gli sono proprie, per la varietà di simboli che è in grado di evocare e per la capacità di esprimere ad un tempo concetti di vita e di morte, il sangue è una delle sostanze magiche più usate. Come abbiamo accennato in precedenza, anche nei rituali connessi con lo sciamanismo esso viene largamente impiegato. Riprendendo una delle prime descrizioni di una seduta sciamanica, che dobbiamo a Marco Polo, possiamo rilevare l'importanza che l'atto del versare il sangue riveste in questo tipo di rituali: "(...) e quando elli ànno alcuno malato, mandano per loro magi e incantatori di diavoli. E quando sono venuti al malato, ed egli gli à contato lo male, eglino suonano loro stromenti, e cantano e ballano; quando ànno ballato un poco e l'uno di questi magi cade in terra co la schiuma a la bocca e tramortisce, e 'l diavolo gli è ricoverato in corpo. E così sta che pare morto grande pezza, e gli altri magi dimandano questo tramortito de la 'nfermità del malato e perch'egli à ciòe. Quelli risponde ch'egli à questo però che fece spiacere a 'lcuno < spirito >. E li magi dicono: 'noi ti preghiamo che ttue li perdoni e prendi del suo sangue, sì che ttue ti ristori di quello che tti piace'. (...) Se 'l malato dé guarire , dice lo spirito ch'è nel corpo del mago: 'togliete cotanti montoni dal capo nero, e cotali beveraggi molto cari, e fate sagrificio a cotale ispirito'. Quando li parenti del malato ànno udito ciò, fanno tutto ciòe che dice lo spirito, ché ucide gli montoni e versa lo sangue ove gli è detto, per sagrificio (12)". "Per essere acquetato - spiega Mastromattei - lo spirito vuole il sangue del malato: i maghi gliene offrono una parte, e questa sarà una offerta simbolica. La sostituzione del 'sangue', della vita del paziente con quella di una animale sacrificale è uno dei cardini del rituale sciamanico(13)". Il sangue si ottiene dunque mediante il sacrificio cruento di animali. La letteratura sull'argomento propone il sacrificio del cavallo come uno dei momenti più importanti della vita rituale dello sciamanismo classico, mentre nello sciamanismo himalayano ricorre frequentemente il sacrificio di bufali, capre, pesci e galli. Molto spesso, gli animali devono avere caratteristiche ben precise. Generalmente, nello sciamanismo himalayano, alle divinità benevole sono riservate offerte di fiori, nastri di stoffa, fiori e frutti, monete, incenso, mentre a quelle terrifiche ed ai demoni sono offerti gtor ma di cenere, carne e sangue di animali sacrificati(14). Spesso per evocarli vengono fatte risuonare trombe ricavate da femori umani o di leopardo. E' molto facile che, nello stesso rituale, vengano invocate entità di entrambi i tipi, così vengono predisposte offerte adatte ad accontentare gli uni e gli altri. Le divinità del mondo infero, gli spiriti dei morti, i demoni delle malattie, del resto, nelle ideologie sciamaniche sono sempre connessi con il sangue. Si veda quanto, in proposito, scrive Holmberg: "Le ombre volano attorno come mosche o corvi e causano problemi. Un'ombra pensa di non avere padre, né madre. Non ha cibo, così si aggira qua e là . Penetra all'interno delle persone e le fa ammalare. Allora devi chiamare un lambu o un bombo. Le ombre sviluppano abitudini. Se tu le nutri tutte le volte, continuano a tornare, causando sempre più problemi (15)". Questi 'agenti aggressivi', come li definisce Holmberg, 'penetrano nelle persone , mangiano la loro carne e minano le energie vitali. Non solo prendono senza dare, ma consumano l'antitesi del cibo umano, ossia la carne umana(16)'. E, aggiunge, sono perennemente insaziati. Essi abitano mondi che sono il riflesso oscuro del mondo intermedio, abitato dagli uomini, e costituiscono una società di forze pericolose e difficilmente controllabili, ritenute responsabili dell'irrompere della malattia e della disgrazia nella vita di ogni giorno. Comprendono vere e proprie divinità e corti di spiriti inferiori, ed anche le temibili anime non pacificate dei morti per cause innaturali, come atti di violenza e suicidio, o che non hanno ricevuto appropriati riti funebri. Nei canti sciamanici dei turchi sud-siberiani(17), i nove gradini dell'inferno che ospitano i figli di Arlik Qan, sono descritti con dovizia di particolari e negli attributi di questa oscura progenie il sangue ricorre sovente: Arka Solton, colui che porta il vaiolo e primogenito di Arlik, dimora in un 'nero lago (formato) dalle lacrime degli occhi / rosso lago (formato) dal sangue del petto(18)'; di Tamir Qan, il secondogenito, signore delle malattie interne, é detto 'tu che ti sazi di sangue umano / che ti nutri di carne umana / ( ... ) la vittima a te sacrificata è un toro bruno(19)'; in onore del terzo figlio, Yalbaq Tamir Yarindu, dicono gli sciamani 'sette volte versiamo infuso di carne(20)'; e ancora, Quaras Quam 'simile a frusta / che appari alto dal pino. / Tu con occhi di sangue (...)(21). E su tutti, il 'terribile, grande, crudele' Arlik Qan, signore di tutti i kormos, gli spiriti invisibili degli inferi, che dimora alla confluenza dei nove fiumi sotterranei e che riceve direttamente le anime degli animali sacrificati che lo sciamano a lui conduce, mentre nella yurta gli spettatori del rito consumano la carne ed il sangue del sacrificio, rappresentando 'gli spiriti invisibili che si saziano(22)'. Similmente, fra i Cukci gli spiriti, detti kelet, sono suddivisi in tre classi: gli spiriti che assistono gli sciamani, gli spiriti della morte e gli spiriti 'cannibali assetati di sangue(23)'. E fra i Rong del Sikkim, i mung(24) si mostrano ugualmente avidi di sangue umano(25). Essi, si ritiene, dimorano in particolari luoghi, attendendo che qualcuno si avvicini loro, per poter così "divorare la sua carne e succhiare il suo sangue(26) ". Il sacrificio, parte integrante ed essenziale dei rituali sciamanici, si prefigura così come il mezzo principale di difesa magica di cui la comunità dispone per far fronte agli attacchi di questi agenti della disarmonia. Esso è parte del repertorio pratico di azioni da intraprendere nelle situazioni più svariate, laddove si ritenga necessario l'intervento di uno sciamano. Tra i Rong, ad esempio, situazioni del genere si verificano spesso. Oltre al momento della malattia, che prenderemo in esame in seguito, vediamo infatti che sacrifici cruenti sono eseguiti nei giorni che seguono la nascita di un bambino. In questo caso, lo sciamano, dopo aver approntato un altare domestico, si premura di onorare le divinità del parto e del clan e, sacrificato un gallo, ne offre la carne ed il sangue ai mung, recitando la seguente preghiera: " Ai mung che dimorano sulle montagne, ai mung che vivono nell'oceano dei mung, voi tutti, mangiate questo, per favore. Ai mung delle montagne, a sap dok à mù mung che vive in alta montagna abbiamo offerto il burro. Mangia questo burro! Ai mung pronti a divorare la carne calda! Ai mung pronti a bere il sangue caldo! Questa è carne cerimoniale! Questo è sangue cerimoniale! Un pezzo di carne cerimoniale con un capello legato! Non causate ferite alla mano (del bambino) Sparite completamente...(27)". Similmente, al momento dell'inizio della costruzione di una nuova casa, un toro o una capra sono offerti ai mung, con la preghiera e la richiesta di non causare incidenti durante il lavoro, dato che "vi abbiamo dato queste offerte di carne, sangue e cì(28)". Sempre in relazione alla costruzione della casa, si esegue un altro sacrificio, atto a scacciare il temutissimo a ròt a fùng mung, responsabile di morte improvvisa e violenta e istigatore di suicidi. Il demone, che infesta la casa, è pregato di allontanarsi con la seguente preghiera: " a ròt a fùng mung che sei venuto ed ora sei seduto, che sei seduto sulla soglia, che sei seduto sulla parte più alta del tetto, che sei seduto nello spazio sotto le caverne, che sei seduto sull'ostacolo! Io ti ho dato adesso questo dono. Quando avrai bevuto il sangue rosso, quando avrai mangiato la carne rossa, va' via! Da oggi non causarmi problemi...(29)". Per quanto riguarda la malattia, invece, occorre precisare quanto già accennato in precedenza. E cioè che essa è concepita essenzialmente come la nefasta influenza di uno spirito; in pratica è ascritta ad un agente aggressivo, desideroso del sangue e della carne, ossia la vita, di una persona. E in questo caso che l'intervento sciamanico mirerà a operare il sacrificio come atto di sostituzione. Molto spesso, infatti, lo sciamano riesce a deviare la loro attenzione dalla vittima da loro scelta, obbligandoli od inducendoli ad accettare la carne ed il sangue di un animale sacrificale, operando così una vera e propria transazione con essi, scambiando la vittima del loro attacco con un sostituto sacrificale. E' questo il senso del mito del Pollo d'Oro, tra i Tamang del Nepal: in seguito alla creazione del mondo, il Pollo d'Oro, per sua natura immortale, vedendo che tutte le altre creature del cosmo soffrivano e morivano, "andò dal dio e disse: 'ho bisogno della morte'. - 'No - rispose il dio - io ti ho creato immortale e non posso darti la morte'. - 'Ci sarebbe una possibilità - insistette il pollo - c'è un ban jhankri. Se tu mi consegni a lui, potrà aiutare la gente, che soffre di tante malattie. Se vorrà offrirmi in sacrificio, io sarò a sua disposizione. Per il benessere degli uomini morrò per mano del ban jhankri. (...) La volontà del pollo d'oro fu rispettata e da allora gli jhankri offrono un gallo o una gallina in sacrificio(30) ". Viene così miticamente sancito il precedente in virtù del quale lo sciamano è in grado di operare quella sostituzione rituale tra la persona 'attaccata' dallo spirito della malattia ed un soggetto sacrificabile da offrire in sua vece. La descrizione di un rito, raccolta da Siiger a Kalimpong, è illuminante in tal senso: " Quando lo sciamano arriva, la famiglia gli chiede di descrivere quale spirito maligno abbia inflitto la malattia alla persona debilitata. Il bong thing(31) si siede e, nascondendosi il volto con le mani, pensa per un poco; quindi comincia a cantare e poco dopo cade in transe. Durante la transe gli è rivelato il nome del mung. Nel frattempo i membri della famiglia prendono parte attiva all'allestimento della cerimonia da eseguire. Alcuni preparano un altare presso il malato, e vi mettono sopra alcuni cho kong(32), figure rituali di riso decorato con pezzi di burro, due strutture cubiche di riso, e tre uova. Altri scelgono un toro adatto e lo conducono all'ingresso della casa. Legano il capo di una lunga corda al collo di questi, portando poi l'altro capo dentro la casa lo danno allo sciamano, che sta di fronte all'altare. Durante il seguito della cerimonia, egli lo regge fermamente con la mano sinistra. (...) il bong thing comincia con l'invocare gli dei, e poi pronuncia le seguenti parole: 'mi è stato rivelato che quest'uomo è travagliato dal tal demone. Adesso sacrificheremo al tal mung questo toro. (...) Poi il bong thing prende le tre uova e, avendole rotte con attenzione, ne versa i tuorli sopra un piatto di foglie. Ne esamina le superfici in cerca di chiazze o striature, dall'osservazione delle quali è in grado di interpretare il volere delle divinità. (...) Terminata questa parte della cerimonia, egli getta fuori la corda, lasciando libero il toro di andare dove vuole. Portando un canestro con gli abiti e gli stracci (della persona malata), i presenti seguono da presso il toro, studiando attentamente i suoi passi e la direzione che prende. Non appena questi si arresta, mettono a terra il canestro e uccidono il toro tagliandogli il collo con un'ascia. Quando il toro è morto, gli tagliano un orecchio e, sventrandolo, estraggono il cuore, il fegato e la milza, facendoli poi a pezzi. Piantati a terra sette bambù acuminati, vi infilzano sopra l'orecchio, lo zoccolo, e i pezzi di carne. Accanto ad ognuna di queste canne, sistemano a terra dei bassi e larghi cilindri di bambù, detti po thar e po tsum e vi versano il sangue del toro ucciso come libagione per i mung. Quindi il bong thing invita cerimonialmente i mung affinchè mangino la carne e bevano il sangue, ed affinchè accettino queste offerte in sostituzione della persona malata(33). Li invita poi ad abbandonarla, per mai più attaccare né lei, né alcun altro membro della famiglia(34)". Similmente, al termine di un rito in onore degli spiriti del clan, un impasto di riso, carne e sangue di un gallo rosso(35) sacrificato per l'occasione, veniva offerto agli spiriti dei morti, invitandoli ad accontentarsi di quello ed a non cercare per l'anno a venire prede tra i membri della famiglia, accompagnando l'offerta con le seguenti parole: " Mangiate questo cibo, non cercatene altro. Avete avuto la vostra parte di cibo, la vostra parte di gallo. Non siate avidi(36)". Altre volte, in occasione di malattie lievi, è sufficiente passare più e più volte, con lentezza, un gallo o una gallina lungo il corpo della persona malata, dalla testa ai piedi, per poi recarsi fuori del villaggio ed offrirle ai mung(37). Durante un altro rituale, cui abbiamo assistito lo scorso febbraio in Nepal, operato da un bombo tamang(38), il meccanismo di sostituzione si rivelava identico: un giovane, evidentemente afflitto da una malattia, reggeva tra le mani un gallo. Lo sciamano, danzando e suonando il tamburo, ora faceva piovere sul giovane chicchi di riso, ora puntava contro il capo di questi il manico del tamburo stesso, a forma di phur ba, ossia di pugnale rituale. Il gallo poi veniva sottoposto ad una serie di sollecitazioni di questo tipo: sul suo capo veniva poggiata una pallina di riso, che veniva poi bagnata con acqua. A seconda della reazione dell'animale, probabilmente in relazione al mito precedentemente riportato, si decideva di sacrificarlo. L'uccisione rituale avveniva al culmine di una fase coreutica e musicale che portava lo sciamano ed i suoi assistenti a fuoriuscire dall'abitazione, per tornarvi poi con l'animale ucciso, il cui sangue veniva fatto colare sulla soglia della casa. Del resto, la presenza stessa della carcassa scatenava reazioni incontrollate da parte dello sciamano, almeno finchè non venne opportunamente trattata. La parte di offerte destinate agli spiriti maligni venne poi portata appena fuori i confini del villaggio, dove hanno termine i campi coltivati. A volte, nel caso che i demoni non accettino l'offerta che viene loro proposta in cambio, lo sciamano li invita nel suo stesso corpo, per poi intrappolarli in quello del sostituto sacrificale: " Trattare col diabolico richiede una certa dose di inganno e mistificazione, oltre al potere. Molti bombo cominciano con l'invitare gli agenti aggressivi dal corpo di colui che richiede il rito al loro proprio: 'Dalla carne, dal sangue, dalle ossa va' via! Mangia la mia carne, bevi il mio sangue, mangia le mie ossa. Mastica la mia carne, succhia il mio sangue'. Una volta che gli agenti aggressivi sono nel loro corpo, i bombo li intrappolano nei corpi dei sostituti sacrificali, con ciò liberando gli umani dalle afflizioni della presa di quelli(39)". Del resto, il loro manifestarsi nel luogo della seduta avviene proprio tramite il corpo dello sciamano, mediante la possessione, indicata da tremore più o meno controllato(40). Il fatto che lo sciamano, spesso, nel corso di sedute terapeutiche inviti gli spiriti a nutrirsi del suo corpo e del suo sangue, ci riporta al legame che egli instaura con essi al momento dell'iniziazione: essi hanno già una volta consumato il suo corpo mortale, permettendogli così di ottenerne uno diverso(41). Egli è in grado, all'occorrenza, di estrarli forzatamente, come appare nella pratica della suzione del male. In questi casi, la malattia è rappresentata da un corpo estraneo che gli spiriti hanno introdotto nel corpo della persona malata, e che può essere visualizzato come una pietruzza, una punta di freccia, un insetto, una spina e via dicendo. Lo sciamano, letteralmente, succhia fuori questo oggetto, spesso, ma non sempre, facendo fuoriuscire del sangue842). Note: 1 Si veda la 'definizione operativa' riportata in Mastromattei, Romano, Tremore e potere, Roma, Franco Angeli, 1995, pagg. 27-28. In sintesi, definiremo sciamanici quei sistemi che presentino, da un punto di vista morfologico, una serie di tratti caratteristici ed essenziali di varia natura suddivisi in ulteriori sottogruppi: (a) Fattori geografici ed economico-sociali - nella fattispecie, un nesso organico con la vasta area asiatica centrale e centro-settentrionale; una economia legata ad attività di caccia e raccolta/allevamento ed agricoltura; una struttura sociale che si richiami ad una divisione in clan. (b) Tratti fenomenologici -un rapporto con la sfera della morte, con l'attività metallurgica e l'elemento igneo; una conoscenza approfondita del patrimonio mitologico del gruppo di appartenenza; un rapporto fondamentale con la musica; la presenza di stati alterati di coscienza, ossia 'uno specifico comportamento estatico' contestualizzato e nel rito e nella mitologia. (c) Connotazione ideologica - ossia una particolare visione cosmologica che inquadri il mondo ed i suoi abitanti in un sistema ordinato composto da piani differenti, ma tra loro comunicanti, esperibili ed accessibili allo sciamano tramite l'esperienza estatica. 2 È il caso, ad esempio, dell'ocra rossa. 3 Si veda in proposito Cazeneuve, Jean, Sociologie du rite, Paris, 1971 (ed.it. Milano, EST, 1974, 1996) pagg. 112 e seguenti. "Il sangue, nota Lévi-Bruhl, è concepito come un principio di forza e di vita; e non ci si stupirà di vedere che gioca lo stesso ruolo dell'acqua nei riti di purificazione. Si potrebbe d'altra parte aggiungere che ha una virtù rigeneratrice ( ... ) Il sangue versato volontariamente serve anche a simbolizzare l'individuo stesso da cui è estratto; ne è la quintessenza. ( ... ) In questi riti, come nelle purificazioni, il sangue è estratto volontariamente dalle vene. Non appare come impuro. Ma al contrario, come osserva sempre Lévi-Bruhl, quando esce dal corpo senza che lo si voglia, senza che si sia praticato il salasso...la cosa assume un aspetto del tutto diverso. " 4 Eliade Mircea, Le chamanisme et les techniques archaiques de l'extase, Payot, 1951. Ed. it. Roma, Mediterranee, 1974, pag. 31. 5 Cfr. Eliade, op. cit., pag 34. "Presso gli yakuti, scrive Sieroszewski, il dono dello sciamanismo non è ereditario. Però l'amagat ( segno, spirito protettore ) non svanisce dopo la morte dello sciamano ma tende a rincarnarsi in un altro membro della stessa famiglia". La concezione espressa è simile a quella in vigore tra i Rong o Lepcha, presso i quali si ritiene che alla morte di uno sciamano il potere di quest'ultimo si scinda dall'anima, e mentre quest'ultima segue i percorsi che la condurranno alla dimora delle anime dei defunti, il potere resti in attesa di manifestarsi in un discendente. Si veda in proposito la nostra Tesi di Laurea, Venezia 1999. Il nostro informatore, Norden T. Lepcha, sosteneva di aver conosciuto in spirito il proprio antenato sciamano, vissuto 'nove generazioni prima', e di aver ricevuto da lui il potere. L'ereditarietà, in questo caso, è palesemente simbolica, dato che un salto di nove generazioni colloca l'antenato in uno spazio ed in un tempo 'mitici'. 6 Ricorderemo qui che lo sciamano è colui che è doppiamente iniziato; una prima volta dagli spiriti, tramite sogni e visioni, e solo in seguito da un maestro umano. 7 Si tratta di Norden Tsering Lepcha. Si veda la nostra Tesi di Laurea, Cosmo e microcosmo nello sciamanismo lepcha, Venezia, 1999. 8 Si veda ad es. Eliade, op. cit., pag. 63, "lo sciamano tunguso Ivan Colko afferma che un futuro sciamano deve ammalarsi, che il suo corpo deve essere fatto a pezzi e il suo sangue bevuto dagli spiriti malvagi." 9 Iniziazioni e riti di passaggio sono quasi ovunque associati a periodi di isolamento e ad esperienze di sofferenza. E morte rituale. Cfr. Propp, Le Radici Storiche dei Racconti di Magia, Roma, Newton Compton, 1976, "E' la cosiddetta morte temporanea. La morte e la resurrezione sono il risultato di azioni raffiguranti la scomparsa del neofita inghiottito o divorato da un animale mostruoso. (...) Il rito era accompagnato da torture fisiche e mutilazioni. Un'altra forma di morte temporanea consisteva nel bruciare, cuocere, arrostire, tagliare a pezzi simbolicamente (...)" 10 Si veda, in proposito, l'apposito paragrafo nella nostra Tesi di Laurea, trattante questo motivo nella religione sciamanica tradizionale dei Rong o Lepcha . 11 "mangia la mia carne / bevi il mio sangue / mangia il mio osso. / mastica la mia carne / succhia il mio sangue ", parte di un canto sciamanico tamang, da Holmberg, David, Order in Paradox. Myth, Ritual and Exchange among Nepal's Tamang, Ithaca, Cornell University Press, 1989, pag. 163. Bombo è il termine con cui sono designati gli sciamani presso i Tamang del Nepal. 12 M. Polo, Il Milione, Milano 1982, già citato in Mastromattei, Tremore e Potere. 13 Mastromattei R., op. cit., pag. 32. 14 Si confronti quanto scritto in proposito da René de Nebeskj-Wojkowitz, Oracles and Demons of Tibet, Gratz, Akademische Druck, 1975, pag 343-344: "una sostanza usata come offerta per i dharmaphala terrifici, ma usata spesso anche nei rituali magici, è il sangue. In certi casi, quando il testo prescrive una offerta di sangue, questa viene eseguita solo simbolicamente, essendo la coppa riempita in realtà con qualche altro liquido, ad es. birra o acqua colorata di rosso. Tuttavia, per l'esecuzione di riti magici, deve essere usato sangue vero, ed i testi tibetani forniscono dettagliate informazioni riguardo ai tipi di sangue che dovrebbero essere usati. Per ciò che concerne il sangue umano, il sangue estratto da un cadavere o quello di persone che soffrano di pericolose, contagiose malattie, specie la lebbra, oppure il sangue mestruale di una vedova o di una prostituta, sono ritenuti estremamente efficaci. Per scrivere formule magiche, in certi casi è necessario usare il sangue che è rimasto su una spada, oppure quello di un uomo giovane e vigoroso ucciso in combattimento. Altri tipi di sangue menzionati nei precetti magici tibetani sono quello estratto dal cervello di un uomo morto folle, il sangue di un bambino di otto anni, ed il sangue di un bambino di otto anni frutto di una unione incestuosa. Anche il sangue di animali è usato sia come offerta sia come ingrediente nei riti dei maghi tibetani. I testi menzionano, per es., il sangue di cavalli neri o di cavalli che siano periti in un incidente, di cani grigi, cani folli, orsi neri, corvi, sangue di vacche morte di malattia, di polli, pecore, yak, lupi, capre e maiali. Le opere del Bon sostengono che per l'esecuzione di certi riti magici sia necessario 'il sangue di un mi rgod (lett. uomo selvaggio, lo Yeti degli Sherpa) che sia stato ucciso con un'arma da taglio o una freccia". (traduzione T.D.) 15 Holmberg, D., op.cit., pag. 125. 16 Holmberg, ibidem. 17 Vedi Marazzi, Ugo, Testi dello sciamanismo, Torino, UTET,pagg. 114 e seguenti. 18 Ibidem, pag. 115. 19 Ibidem, pag. 116. 20 Ibidem, pag. 117. 21 Ibidem, pag. 118. 22 Ibidem, pag. 63. 23 Halifax, Joan, Shaman. The Wounded Healer, London, 1982. Ed. it. Como, Red, 1990, pag. 107. 24 Gli 'spiriti malvagi'. 25 Cfr. il canto n° 22, riportato da Siiger, Halfadan, The Lepchas, Publications of the National Museum, Copenaghen, 1967, pag 146-47: " non mangiare la mia carne / non bere il mio sangue " 26 Siiger, ibidem, pag. 37. 27 Ibidem, pag. 124. 28 Ibidem, pag. 68. Cì:si tratta di una bevanda a base di miglio fermentato, fortemente alcolica. 29 Ibidem, pag. 70. 30 Mastromattei R., La Terra Reale, Roma, Valerio Levi Editore, 1988, pag. 90. Il mito è narrato da Sete Rumba. 31 Nome che indica una classe di sciamani tra i Rong. 32 Figure coniche di riso. Cfr. i gtor ma tibetani. 33 Corsivo nostro. 34 Siiger, op. cit., pagg.143-144. 35 Nel corso di questo rito, il gallo veniva assimilato alle montagne: ricorderemo, di passaggio, che nella cosmografia Rong ogni clan è associato ad una vetta himalayana. 36 Rito eseguito durante la mattina del 29.10.97 dal mun-bongthing N. T. Lepcha. Si veda, per una descrizione particolareggiata del rito, la nostra Tesi di Laurea. 37 Il 30.10.97 assistemmo ad un rito simile, dove al posto di un gallo, vi era semplicemente un uovo. 38 Si tratta di Sher Bahadur Lama. La seduta è stata filmata. 39 Holmberg, op. cit., pag. 163. 40 "Dobbiamo chiamare nel nostro corpo vayu, bir, masan, Bhairav, Ganesh, chiedendogli: chi sei tu? Chi sta causando questo problema a questo paziente? - Quando uno di loro entra nel nostro corpo, allora dobbiamo soddisfarlo. "Sete Rumba, sciamano tamang, citato da Mastromattei R., op. cit., pag. 81. 41 Cfr. Cazeneuve, pag. 212: 'il mago è lui stesso sostanza magica'. 42 A questo proposito, vorremo ricordare una pratica affine riscontrata tra i Rong: lo sciamano, invece di suggere fuori il male, lo cura soffiandolo via, e facendo colare sulla parte offesa parte della sua saliva. Ciò ci riporta al potere taumaturgico della saliva, non dissimile da quello del sangue, ma nel contempo profondamente diverso. Nel caso della suzione terapeutica, il male è estratto dal malato ed incorporato dallo sciamano; con il soffio invece, è il potere dello sciamano che viene chiamato fuori dal corpo ed inviato ad espellere il male. Sangue e saliva, comunque, sono accomunati dalla duplice valenza di entrambi, nel contempo, di contaminazione e purificazione. *Davide Torri mrtyu@iol.it |