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| PSYCHOMEDIA Telematic Review
 | Sezione: SCIENZE E PENSIERO Area: Sociologia
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 La costruzione della memoria: tra fascinazione, neuroscienze, psicoanalisi, e societàdi Giovanni Cozzolino e Sabrina Ulivi
 
 
 Da Freud in poi, ma in modo particolare in questi ultimi anni,  moltissimi  ricercatori  si sono  interessati,  perdendosi nella fascinazione dell'argomento,  a questo processo  composito  tra psichicità, fisicità, ambiente, e socializzazione tentando di suddividere, scomporre, analizzare   in  modo cognitivista  o in altri modi   i processi della memoria.
 Lo studio interdisciplinare dei processi che conducono alla costruzione dei registri  mnestici  ha rappresentato , e tuttora rappresenta  un tema fertile,  ed un universo  ancora  massimamente sconosciuto nel quale l'indagine scientifica  deve  essere  assolutamente  multidisciplinare  per  giungere  a risultati o ad ipotesi di risultati.
 L'approccio con il quale  ci si può avvicinare a questo campo di indagine  deve  necessariamente, onde evitare  di perdersi nel mare magnum  delle speculazioni, iniziare  su base  neuro-biologica.
 Quindi partendo dal concetto generale di  "neurone"  qualsiasi ipotesi  è possibile.
 Il Neurone  è inteso, secondo la descrizione neurobiologica  come : " ... la cellula  che compone  unitamente  alle cellule gliali  il tessuto nervoso . Grazie  alle sue  peculiari  proprietà  fisiologiche  è in  grado  di ricevere , integrare  e trasmettere  impulsi nervosi..." definito così Sic et simpliciter  la spiegazione non  dice molto sulle  immense potenzialità e funzione  che questo tipo di cellula è in grado di  produrre e che di fatto produce. Nell'ottica  del  processo di memoria  il neurone si deve considerare come l'unita  di memoria    primaria  che, mediante  modificazioni  funzionali  condiziona l'apprendimento. Il meccanismo quindi della costruzione della memoria ha come mattone costituente il neurone.
 Il cervello dunque nella  suddivisione delle sue aree  è la sede  costruttiva  dei registri mnestici attraverso (secondo  J. Fuster )  una  evoluzione  lineare  che ha reso  possibile  una  crescita  e una  sempre  più  complessa  specializzazione  delle aree del cervello.
 Le tesi che sono prese in considerazione  come possibili  genesi  di questi processi  sono due :
 
 1) tesi  :  frequenza degli eventi .
 Gli  "eventi"  intesi  come produttori/portatori di  capacità  "vibrazionali" . Quindi frequenze  Hetrziane che  producono  alterazioni  a livello fisio-neurologico. La possibilità reale che un qualsiasi evento sia portatore direttamente o indirettamente di  questa capacità e che essa induca o inneschi il processo di cambiamento del neurone.
 Non esistono prove fisiche al momento che tale proprietà sia  comune a tutti gli eventi fisici o puramente psichici, ma considerando che esiste  già una difficoltà  nel definire una netta linea di confine tra  le tipologie  degli eventi (quale è puramente psichico, e quale di altro genere) la proprietà vibrazionale  degli stessi  sarebbe solo ipotizzabile e livello indiziario.
 Una prova non a scrivibile alla scienza  ufficiale sarebbe quella  prodotta  dagli effetti  evidenziati dalla macchina  Kirlian , anche se dibattuto, il fenomeno in oggetto è  evidente e reale indipendentemente dalla sua  causa.
 Ma, al di la di queste speculazioni sul limite  della scienza  riconosciuta , la possibilità/capacità di eventi, i più vari,  a generare una qualche energia interagente con il sistema neuronale  deve essere preso in considerazione allo scopo di  spiegare il reale cambiamento della fisiologia dei neuroni (già evidenziata e ipotizzata  da Freud)
 Il cambiamento in oggetto, scientificamente provato ormai da decenni , produce  una risposta neuro-bio-chimica all'interno delle aree celebrali.
 
2) tesi  : deformazione plastica.Deformazione/alterazione delle   erborizzazioni  neuronali  che  conservano  la forma acquisita attraverso tale processo e lo riproducono   al susseguirsi  di un  accadimento  simile o uguale. La deformazione avverrebbe con due modalità distinte: una alterazione strutturale delle erborizzazioni  definirebbe una deformazione profonda e definitiva, che produrrebbe  un registro di memoria a lungo termine ( M.L.T.) ; viceversa una  alterazione/deformazione temporanea e superficiale determinerebbe  un registro di memoria a breve termine (M.B.T.)
 L'informazione viene pertanto  "scritta"  da una modifica  strutturale  e funzionale  delle cellule .
 L'interrogativo che sorge spontaneo è :  ma lo stesso  neurone  può essere deformato o alterato in modo strutturale  e quindi trattenendo  in se questa nuova forma  che lo determina   producendo così un registro a lungo termine, o, viceversa, lo stesso neurone può contenere  sia una deformazione  superficiale  retrograda  e quindi un registro di breve termine e contemporaneamente  avere  anche la possibilità plastica  di contenerne  anche una  alterazione strutturale  adita  a conservare un  registro  di lungo termine ?
 Le risposte possono essere di vario genere in base alle conoscenze finora raggiunte, si può ipotizzare, secondo il modello di Atkinson & Shiffrin  (1971) che l'immagazinamento delle informazioni  nell'archivio della memoria  a lungo termine deve passare attraverso la memoria  a breve termine o memoria operativa, come sistema  che permette  la selezione  delle informazioni  e il loro passaggio  nella memoria  a lungo termine. Il sistema sarebbe quindi in serie.
 Ma questo modello non chiarisce  se è  lo stesso neurone a cambiare aspetto da una deformazione superficiale ad una strutturale, né  quale sia il meccanismo scatenante che determina il cambiamento o la selezione.
 Tuttavia esistono  altri modelli  che si defiscono  come sistema "parallelo" in cui il processo di cambiamento neuronale  esiste come direttamente  strutturale e quindi senza passare  nella memoria a breve termine (Vallard 1983) .
 Altro modello ipotizzabile è quello sistemico di gran lunga  il più complesso. Tale modello ascritto a vari ricercatori prevede che una rete di neuroni (due o più), diano la possibilità ad un imput esterno di  venire recepito e suddiviso o semplicemente smistato  interamente  o in parte  in più celle neuronali  che conterrebbero, a seconda la combinazione  eccitata,  registri di genere lungo temporali e registri  breve temporali.
 
Una delle ipotesi che potrebbe essere presa in considerazione è che :  la capacità del singolo neurone definito per comodità  U.M. (Unità di Memoria),  di alterarsi in modo profondo e strutturale o, in modo superficiale e temporaneo sia imputabile, nell'immediato,  alla tipologia dell'imput. Seguendo questo principio,  unitamente agli studi compiuti da Mancia (1981), nella prima infanzia il bambino è in rapporto  diretto con l'ambiente in cui nasce  di cui fa parte la madre  come fornitrice  dei primi imput relazionali affettivi e che, determinano la costruzione della c.d. "memoria emotiva o affettiva", forza in grado di alterare  strutturalmente un neurone in modo da  rendere  l'evento affettivo-relazionale  impresso profondamente nei  primi registri di memoria.
 E' probabile che questo processo riguardi anche gli ultimi giorni , settimane della vita gestazionale in cui il feto vive strettamente ed interamente in relazione biologica con la madre.
 Per cui a livello neuronale le alterazioni dei  nascenti registri di memoria  sono connessi con i ritmi  cardiaci della madre  con i suoi ritmi respiratori, con le sue dinamiche metaboliche.
 Appare  quasi scontato che una tensione ansiogena da parte della madre  possa comportare alterazioni a livello di memoria inconscia che in parte  si lega poi  alle qualità carattereriali-personologiche del soggetto. Su questo, altri fenomeni e altri fattori  possono interagire, ma se, in percentuale, questi processi non vengono turbati  le caratteristiche legate  a questa memoria inconscia  saranno difficilmente o impossibilmente  alterabili anche con procedimenti di tipo analitico.
 Il tipo di imput quindi, in questa prima fase  della posta in essere  dei registri mnestici, è quasi certamente  di carattere  ritmico ergo  il fondamento è riconducibile alla frequenza Hertziana  che contraddistingue qualsiasi suono udibile/percepibile  entro una precisa gamma( 33 / 16.000 Hz.) .
 Mancia parla :   "...di costanza ritmica e musicalità.." intorno al la quale si andrebbero a costruire  le prime rappresentazioni  del bambino.
 I psicolinguisti, tra i primi  sono quelli che attribuiscono particolare importanza  alla voce materna  nel periodo della vita intrauterina ovviamente  non per il significato simbolico delle parole ma per  il loro aspetto  di frequenza ritmica che induce o no  un imput  a livello fetale.
 Ricercatori come Michnick Golinkoff & Hirsh-Pasek  (1999) hanno posto l'accento  sui riscontri fisici che  la teoria della frequenza ritmica  ha sui registri di memoria  primari e sulla capacità di questi di  ripescare, da detti  registri, l'informazione  rispondendo con alterazioni del ritmo cardiaco, ritmo della suzione, variazione del  vagito ecc. a questa tipologia di imput.
 Questi risultati  condurrebbero alla prima tesi secondo la quale eventi possiedono  realtà vibrazionali  generali che  agiscono come agisce la voce materna in modo  di variare la struttura  neuronale  in modi vari e molteplici.
 Sarebbe dunque anche lo stesso neurone ad essere interessato  alle varie tipologie  di imput  per cui la sua capacità plastica  darebbe una presso che immensa capacità conscia o inconscia di recepire  U.M.e quindi unità di informazioni.
 Calcolando le possibilità di alterazione plastica di ogni singolo neurone per il numero degli stessi,  più le erborizzazione neuronali  ne scaturirebbe  un numero assolutamente impressionante tendente all'infinito.
 Ciò forse  chiarirebbe in parte (minima parte) il meccanismo  della costruzione della memoria sia essa a lungo o a breve tempo, restando aperti altri campi  come  il livello di massima espansione della stessa e la capacità sistemica  di costruire poi,  con  tutto questo,  realtà di immensa complessità  come  "il pensiero".
 Le aree del cervello che sono deputate alla conservazione delle unità di memoria, secondo informazioni prodotte dalle ricerche che  per tutto il 900' e i primi anni del 2000   sono state condotte su soggetti cerebrolesi, riguardano la corteccia prefrontale,  e i neuroni della corteccia  temporale inferiore  (Miller  1993 Fuster 1999) che comprende l'ipocampo e l'amigdala, più che altro queste aree  controllerebbero l'elaborazione dell'informazione perché  poi essa posa essere depositata  permanentemente  in varie  aree della corteccia  associativa come memoria a lungo termine.
 Lo scenario, quindi, che si configura è quello di un centro di elaborazione bio-neuro chimico, il quale rende possibile la persistenza della traccia mestica in varie aree.
 Per rendere possibile questo passaggio occorre che  ci sia un meccanismo sopra ordinato che possa dare il via alla fissazione di una frequenza  in una combinazione  molecolare o proteica la quale permane silente sino a che  la stessa frequenza  non venga nuovamente  registrata , captata dall'esterno  come un imput.
 In questo caso entra in essere il meccanismo del "ricordo" e, l'informazione  viene riportata in "superficie".
 Esempi  di casi clinici sembrano confermare questa ipotesi almeno per quanto riguarda la localizzazione  delle aree deputate alla selezione  delle unità mestiche.
 Per quanto attiene  alla conservazione  secondo alcuni (Pribram 1969)  "si considera la memoria  come un fenomeno olistico  che può riguardare  tutte le aree corticali  associative  dei due emisferi..." appare, dagli studi compiuti da Warrington & Weiskrantz  (1974) e susseguentemente da Schacter  (1996),  che le strutture  coinvolte  sia nel riconoscimento che nella conservazione della memoria  siano compartimentalizzate  e quindi  suddivise per funzioni anche se  la visione  olistica  dei registri di memoria  permane come predominante.
 Il problema , tuttavia  della organizzazione e recupero  della memoria  definita "esplicita" ed  "implicita"  è ancora aperto.
 
 
L'impriting  della  biologia molecolare  
Lo studio pilota in questo campo è stato condotto da Stephen  Rose (1992)  su alcuni pulcini. Nella ricerca si metteva in luce una memoria genetica  affidata al D.N.A.  dei cromosomi , che  permettevano  la trasmissione di informazioni "innate"  atte alla conservazione della specie.L'autore ha dimostrato che durante questo apprendimento il cervello  va incontro a delle alterazioni  biochimiche  che riguardano  l'acido  ribonucleico R.N.A.  che è implicato nella sintesi proteica, per cui,  tornando alla ipotesi  descritta  precedentemente sarebbe la sintesi  proteica  allora a divenire importante  per la formazione  di nuove proteine e quindi delle nuove sinapsi  responsabili di nuove reti  e di nuovi circuiti.
 A livello umano le cose si ampliano notevolmente rimenando però uguali,  nella sostanzialità del processo.
 Kandel  ha ipotizzato (probabilmente centrando l'obbiettivo) che gli stimoli provenienti  dall'ambiente, in senso generale, possano modificare  stabilmente  la funzione dei geni.
 Seguendo questa logica il quesito che ci si pone a livello umano, è :
 Il contesto sociale, ambientale, relazionale che parte ha o può avere, e come può agire? E ancora : Nel contesto umano la "parola" , o come anticamente si definiva  il verbo come può intervenire ?
 La parola può modificare  la funzione dei geni ?
 Freud  partì nel 1885  con una idea di base :  che la memoria fosse  la caratteristica fondamentale  del sistema nervoso  intesa come "...facoltà  di subire  alterazione  permanente  in seguito ad un evento.." ed egli già  postulava che  i neuroni  in qualche modo conservassero traccia  delle energie in essi fluite.
 Per contro ipotizzava anche che  mantenessero  immutate le  condizioni  di ricettività originaria, in modo da poter  realizzare di volta in volta un nuovo processo alterativo. Il dilemma  egli lo risolse sostenendo la presenza di due classi distinte di neuroni  definito  con le lettere greche  "ro" e  "psi" i primi, permeabili, che assorbono la percezione  e i secondi, impermeabili che invece presiedono  alle funzioni della memoria.
 Grosso modo egli aveva anticipato  i moderni ricercatori sulle aree deputate alla conservazione della traccia mestica e sulle aree deputate unicamente all'analisi  della traccia.
 Il quesito iniziale riguardante  la capacità della parola di influire sulla funzione dei geni (non sulla loro costituzione) darebbe una risposta  affermativa, si potrebbe quasi  definire un esercizio di  magia !
 Considerando che si è più condotti a pensare al valore simbolico della parola, quindi al suo significato rappresentativo e non alla sua capacità energetica, di influire  mediante energia dinamica (frequenza) sullo stato biochimico del neurone.
 Anche in questo caso le dimensioni da indagare  sono due : una puramente energetica/emotiva/vibrazionale ...l'altra simbolica,cognitiva indotta a porre in essere  un ricordo, una reazione comportamentale ecc.
 Il possibile punto di incontro tra le neuroscienze e altri scibili che con esse  interagiscono,  come la socioterapia, al  psicoanalisi, la sociologia, la psicologia sociale ecc. potrebbe essere rappresentato proprio da questa  sinergia  secondo la quale la formazione, l'esistenza, l'utilizzo, la variazione della memoria  abbia bisogno di questa miscelanea  per poter  essere/esistere come realtà oggettiva.
 Forse il concetto più sensato rispetto  a questa sinergia potrebbe essere  espresso  dal mosaico, nel quale ogni tessera  è legata all'altra e contemporaneamente ne dipende. La sola scomparsa di una di queste tessere  sarebbe sufficiente per invalidare l'intero insieme. Quella che viene quindi definita memoria  "implicita" la cui esistenza prevede la posta in essere di tutto il  complesso mosaico, è il punto di incontro tra le diverse discipline.
 La parola, l'ambiente sociale, la relazione, la comunicazione,  rappresentano quindi il "cemento" che tiene in piedi l'intero mosaico e con esso l'universo incredibilmente complesso della  memoria.
 Se la biologia molecolare  ha reso possibile la comprensione dei meccanismi impliciti della memoria come fenomeno, quello che lo genera, in un circuito infinito, sono l'insieme di queste realtà che confinano con il trascendente.
 La parola, nella dimensione umana è in grado, al di la del suo significato simbolico di determinare un cambiamento ed un processo di carattere fisico.
 Sempre secondo Kandel,  nella sua monumentale opera sulla memoria  (1998) i processi di memoria sarebbero da iscrivere all'interno di una cornice  biologica,  nella quale inserire i fenomeni psicologici, psicoterapeutici, analitici, oltre che quelli dell'apprendimento nei primi anni  della vita.
 Egli definisce  quindi in  cinque principi queste  deduzioni
 
* tutti i processi mentali normali e patologici derivano da operazioni del cervello;* i geni e le loro  espressioni  proteiche  determinano i pattern  di interconnessione  tra neuroni , quindi  una componente  della malattia  mentale è genetica;
 *  fattori relazionali e sociali esercitano un'azione sul cervello modificando stabilmente la funzione dei geni, cioè la loro espressione proteica che interessa  le sinapsi e quindi i circuiti  neuronali. Ne consegue che la "cultura"  può esprimersi  come "natura";
 * anomalie psichiche  indotte da situazioni  relazionali  e sociali possono  essere prodotte  attraverso  modificazioni  dell'espressione  genica delle proteine;
 * la psicoterapia può produrre cambiamenti a lungo termine del comportamento agendo sull'espressione  genica  delle proteine che modificano la struttura  e la potenza delle sinapsi neuronali .
 
Un principio  di grande interesse è quello relativo alla magia della parola che, come si affermava precedentemente, avrebbe il potere di alterare e cambiare l'espressione genica  delle proteine che modificano sia la struttura che la potenza  delle sinapsi  neuronali .l'ambiente sociale, quindi,  ha o avrebbe un peso determinante nell'intero processo formativo dei registri di memoria, conseguentemente nel processo dell'apprendimento,  e sostanzialmente,  in quello ben più vasto e complesso della formazione del "pensiero".
 Si possono facilmente intuire le implicazioni di questa realtà, secondo  Fraicis Collins ricercatore statunitense a capo del progetto H.U.G.O. (acronimo di Human Menome Organization ) il numero complessivo dei geni  non supererebbe le 25.000 unità, decisamente un numero molto piccolo, ci si aspettava che in D.N.A umano ne contenesse a centinaia  di migliaia ! Soprattutto molto piccolo rispetto a quello di una pianta  che ne contiene 28.000, o ai genomi  di un semplice verme (come il lombrico) che ne contiene 18.000.
 Vi è quindi da dedurre che, dato il numero molto limitato di geni,  tutto il resto si possa considerare "ambiente", cioè che la capacità di alterazione e modificazione dei geni  della nostra specie sia essenzialmente prodotta da energie e forze esterne alla dimensione genetica e ascrivibile all'universo ambientale.
 
Per quanto si possa condividere ampiamente questo paradigma di riferimento intuito e costruito da Kandel, a nostro parere tale visione,  per quanto validissima non tiene conto dell'aspetto "a mosaico" precedentemente espresso.E assolutamente vero il processo genico secondo il quale gli imput vanno ad agire su aspetti chimico molecolari, ma è altrettanto vero che essi retroagiscono, una volta posti in essere, per tutta la vita psichica  del soggetto, in una percorrenza ellissoidale in cui è impossibile definire il momento "T0" iniziale.
 
L'utilizzo di queste conoscenze in psicopedagogia e sociopedagogia
 
 L'apprendimento si può  quindi  identificare  come  modifiche  della struttura  nervosa  a partire  dal livello  sinaptico.
 Se consideriamo quanto precedentemente detto, dovremo ridefinire anche i processi educativi e di apprendimento nella prima infanzia alla luce di quanto questi studi ci possono permettere.
 Da sempre si è affermato, da più parti, l'importanza dell'ambiente, e si è potuto constatare che i ricercatori  hanno posto l'accento sul  livello dei processi genici quale importanza hanno e possono avere  le c.d. "dimensioni esterne".
 La memoria e i suoi modi di costruzione sono, per il bambino, il  primario progetto evolutivo, senza il quale non è possibile, nessun tipo di crescita armonica a livello sia psicologico che psico-fisico.
 Questo deve far  riflettere sulla strategica importanza, a livello sociale, degli equilibri che l'universo relazionale pone in essere nella prima infanzia.
 Da questo  tipo di considerazioni e di ricerche scaturisce  la capacità plastica e formativa, a livello mestico, che i protocolli socio-pedagogici posseggono nei primi tre/otto anni di vita  di un essere umano.
 Calcolando che nei primi 24/26 mesi  di vita il bambino sviluppa l'80% dell'intera massa celebrale  e le corrispettive  potenzialità, mentre  il rimanente  20% si va sviluppando tra i  26 mesi e il 12° anno di vita , la memoria a lungo termine  si va formando in questo primo periodo e con essa  le qualità personologiche, i tratti caratteriali, e i modelli relazionali elementari.
 Quello che avevamo definito come "fenomeno magico" appare in tutta la sua evidenza, forse dovremo riappropriarci di questo termine desueto e apparentemente lontano e blasfemo rispetto al nostro mondo scientifico, forse il termine Magia  dovrà essere accettato  in tutto il suo significato fascinoso e potente, come uno strumento di comprensione in più  rispetto alla nostro intimo essere , la memoria continuerà comunque a mantenere una certa qual  parte di  ignoto e di trascendente,
 ma è forse questo  il suo segreto  più grande...spingerci a capire sempre più, a memorizzare sempre più , e sempre in modo più approfondito, a costruire noi stessi  in modo sempre  più perfetto, del resto  tutte le religioni  ci raccontano da sempre che il nostro "cammino" ci  porta verso un qualcosa  che  è stato definito Dio.
 
BIBLIOGRAFIA  
1. M.Mancia - Memoria 2. Atkinson, R.C. Shifrin, R.M. (1971) il controllo della memoria a breve termine . Le Scienze, 39: 76-84
 3. Bion , W (1967) Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico, Roma Armando 1970
 4. Bonaccorsi, M (1980) La psicoterapia del bambino  organico Milano Emme Edizioni.
 5. Fuster J.M.  (1997) The Prefrontal Cortex Anatomy, Physiology, and Neuropsychology of the  Frontal lobe, Philadelphia - New-York : Lippincott-Raven
 6. Kandel E.R.  (1998) A New intellectual Framework for Psychiatry Am. J Psychiatry, 155: 457-469
 7. mancia ,M (1981) Onthe beginning of  mental  life  in the foetus  int. J Psychoanalisy
 8. Warrington , E.K. Weiskrantz, L. (1974) The effectof prior learning  on subsequet  retention  in amnesic patients  Neuropsychologia !2: 419-428
 9. Freud S. (1885) Progetto di una psicologia
 
 
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