(articolo tratto dal n. 5 della Rivista Areanalisi, 1989)
INTRODUZIONE
Ho già illustrato in altri scritti come il passaggio dai colloqui preliminari al gruppo di psicodramma costituisca per il bambino un vero e proprio "percorso" i cui segmenti segnano delle trasformazioni nell'elaborazione della domanda di analisi. Le forme del setting che caratterizzano questi passaggi (accoglimento della domanda dei genitori in presenza o in assenza del bambino, lo spazio individuale riservato a quest'ultimo nei primi incontri, l'ingresso nel gruppo di psicodramma) orientano i contenuti del discorso i cui sviluppi analitici dipenderanno in gran parte da questa prime rappresentazioni. E' come se, contemporaneamente agli effetti diacronici del racconto della storia del soggetto e dei suoi scacchi evolutivi, prendessero corpo gli effetti sincronici della narrazione sul bambino e del bambino: una specie di nascita simbolica, punto di approdo e di navigazione immaginaria verso i luoghi e i tempi più tempestosi della sua crescita. I bambini in età di latenza tendono per lo più a rappresentare anziché a ricordare ma è il "reale" della loro storia che permette all'analisi un punto di ancoraggio alla costruzione-ricostruzione della loro immagine inconscia del corpo, come una mappa geografica che segna i luoghi di fissazione e le traiettorie dello sviluppo. SEGNI L'inizio di un gruppo di psicodramma di bambini rappresenta per eccellenza lo spazio in cui emergono con evidenza alcuni segni che, per la loro varietà e complessità, cercherò di illustrare senza alcuna pretesa di esaustività. Prima però è importante definire il segno come un insieme di Significante e significato separato da una barra che rappresenta la rimozione del significato (S/s). Significante e significato si trovano in un rapporto "fluttuante" e non coincidono se non per alcuni punti di ancoraggio. Questa definizione, ripresa dalla teoria linguistica di De Saussure, è stata ulteriormente elaborata da J.Lacan per la clinica psicanalitica. Essa rivela una notevole utilità nel momento in cui, attraverso gli interventi dei terapeuti, esiste la possibilità di "destrutturare il segno" nei suoi componenti.
Tornerò su questo meccanismo dopo una breve rassegna di situazioni cliniche, che si riferiscono ai primi mesi di un gruppo di psicodramma di bambini di età fra i sei e i sette anni. Lo spegnere la luce, l'uso reale del telefono presente nella stanza, le caramelle e i giochi personali introdotti dai bambini potevano via via essere avvertiti come l'espressione della relazione con i terapeuti nei vari tentativi di lasciarli al buio, di comunicare con l'esterno per un aiuto o di nutrirsi autonomamente per astenersi dal contatto difficile e penoso. b) Questi brevi esempi servono per abbordare altri due temi importanti, la funzione del gruppo e la specificità del gioco psicodrammatico. Dal punto di vista dei segni si può notare che in un gruppo che si sta formando qualsiasi aspetto che sottolinei le differenze individuali viene vissuto inizialmente come un pericolo per l'integrità personale: compaiono comportamenti imitativi, una rigida distribuzione dei ruoli, molti giochi sono organizzati nel tentativo di escludere l'intervento dei terapeuti. L'appartenenza ai rispettivi sessi è regolata da battaglie intese generalmente a conquistare una presunta supremazia di un sesso rispetto all'altro. Questi effetti di gruppo sembrano servire prevalentemente come primi elementi che metterebbero ordine al caos iniziale sperimentato. Hanno dunque un valore di segno riconoscibile che crea un senso di appartenenza fondato sull'illusione della protezione da aspetti personali più dolorosi da far emergere.
Da parte dei terapeuti è importante, pur riconoscendo questi effetti di gruppo, dare spazio, nel loro ascolto, a quella parte del discorso dei bambini che rappresenta lo scacco del loro tentativo di creare un gruppo compatto che li difenda dalla castrazione immaginaria. L'accesso al gioco psicodrammatico è stato, per i bambini del gruppo sopracitato, un'esperienza che ha richiesto un lungo periodo di elaborazione dei discorsi e dei giochi spontanei, interrotti spesso da acting come difese massicce dall'emergenza di aspetti sintomatici personali. Nel periodo iniziale del gruppo i terapeuti erano semplicementi ignorati e tutte le loro sottolineature sembravano non avere nessuna presa sui bambini. Successivamente, quando i terapeuti cominciavano ad essere sentiti come presenze significative, i piccoli pazienti avevano organizzato un gioco collettivo in cui i due psicodrammatisti erano i lupi da cui bisognava attivamente difendersi.
Una volta attivati però, questi giochi collettivi non erano sufficienti a soddisfare esigenze più profonde di ciascun bambino, che lentamente e con modalità diverse si distaccava da questo gioco, grazie anche alle osservazioni sugli stili personali di partecipazione che i terapeuti cercavano di mettere in evidenza.
Mi sono servito di questi accenni ad una breve "tranche" iniziale di psicodramma di bambini per far rilevare le modalità di interpretazione del gioco spontaneo e alcune forme dell'agire infantile, come un "sistema di segni". Questo spazio viene riorganizzato dai bambini con una ricerca di nuove relazioni, attraverso la riproposizione di modalità personali regressive delle sue precedenti relazioni. I legami sociali che si instaurano creano così una configurazione di segni, che, per le caratteristiche descritte, formano una specie di "scrittura", che si riferisce alle immagini corporee parziali, prime "iscrizioni" significanti della relazione madre-bambino.
All'inizio del gruppo e in molti altri momenti della terapia è il corpo che parla, come se, accanto ad espressioni verbali importanti per l'ascolto del terapeuta, il bambino dovesse recuperare un linguaggio primario in cui le rappresentazioni di cosa non fossero sufficientemente distinte dalle rappresentazioni di parola. DISEGNI
I disegni che i bambini eseguono durante le sedute costituiscono un aspetto importante del passaggio dal segno al significante.
Il disegno dunque può rappresentare un ponte tra l'esigenza sopra descritta di costruire delle reti di segni e l'apertura di significanti personali che lasciano lo spazio all'emergenza di un interrogativo. Per questa caratteristica si può paragonare il sogno al disegno in questo meccanismo descritto da Freud (1899) e da lui denominato "La considerazione della raffigurabilità": "Nonostante questa multilateralità (dell'interpretazione di ogni singolo elemento del sogno n.d.r), è lecito dire che la raffigurazione del lavoro onirico, che non si propone certo di essere compresa, non presenta al traduttore difficoltà maggiori di quelle offerte ai loro lettori dagli antichi scrittori di geroglifici." Se la raffigurazione è un "linguaggio" che permette la rappresentazione di pensieri o di nessi tra pensieri, la traduzione però non può essere un semplice meccanismo di ricostruzione di questi nessi, ma passa attraverso l'emergenza di un discorso ( narrazioni e racconti ), di ciò che il soggetto può dire di queste raffigurazioni.Come ho sottolineato precedentemente, il disegno può assumere una connotazione di "scrittura", che è l'antecedente, composto di spostamenti e di condensazioni, della significazione che viene prodotta dall'interpretazione del suo contenuto manifesto. Vale a dire che al disegno possiamo attribuire l'accezione di progetto (projectum), una trama che serve non a rappresentare direttamente i fantasmi del bambino, ma a tratteggiarne gli elementi costituenti in via di una sua ricostruzione. Lo scenario del fantasma non è rappresentato dal contenuto manifesto, ma da una serie discreta di elementi tratti dal discorso del bambino, in rapporto anche agli elementi del disegno.Sarà dunque la punteggiatura, lo spazio vuoto, le relazioni tra i personaggi o parti di essi, ciò che manca al disegno come prodotto finito a farsi interrogare. Anche il disegno subisce un'evoluzione che tende inevitabilmente nella sua successione grafica a riproporre degli elementi comuni ed insistenti, paragonabili alle "rappresentazioni finalizzate" di cui parlava Freud.
Molto interessante a questo proposito il concetto di rappresentazione dell'oggetto primario descritto da Balconi e Del Carlo Giannini(1988). Su questo terreno Lacan si è spinto oltre questo scambio immaginario, già di notevole portata nella comprensione delle psicosi infantili, introducendo il concetto di rappresentanza delle rappresentazioni (Vorstellungrepräsentanz): non esiste soltanto un aspetto analogico dell'oggetto rappresentato con l'oggetto reale assente, attraverso la formazione di simboli "selezionati", ma anche un elemento "organizzatore", portatore e architetto dello scenario del fantasma, poiché da esso si origina una catena associativa significante. Questo meccanismo lo si nota bene nel rapporto tra racconto, anche di un disegno, e gioco psicodrammatico, dove lo scarto tra i due fa emergere delle parole-chiave che originano un'Altra scena. Esiste però una peculiarità del disegno e delle attività non verbali del bambino in seduta, che possiamo descrivere riferendoci al concetto di immagine inconscia del corpo, desunta dalla teorizzazione che ne ha fatta F.Dolto (1984): "... L'immagine del corpo è la sintesi vivente delle nostre esperienze emozionali interumane, ripetitivamente vissute attraverso le sensazioni erogene elettive, arcaiche o attuali. Può essere considerata come l'incarnazione simbolica inconscia del soggetto desiderante e questo, ancor prima che l'individuo in questione sia capace di designarsi con il prenome personale "Je" (Io), sappia dire "Je" ... "L'immagine inconscia del corpo si distingue dallo schema corporeo, non solo in quanto inconscia ma perché non è indipendente dal linguaggio. L'immagine del corpo,attraverso il disegno ad esempio, ripropone la modalità con la quale il bambino entra in rapporto di linguaggio con l'adulto, attraverso un aspetto prevalentemente proiettivo. In questo modo l'immagine del corpo si aggancia alla parola come rappresentante della rappresentazione, che indica il punto di fissazione del problema del bambino e lo fa nascere come soggetto desiderante. CONSIDERAZIONI FINALI
Come afferma S.Gaudé (1988) "lo psicodrammatista è dalla parte dell'atto, non del sapere", così si può introdurre la funzione analitica che maggiormente gioca nello sviluppo della cura di bambini con lo psicodramma. Per ciascuno di loro la partecipazione al gruppo fa parte di un processo che, partendo da una situazione inizialmente confusa dovuta all'eterotopia del setting, permette successivamente ad ognuno di differenziarsi in una comunità di pari. Sta agli psicodrammatisti accompagnare i bambini in questo processo lento e difficile, permettendo loro, attraverso interventi e sottolineature, di ricostruire il proprio scenario interno.
Infine, una rilevanza particolare assume l'osservatore nello psicodramma di bambini, il quale non solo termina provvisoriamente la seduta con la parola che ritualizza e scandisce la separazione, ma che, mediante la stessa parola, cerca di "metaforizzare" ciò che stato ascoltato dei discorsi e dei giochi come mancante, precario, assente. Utilizza insomma quella funzione di rilancio rappresentata dall'osservazione come rinuncia alla consumazione della seduta come oggetto finito, che apra alla possibilità di un lutto e che renda possibili le rappresentazioni dell'oggetto "perduto". BIBLIOGRAFIA S.FREUD (1899) "L'interpretazione dei sogni" Cap.VI, par.D in Opera Omnia, vol.III Ed. Boringhieri, Torino 1967
M.BALCONI G.DEL CARLO GIANNINI (1987) "Il disegno e la psicoanalisi infantile" Ed.R.Cortina,Milano 1987 F. DOLTO (1984) "L'image incosciente du corps" Ed.du Seuil, Paris 1984
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