Due indicatori di qualità indispensabili per l'accreditamento qualitativo delle comunità terapeuticheLettera aperta di Aldo Lombardo1) Premessa
Signori bando alle chiacchiere e alle ipocrisie. Così come non ci si può improvvisare educatori, medici, psicoterapeuti, allo stesso modo non ci si può improvvisare operatori di comunità terapeutica. Intanto è un fatto che negli ultimi 3 anni un numero notevole di cosiddette comunità terapeutiche sia sorto dal nulla, nel Lazio, passando dall'accoglienza di circa 150 unità nel '96 alle 350 attuali. Questo soprattutto per permettere finalmente l'attuazione della legge Basaglia sulla eliminazione dei manicomi, per sostituirli con un servizio di vera e propria riabilitazione in centri "adatti allo scopo".
Il fatto stesso di non considerare rilevante l'obbligatorietà di un training di formazione per lavorare nelle comunità terapeutiche; il dare per scontato che un organico di 4 infermieri + 4 psicologi ed 1 psichiatra (non psicoterapeuta) siano sufficienti a "fare" comunità terapeutica, rivela quanto nella mente del legislatore (e purtroppo anche di molti psichiatri) ci sia l'idea che la comunità terapeutica serva principalmente a sostituire tout-court il vecchio manicomio tranne che per il suo formato più ridotto.
2) Finalità prioritarie attuali di una comunità terapeutica propriamente detta
Nel quadro della rivoluzione psichiatrica iniziata 20 anni fa, e nelle more delle priorità pratiche indicate nei vari progetti obiettivi per la Psichiatria degli ultimi anni, la terapia riabilitativa di comunità terapeutica propriamente detta assume due scopi generali principali.
La lotta alla cronicità si attua attraverso la promozione dell'autonomia, della crescita personale e della capacità di adattamento di un individuo disagiato, fornendogli i mezzi per sfuggire all'arrendevolezza seduttiva del ruolo di "bisognoso per sempre" che ogni giorno di più l'ambiente gli rimanda man mano che i tentativi di guarigione medica vanno a vuoto. Con questo in sostanza voglio dire che la qualità di un servizio di comunità terapeutica può essere, e deve essere, valutata in altro modo: e cioè in prima istanza in base al metodo che questa adotta per espletare le esigenze del mandato e assolvere al compito: fare in modo che la persona malata modifichi il suo grado di inabilità psicosociale, apprendendo dall'esperienza, per dirla con Maxwell Jones. Apprendendo cioè a vivere meglio, attraverso l'esperienza del non essere trattato principalmente come handicappato, ma come persona con numero di inabilità da ridurre.
Intanto, in attesa di idonea ricerca italiana sull'efficacia riabilitativa di un certo approccio di comunità più che di un altro, i criteri di affidabilità per l'accreditamento della qualità delle CT, possono essere garantiti con fiducia dalla qualità del training specifico svolto dagli operatori sul metodo dell'approccio di comunità. Di conseguenza l'idea che possa costituire qualità, per comunità Brambilla andare spesso in vacanza o che meta obbligatoria dell'intervento comunitario debba essere per forza l'inserimento lavorativo di un paziente psichiatrico nel tessuto sociale e a vari livelli, sostituisce la meta del metodo per cambiare con quella di un optional di intrattenimento. 3) Indicazioni specifiche Premesso quindi che una CT deve garantire ai servizi invianti il raggiungimento dei due obiettivi principali indicati, (riduzione costi e cronicità) è importante che la durata del trattamento sia efficace: ovvero possibilmente a breve termine (non oltre i 18 mesi) e valida sotto il profilo costo-beneficio (scarso utilizzo dei servizi sanitari dopo il trattamento, es. meno ricoveri). E' altresì importante che la strutturazione delle terapie sia organizzata secondo un programma coerente, ben definito e specifico per il compito che una comunità si impegna a svolgere. Non deve quindi interessare dove si fa la terapia di comunità (i metri quadri, l'altezza dei gradini delle scale, le porte antipanico, i n. di bagni e le rampe per gli handicappati fisici, ecc.) quanto il criterio, il procedimento, il sistema degli interventi e la cultura che si applicano nella struttura per il raggiungimento dei due obiettivi principali sopra indicati. Non deve interessare al dettame di qualità se le comunità terapeutiche propriamente dette sono costrette in questo preciso momento storico nel Lazio a sopperire alla mancanza di altre strutture alloggiative nelle quali far continuare ai pazienti riabilitati, il percorso di autonomia del dopo comunità. Né tanto meno il principio di qualità deve essere sacrificato al fatto che la maggior parte delle nuove strutture di comunità, specialmente quelle pubbliche, si trovano con le mani legate tra pastoie burocratiche e problematiche sindacali che impediscono al responsabile incaricato di formare o scegliere il personale più adatto al lavoro di riabilitazione nella sua comunità terapeutica, o di pretendere legittimamente di prepararlo attraverso appropriato tirocinio. 4) Fattore di qualità numero 1
Detto questo, dallo studio del problema insieme ad altri esperti autorevoli del campo e per la mia esperienza personale particolare, mi sento sicuro di affermare che nell'area delle comunità terapeutiche, fattore di qualità numero 1 è la preparazione adeguata del personale che opera in comunità, a cominciare dal Direttore responsabile della struttura. Il training specifico per ogni operatore dello staff, deve essere approvato o accreditato da enti predisposti come Scuole di training in terapia di gruppo oppure alternativamente garantito, ad esempio, dall'Association of Therapeutic Communities inglese, o da quella Internazionale, che organizzano workshops di formazione a scadenze precise. Pertanto il numero massimo dello staff che abbia completato il training deve essere pari almeno al 50% di tutto il personale impiegato nella struttura. Infine il numero di operatori che partecipano annualmente a workshops formativi sull'esperienza attiva del vivere in una comunità o ad esperienze terapeutiche di gruppo, costituisce da solo un altro indicatore della qualità del servizio che si vuole garantire nella struttura riabilitativa. 5) Fattore di qualità numero 2 E' quello della utilizzazione della metodica dell'audit, ovvero della verifica ad intervalli regolari, dell'operato di tutta la comunità in relazione alle titolarità istituzionali dei 2 compiti principali. La procedura di accreditamento dell'ISO 9000 può servire da modello. A garanzia della presenza di un sistema autovalutativo costituirà indicatore di qualità l'utilizzazione strutturata di alcuni strumenti di valutazione idonei (e/o di software specializzato) che possa accompagnare il percorso evolutivo della formazione continua dello staff sul lavoro (training in action). Si tratta in pratica di munirsi e di applicare un programma attivo e strutturato di aggiornamento continuo, meglio se coadiuvato anche dalla presenza di analisti istituzionali, basato sull'adozione di strumenti specifici quali scale di valutazione e relazioni scritte.
Chi prova angoscia e smarrimento a questa proposta, reagendo magari con irrigidimento sulla ipocrita posizione di chi preferisce l'obbrobrio che conosce al mettersi in discussione per paura del cambiamento, proprio e della propria struttura, dobbiamo far presente che il lavoro stesso di comunità terapeutica ha in se qualcosa di coraggioso e rivoluzionario che non può tollerare codardia. Vogliamo davvero che le comunità terapeutiche psichiatriche vengano emarginate nel sistema psichiatrico stesso proprio perché tradiscono i propri principi, di sfida dello status quo ? Vogliamo veramente che la qualità di una comunità venga misurata con l'indicatore di esito della mortalità di reparto ? Vogliamo veramente essere tacciati da falsi profeti perché non sappiamo dimostrare, nei fatti, differenze sostanziali dai modelli delle cliniche private che per anni trattengono (e se costose intrattengono) i loro pazienti ? Crediamo veramente di persuadere i nostri sponsor che il miglior metodo per fare riabilitazione in comunità sia proprio quello di non avere un metodo ? Così come non si può pensare di operare un'appendicite senza le minime nozioni di anatomia, allo stesso modo non si può fare riabilitazione psichiatrica efficace in comunità senza un training strutturato e continuo. Il sottoscritto lo ha fatto e continua a farlo, non senza sacrificio, riuscendo anche a promuovere workshops di formazione e a pubblicare, talvolta, il proprio pensiero su riviste scientifiche nell'intento di diffondere la cultura dell'approccio di comunità.... comportamento da seguire o da perseguire ?
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