Maurizio Mottola Ripubblicato su Psychomedia da "Agenzia Radicale" Ho recentemente effettuato un intervento cardiochirurgico all'Azienda Ospedaliera Monaldi di Napoli: competenza, efficacia ed efficienza hanno connotato le prestazioni dei colleghi. Come cittadino-utente dunque esprimo una valutazione positiva sull'esperienza di ricovero, durante il quale ho avuto modo di riflettere ulteriormente sul significato e sull'elaborazione dell'ammalarsi. La malattia viene comunemente spiegata come un accadimento che all'improvviso interferisce con la nostra vita, quasi si sovrapponga ad essa. Quindi un qualcosa di estraneo, di esterno che contro la nostra volontà ed i nostri desideri si radica in noi come un parassita e che ci fa dire sono ammalato di ... oppure ho questa malattia. Ma che cosa è la malattia, l'ammalarsi ? Nel corso degli ultimi secoli siamo passati dalla malattia come punizione di una colpa (il folle come indemoniato) alla malattia come evento del quale non siamo responsabili (si contrae il virus e per questo ci si ammala). E noi come persone in tutto questo dove siamo? Abitacoli del demonio nei secoli scorsi, abitacoli di virus e batteri killer adesso! é come se l'identità ed integrità della persona non venissero presi in considerazione e pertanto la malattia divenisse un'entità che invade ed occupa il soggetto, il quale si trasforma in campo di battaglia tra invasori costituiti da virus e batteri - da un lato - e truppe costituite da farmaci - dall'altro. Questo è il modello convenzionale delle malattie infettive (aids in testa): ma se la malattia accade, chi guarisce? La coppia di opposti malattia/salute esclude l'individuo, la sua storia, le sue emozioni, i suoi pensieri, le sue relazioni. Ed anche le malattie degenerative (cancro in testa) vengono spiegate con riferimenti ai livelli cellulari e biochimici, il più delle volte cortocircuitando il vissuto della persona ed il suo stile di vita. Negli ultimi decenni si è assistito a progressi della medicina più numerosi e profondi di quelli avvenuti nel corso dei secoli precedenti, occorsi con una rapidità tale da determinare il rinnovamento o addirittura il ribaltamento di quelle che di volta in volta erano state considerate acquisizioni stabili. Ciò che era ritenuto assolutamente incontrovertibile è stato poi dimostrato falso! Certo è che prima del sintomo, durante la manifestazione del sintomo e dopo la scomparsa del sintomo c'è sempre indubitabilmente l'individuo. E' su questo semplice assunto di base che si fonda la medicina integrata, la quale è dunque una modalità di approccio e non una delle tante specializzazioni, le quali anzi hanno contribuito a frazionare l'individuo. Di qui l'iperbolico sviluppo delle malattie degli organi e l'affievolimento dell'unità dell'individuo quando è ammalato, rivolgendosi sempre di più al molecolare e spesso riducendo il termine medicina soltanto al mero aspetto delle conoscenze scientifiche e tecniche e non valorizzando il rapporto medico-paziente, paziente-società e medico-società. Insomma quando compare la malattia, scompare l'individuo ! Togliere la valenza esistenziale dell'essere ammalati è sottrazione di umanità che spinge all'estraneità verso se stessi. Pertanto quello dell'approccio integrato è lo sforzo e l'impegno di quanti (medici, psicologi, operatori sanitari e sociali e cittadini) intendono promuovere e diffondere l'impostazione unitaria della salute/malattia, in accordo tra l'altro con quanto a tal proposito definito dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). In tal senso l'esperienza di risanamento diviene un tuffo in se stessi, un risperimentare antiche paure incontrando la propria parte oscura (l'ombra), l'opportunità di arrendersi fiduciosi al rapporto con l'esistenza. é contattare la riconciliazione con se stessi laddove ci trattiamo spesso con inimicizia, insensibilità, superficialità. Ed alla fine del percorso la guarigione diviene anche l'accettazione della propria umanità e quindi anche dell'esperienza dell'essere ammalati e dei suoi significati. |