Maurizio Mottola
Martedì 1 marzo 2011 si è svolto all’Ordine dei Medici di Napoli il convegno 'Rischio Clinico: Call for Good Practice'. A Bruno Zamparelli, direttore sanitario, attualmente allo staff dell’Assessorato alla Sanità della Regione Campania, tra i relatori del convegno, abbiamo posto alcune domande. - Di che cosa ha trattato nella sua relazione 'La gestione del rischio clinico: gli obiettivi'? La mia è stata la relazione introduttiva al tema del convegno incentrata sul come, dove e perché si è sviluppato il Clinical Risk Management. Il sistema nasce negli USA e si diffonde poi rapidamente in tutto il mondo civile trovando la sua più ampia applicazione nel Regno Unito, molto meno nel nostro Paese per la scarsa attenzione che a tutt’oggi gli viene riservata. E’ uno strumento potente di governance in grado di contribuire fortemente al miglioramento della qualità della nostra assistenza sanitaria. Ma può anche essere in grado di arginare la crescita della spesa sanitaria relativa ai costi assicurativi, problema questo che in taluni paesi condiziona seriamente la possibilità di dare assistenza. Negli USA i costi assicurativi impegnano il 20% della spesa sanitaria, lasciando libero il 14% per la qualità dell’assistenza ed il rimanente 66% per fornire l’assistenza vera e propria. In Italia i dati relativi ai costi assicurativi riferiscono un 1-2% della spesa sanitaria. Cosa accadrebbe alla nostra sanità se dovessero aumentare, anche senza arrivare ai livelli USA, i costi assicurativi? Inizierebbe la lenta agonia del nostro servizio sanitario. Ma attivare sistemi che siano in grado di ridurre gli errori in medicina è un atto dovuto nei confronti della collettività. I dati concernenti gli errori medici e le vittime di errore medico sono tali e di dimensioni tali da sembrare irreali, ma purtroppo testimoniati da indagini accurate che non lasciano spazi a dubbi di sorta. Si testimonia negli USA che essi rappresentino la 8^ causa di morte. In Italia indagini di Società assicurative, la cui attendibilità va verificata, testimoniano in un anno 320.000 errori con danno per il paziente e 15-50.000 decessi! Sono numeri da verificare, ma sono certamente impressionanti; al di là della loro attendibilità, va detto che sono dati epidemiologicamente in linea con quelli internazionali. Meritano perciò la massima attenzione. - A che punto è la Regione Campania, sia dal punto di vista normativo che dal punto di vista operativo, nella gestione del rischio clinico nei vari ambiti dell’assistenza sanitaria? La Campania è stata tra le prime Regioni ad attivare un sistema per la gestione del Rischio clinico. Ha prodotto un grande lavoro di formazione ed organizzato nelle aziende sanitarie team per la gestione del rischio clinico. La realizzazione di una rete regionale sta già producendo i primi risultati che fanno ben sperare - Come si può comportare il professionista (medico o chirurgo) in maniera virtuosa senza scadere nella “medicina difensiva” (cioè fatta per proteggersi da eventuali incriminazioni) da un lato e senza incorrere in possibili incriminazioni dall’altro? C’è a mio parere da chiarire il concetto di medicina difensiva che nella nostra realtà si traduce in un atteggiamento del medico a proteggersi ad ogni costo da eventuali fastidi giudiziari; spesso questa tendenza appare ancor più forte rispetto all’esigenza di buone cure al paziente. Le conseguenze pratiche sono rappresentate da una ingiustificata prescrizione di esami diagnostici e da un ricorso frequente al ricovero ospedaliero, il più delle volte inappropriato. La medicina difensiva deve, invece, percorrere la strada del “far bene le cose giuste”, seguire cioè linee guida, percorsi e procedure costruite sulla base delle maggiori evidenze scientifiche. In questo cammino il medico, forte delle sue competenze professionali, deve farsi accompagnare dalla sua esperienza, con una particolare attenzione a quelle che sono considerate le aree di specifico interesse del sistema Gestione del rischio clinico: la capacità di comunicare con gli altri, di lavorare in equipe, di dirigere delegando ma sempre vigilando, di porre attenzione alla qualità della documentazione clinica, al consenso informato. Il professionista che voglia comportarsi in maniera virtuosa, poi, deve accorgersi di eventuali errori nella pratica clinica, suoi e dei suoi colleghi, e deve segnalarli, consapevole che l’errore è una risorsa perché dall’errore è possibile imparare. |