Maurizio Mottola Domenica 10 luglio 2011 si è svolta al Club del Benessere di Napoli la conferenza Mente alfabetizzata, mente cibernetica, promossa dall'Associazione Psichiatri e Medici Psicoterapeuti. Tutti gli strumenti in quanto tali tendono ad essere delle potenti metafore che esercitano un influsso sulla mente; ciò vale sia nel caso dell'orologio, del motore, dell'autovettura, sia per la pagina coperta di segni alfabetici, sia per una serie di bytes. Attualmente la cibernetica è la metafora che sta diventando prevalente e si sta approfondendo il fenomeno dell'adattamento reciproco tra la metafora del computer ed un particolare stato mentale: lo spazio mentale occidentale -tipicamente europeo-, che per un migliaio di anni è stato plasmato dall'alfabeto e dal testo alfabetico come metafora dominante. La scienza classica è stata creata da persone che registravano per iscritto il suono delle parole con cui discutevano della natura. Non fu creata dai cinesi, che -per millenni- hanno tradotto graficamente delle astrazioni non sonore (gli ideogrammi). Gli scienziati naturali -fino a tempi recenti- sono stati anzitutto uomini di lettere. La scienza moderna è un prodotto della mente alfabetizzata, alla quale sta velocemente subentrando il modo "decorporizzato" di percezione, che corrisponde allo stato mentale interagente con il computer. Per la mente alfabetizzata un discorso è qualcosa che si pronuncia: dietro ad ogni espressione c'è qualcuno che dà significato a ciò che dice, riuscendo con difficoltà ad attribuire significato senza sentire come si incarna. Le parole che costituiscono una frase hanno la valenza di ramificazioni protese verso il vissuto dell'interlocutore. Per la mente cibernetica, le parole sono unità di informazione che vengono imbastite per convertirle in un messaggio. Ciò che conta è la loro consistenza oggettiva e la loro precisione denotativa, non le loro connotazioni soggettive. Si opera con nozioni astratte, programmando l'uso di dati. Emozioni e significati -in quanto suscitatori di ansietà e timori- vengono marginalizzati e gestiti e controllati quali ridondanze e rumore. Dalla mente alfabetizzata alla mente cibernetica si determina una trasformazione delle modalità di percezione. Da un io corporizzato, in cui le parole sorgono da una concreta corporeità vitale, dall'intreccio di sentimenti e significati che avvolgono tutto ciò che viene detto, dallo sforzo impegnativo di mantenere un equilibrio tra logica ed emozioni si passa allo stato percettivo opposto, in cui ci si svincola dal groviglio dei sentimenti, si dissipa l'atmosfera emotiva e si opera in uno spazio vuoto -senza gravità-, rimanendo assorbiti nella rete di pensiero operazionale. Tra mente alfabetizzata e mente cibernetica si realizza una rottura epistemica: dal "faccia a faccia" tra due persone alla "interfaccia" in cui si dissolve la relazione tra due persone. Dalla certezza della riga scritta -propria della mente alfabetizzata- passiamo all'indeterminatezza del file -né presente né assente-, specifica della mente cibernetica. I processi cognitivi ed emotivi si stanno ridefinendo e ristrutturando profondamente. Il passaggio alla mente cibernetica è epocale, come quello dalla mente della tradizione orale alla mente alfabetizzata. Se la tecnica dell'alfabeto ci ha consentito -a partire dal VII secolo a.C. circa- di registrare il discorso e di concepire tale notazione come un linguaggio, di cui ci serviamo per parlare, l'indeterminatezza del file -né presente né assente- trasformerà le modalità di percezione e le stesse maniere di interagire tra persone. Accettare il computer come metafora è il radicarsi di un nuovo spazio mentale, i cui assiomi generativi non sono più basati sulla codificazione dei suoni del discorso mediante la notazione alfabetica, ma sulla possibilità di immagazzinare e manipolare "informazione" sotto forma di bytes. Il declino ovvero l'esilio della mente alfabetizzata costituirà per parecchi una minaccia per il senso di identità. Teniamo dunque conto della riflessione di Ivan Illich: "Usano parole, idee, frasi, ma non parlano più". |