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Psich-Asti --> HOME PAGE --> 2° Ciclo di conferenze 2001

Dipartimento di Salute Mentale
S.O.C. Psicologia Clinica e della Salute



Presentazione del Progetto di Ricerca:
Promozione della salute mentale e prevenzione dei disturbi psichici nell'adolescenza e nella prima età adulta


Paola Cuniberti
Direttore S.O.C. Psicologia Clinica e della Salute, A.S.L.19 - Asti


Premessa

Il progetto è stato concepito circa un anno fa da un piccolo gruppo di psicoterapeuti, che dopo aver svolto mediamente per venti anni il lavoro istituzionale di consultazione clinica e di psicoterapia, maturava l’idea di spendere le proprie competenze professionali non solo nell’ambito del lavoro clinico con i pazienti, ma anche nella prospettiva di una “Psicologia clinica di comunità”.
In seguito all’esperienza di inserimento di un gruppo- appartamento per pazienti psichiatrici in un quartiere della città, c'eravamo confrontati, anche duramente, con le resistenze che la malattia mentale suscita, ma avevamo anche scoperto che il contesto sociale offre risorse preziose e inaspettate. L’esperienza aveva evidenziato più che mai la necessità di creare reti e relazioni significative tra cittadini, operatori sociali e sanitari: i contatti con decisori locali, medici, insegnanti, associazioni del quartiere avevano fatto sì che l’apertura del gruppo- appartamento diventasse un’occasione di collaborazione e dibattito intorno al concetto di “comunità che cura”.
La costituzione ,alla fine di ottobre dello scorso anno, della Struttura Operativa Complessa di Psicologia Clinica e della Salute, che ha raggruppato tutti gli psicologi e gli psicoterapeuti dell’ASL all’interno del Dipartimento di Salute Mentale, ha favorito un confronto interno, da cui è stato rafforzato l’impegno a contribuire alla promozione del benessere psichico e relazionale nella comunità.

Il razionale del Progetto

Innanzi tutto le ragioni che ci hanno spinto ad intraprendere questo progetto:

- l’elevata incidenza che i disturbi psichici hanno nella popolazione;
- ragioni di tipo economico;
- specifiche indicazioni legislative, contenute nel Progetto- obiettivo “Tutela della Salute Mentale 1998- 2001”, rinnovato anche per il prossimo triennio e nel Progetto Obiettivo “Tutela Materno Infantile”;
- le raccomandazioni del Comitato Nazionale di Bioetica nel campo della salute mentale;
- la motivazione, condivisa dal nostro gruppo, di andare oltre il lavoro clinico con il singolo paziente, per intervenire sui meccanismi che favoriscono od ostacolano il benessere psichico e relazionale e quindi sul contesto in cui si origina la patologia mentale.

Esaminiamole nel dettaglio.
Per quanto riguarda la frequenza dei disturbi psichici, gli studi epidemiologici più accreditati sottolineano quanto segue:

- Si stima che oggi vivano 400 milioni di persone affette da disturbi mentali o problemi psichici (Saraceno. OMS, 2001)

- Studi internazionali rilevano che circa il 25% della popolazione occidentale di età superiore a 18 anni, nel corso di un anno, soffre di almeno un disturbo mentale significativo, di cui solo il 10% accede a trattamenti specialistici (Tansella, Girolamo, 2001)

- Il 3,8% della popolazione italiana oltre i 18 anni riferisce di soffrire di un disturbo psichico: si tratta di 2.170.000 persone (Rilevazione ISTAT 2000)

- Secondo studi americani, il 74% dei disturbi psichici dell’adulto è preceduto da manifestazioni di grave disagio psichico nell’età infantile e adolescenziale (Roberts e al., 1998)

· L’incidenza dei disturbi psichici nella popolazione infantile e adolescenziale (1- 19 anni) oscilla dal 17,6% al 22% (Costello e al., 1996 )

- Studi americani affermano che, per la maggior parte dei bambini e degli adolescenti con problemi comportamentali ed emozionali, l’unico contatto specialistico è con il pediatra (Kelly, 2000)

Le ragioni economiche sottolineano il grande spreco di risorse umane e lavorative associate alle condizioni di sofferenza mentale.

- Studi anglosassoni hanno rilevato che nell’arco di un anno è andato perduto in Gran Bretagna un totale di 92 milioni di giornate lavorative a causa di disturbi psichici, di cui solo il 16% imputato a disturbi psicotici (Kavanagh, 1994)

- In termini di mortalità, i problemi di salute mentale contribuiscono per l’8,1% al totale complessivo degli anni di vita perduti evitabili, di contro al 9% ascrivibile alle malattie respiratorie, al 5,8% al cancro e al 4,4% relativo ai disturbi cardiovascolari (Desjarlais et al, 1995)

- Il disagio psichico adolescenziale sovente esita in un adattamento sociale che comporta prospettive di vita molto al di sotto delle potenzialità individuali (Anepeta, 2000)

Consideriamo ora le indicazioni legislative.

· Il Progetto Obiettivo Tutela Salute Mentale 2001- 2003 pone al primo posto, fra gli obiettivi di salute, la promozione della salute mentale in tutte le fasi del ciclo di vita e al secondo posto la prevenzione dei disturbi psichici, soprattutto quelli che si sviluppano a partire dall’adolescenza.
Tra gli interventi prioritari, considera “...l'attuazione da parte dei servizi di salute mentale di una prassi e di un atteggiamento non di attesa, ma mirati a intervenire attivamente e direttamente nel territorio (domicilio, scuola, luoghi di lavoro, ecc.), in collaborazione con le associazioni dei familiari e di volontariato, con i medici di medicina generale e con gli altri servizi sanitari e sociali... si tratta, da un lato di ottimizzare l'organizzazione e la coordinazione dei servizi formali e informali deputati alla tutela della salute mentale; dall'altro di definire strategie innovative che abbiano le caratteristiche di una sorta di "patto per la salute mentale" stipulato tra molteplici attori (sanitarie sociali, pubblici e privati, enti locali, forme della cittadinanza attiva, risorse del territorio)... ”
GU n. 274 del 22 novembre 1999


· Il Progetto Obiettivo “Tutela Materno Infantile 1998- 2000” afferma che “Éla grande varietà dei bisogni di salute dei pazienti in età evolutiva, comporta un ulteriore sforzo degli operatori sanitari e non sanitari a tutti i livelli, al fine di superare le residue barriere culturali e professionaliÉ.particolare impegno deve essere rivolto alle strategie di prevenzione, attraverso l’individuazione dei fattori di rischio ed alla valorizzazione dei fattori di protezione... ” (p.38).Per questo è necessario “... Attivare politiche di integrazione funzionale che facilitino la collaborazione tra aree di intervento diverse: sanità, sociale, assistenziale, scuola etc.”(p.43). E ancora: “... la promozione della salute e l’assistenza nel’età adolescenziale deve essere potenziata al fine di garantire uno stato di maggior benessere a questa fascia di cittadini, che ponga anche le basi di una migliore qualità della vita adulta futura. Questa esigenza non trova oggi adeguata risposta a causa di carenze istituzionali e della frammentarietà degli interventi di salute per gli adolescenti... ” (p.45).
G.U. n. 131 del 7 Giugno 2000

In occasione della Giornata Mondiale della Salute, dedicata nel 2001 alla salute mentale, il 7 aprile il Comitato Nazionale di Bioetica ha espresso le raccomandazioni a cui dovrebbe ispirarsi la pratica sanitaria. Tra queste:

- Dare maggior diffusione a informazioni semplici e corrette sulle malattie mentali anche nelle scuole ed evitare il rischio di interpretazioni riduzionistiche della malattia mentale.

- Svolgere un’attività continua di prevenzione primaria e secondaria del disturbo e del disagio mentale partendo dal periodo perinatale e per tutto il ciclo di vita

- Garantire una particolare attenzione ai segnali diretti e indiretti del disagio mentale dei soggetti in età evolutiva

- Attivare qualificati programmi nelle scuole in collaborazione con le famiglie che, senza suscitare ingiustificati allarmi e rischi di “psichiatrizzazione”, aiutino a riconoscere e a prevenire il disagio e il disturbo mentale

- Assicurare la formazione dei medici, dei pediatri di base, degli operatori psicosociali, degli infermieri professionali, degli assistenti sociali, degli educatori professionali e dei volontari


Infine, la motivazione condivisa di andare “oltre la stanza di analisi” può essere espressa in questi aforismi:
- Dal lavoro clinico di diagnosi e terapia all’intervento sul contesto che dà origine al disagio psichico, per prevenire le condizioni che strutturano in modo patologico il sé
- Dall’attesa della patologia alla promozione della salute
- Dal disagio come precursore del disturbo mentale al disagio come risorsa evolutiva


I costrutti teorici e metodologici

Il primo problema affrontato è stata la definizione dei costrutti di Prevenzione e di Salute mentale/Patologia. Si trattava di scegliere i modelli che avrebbero fornito i fondamenti teorici e metodologici su cui sviluppare la ricerca.

- Circa il costrutto di Prevenzione, la tradizionale distinzione in medicina tra prevenzione primaria, che fa riferimento a misure che bloccano la genesi o l’espressione del disturbo, prevenzione secondaria, finalizzata all’individuazione precoce dei casi e prevenzione terziaria, comprendente le misure destinate a ridurre le disabilità dovute al disturbo, secondo alcuni autori (Tansella, 2000) appare inadeguata se riferita ai disturbi psichici, data la difficoltà ad individuare un singolo fattore eziologico primario e procedure di screening semplici ed efficaci. Per questo abbiamo preferito utilizzare il modello proposto dall’Institute of Medicine (1994), denominato “The Intervention Spectrum for Mental Health Problems”, che, per ovviare a tale problema, suddivide la prevenzione in tre settori: universale, selettiva, indicata. La prima è diretta a tutta la popolazione, la seconda è indirizzata ad individui a rischio, la terza è rivolta ad individui o a gruppi ad alto rischio. Rose (1992) propone di privilegiare una strategia basata sull’intera popolazione, sulla base del presupposto che un ampio numero di persone esposte a basso rischio dia origine, in genere, a molti più casi rispetto ad un piccolo numero esposto ad alto rischio. Tansella (2000) ricorda inoltre che gli interventi di prevenzione dei disturbi psichici, collocandosi all’interno dell’approccio di sanità pubblica, devono tenere conto, in primo luogo, della frequenza, distinguendo tra disturbi ad elevata incidenza e durata ridotta - come i disturbi d’ansia- e patologie a bassa incidenza e durata prolungata - come le psicosi- e, in secondo luogo, della gravità, espressa in termini di compromissione del funzionamento sociale.
Nell’articolo “Vera e falsa prevenzione” comparso su “Sapere” (n.794, settembre 1976), Maccacaro proponeva di distinguere la prevenzione improntata al modello della malattia infettiva, dove l’agente patogeno è naturale e genera la malattia incontrando l’uomo dall’esterno, dalla prevenzione ispirata al modello della malattia degenerativa, che è il risultato di una molteplicità di agenti lesivi, con effetti sia somatici che psichici, e a cui non si addicono misure profilattiche capaci di conferire immunità. Entrambi i modelli si rivelano inadeguati ad un’applicazione al campo della patologia mentale. La complessità della realtà psichica suggerisce di spostare la direzione dell’intervento preventivo sul concetto di benessere psichico, perciò sulla promozione della salute mentale.
Questo comporta il superamento di un costrutto di prevenzione fondato su una prospettiva “patogenetica” (in cui la salute mentale è definita dall’assenza di sintomi psicopatologici) e l’adozione di un costrutto di prevenzione fondato su una prospettiva “salutogenetica”, in cui la salute mentale sia definita da una condizione di benessere, riconosciuto soggettivamente. Nelle parole di Romano (1999): “Il punto di vista salutogenico è incardinato nella soggettività, sia perchè riconosce la sofferenza tra i criteri di malattia, sia perché ancora la salute ad un progetto di partecipazione e di vita”.
Credo sia molto importante questa sottolineatura sulla percezione soggettiva del benessere, perché nella pianifcazione degli interventi di “sanità pubblica” è sempre presente il rischio di assumere atteggiamenti “repressivi” o eccessivamente normativi e impositivi in nome del “benessere della collettività”.
Questo modello di prevenzione si collega alla proposta di Castelfranchi di ancorare la salute mentale alla qualità di vita. Un ulteriore obiettivo è costituito dal passaggio da un modello multifattoriale, basato sull’identificazione dei fattori di rischio e di protezione, ad un modello focalizzato sui meccanismi patogenetici o salutogenetici, ossia sui processi interazionali, psichici, istituzionali che producono il disagio psichico o che, al contrario, possono promuovere la salute mentale.

- E’ indispensabile a questo punto fare una riflessione, necessaria per contestualizzare la ricerca nell’ambito clinico. La filosofia della scienza contemporanea sottolinea il fatto che qualunque discorso scientifico discende da una fondazione ideologica, per cui risulta importante il riconoscimento e l’esplicitazione dei criteri idealizzanti.
In psicopatologia le idealizzazioni sono riconducibili a tre fondamentali modelli interpretativi della mente e della patologia mentale. a seconda che le cause dei disturbi psichici siano identicate in fattori biologici, psicologico- relazionali o sociali.
Con il modello Bio- psico- sociale, Engel (1977) ha proposto una integrazione delle tre prospettive, anche se da allora ad oggi non sono ancora state precisate le relazioni tra i tre modelli, che a ragione Kuhn ha considerato “incommensurabili”, in quanto, data la loro fondamentale diversità, non sono facilmente integrabili e richiedono la precisazione della gerarchia dei livelli.
A seconda del modello o paradigma utilizzato, la Prevenzione si declinerà in modo assai diverso,
La presenza di tre diversi paradigmi nella psicopatologia contemporanea non è un elemento che indica una scarsa scientificità di questa scienza, ma al contrario ne sottolinea la riflessività, cioè la capacità di questa disciplina di sottoporre ad una critica epistemologica le proprie teorie, individuando anche i propri limiti. Il rischio peggiore, oggi, è infatti quello di proporre teorie riduzionistiche, che non tengono conto della complessità dei fenomeni studiati.
Tale rischio viene sottolineato con particolare intensità da Ilya Prigogine, premio Nobel per la fisica nel 1977, che nel suo libro “La nuova alleanza”, propone una sorta di “principio di complementarità” dei modelli scientifici, nessuno dei quali può pretendere di assurgere ad unica ed esaustiva teoria esplicativa della realtà. Scrive Prigogine: “La natura irriducibile dei punti di vista su di un’unica e sola realtà esprime l’impossibilità di un’eventuale scoperta di un punto di vista dal quale, come un dio potrebbe fare, sia visibile simultaneamente la realtà nella sua interezza. Ma la lezione del principio di complementarità non è una lezione di rassegnazione... La realtà è troppo ricca, le sue linee portanti sono troppo complesse perché un unico riflettore possa illuminarla nella sua interezza... Ogni linguaggio può esprimere solo una parte della realtà, anche se con successo. Così la musica non è esaurita da nessuno dei suoi stili, il mondo del suono è troppo più ricco di ogni linguaggio musicale, che sia la musica esquimese, quella di Bach o di Schonberg; ma ogni linguaggio è una scelta, un’esplorazione elettiva e in quanto tale possibilità di pienezza”

Quale è il riflettore con cui noi cercheremo di illuminare la realtà psichica?

E’ l’ipotesi che la regolazione del Sé sia alla base del benessere e del malessere psichico, tanto che la patologia mentale e relazionale può essere interpretata come centrata intorno al senso di sé (Eagle, 1989).
Questa ipotesi è sostenuta dalla psicoanalisi, in particolare da quelle scuole psicoanalitiche, come la Psicologia del Sé postkohutiana, che sottolinea come l’esperienza personale si sviluppi sempre all’interno di un sistema intersoggettivo in evoluzione e come le patologie psichiche nascano da significative e ripetute esperienze di fallimenti relazionali.
L’autostima, l’identità personale, l’esperienza di sé come soggetto avente un’esistenza propria, autonoma e duratura nel tempo, dipendono da specifiche relazioni di accudimento/attaccamento, costruite a partire dalla nascita, con le persone significative dell’ambiente. Di qui la necessità di intervenire sul contesto che dà origine alle configurazioni del Sé, per prevenire, se possibile, le condizioni che strutturano in modo patologico il Sé. Il senso di sé, secondo Stern (1988), è infatti il principio organizzatore dello sviluppo mentale e dell’esperienza.

Perché i fondamenti teorico- clinici della nostra ricerca sono stati individuati nella Psicologia del Sé?

Adottando il presupposto che le teorie non dovrebbero essere considerate “vere” o “false”, ma essere valutate piuttosto per la loro “utilità” (Kaplan, 1964), la Psicologia del Sé ci è parsa, all’interno dell’orientamento psicoanalitico, un insieme di costrutti teorici bene utilizzabili. In primo luogo, essendo così profondamente radicata nella relazionalità, fornisce indicazioni operative e consente di formulare previsioni e ipotesi che possono anche essere sottoposte a verifiche sperimentali, anche se non dobbiamo cadere nel gravissimo errore di identificare la scienza con il metodo sperimentale, come se la sperimentazione potesse sostituire la teoria. In secondo luogo ci è parsa particolarmente adatta a stimolare e guidare la ricerca all’interno di un contesto istituzionale perchè apre al confronto e all’integrazione con altri modelli. Nelle istituzioni sanitarie i professionisti che lavorano non hanno in comune le stesse esperienze formative; per esempio, nel nostro gruppo di lavoro ci sono psicoterapeuti con un orientamento psicoanalitico, altri sono cognitivisti, io ho una formazione in Psicologia analitica. Abbiamo scoperto nel lavoro di supervisione e di discussione dei casi clinici, che la Psicologia del Sé, forse perché affonda le sue radici nella pratica clinica con pazienti affetti da patologie psichiche gravi, consentiva uno scambio e un confronto di ipotesi cliniche e costituiva un arricchimento del proprio sapere, non una rinuncia o un tradimento delle teorie su cui avevamo costruito metodologie e tecniche di lavoro. Per esempio, i complessi e le immagini archetipiche cui fa riferimento la Psicologia Analitica di Jung sono collegabili alle diverse parti di cui si compone il Sé; l’ipotesi di Fonagy circa lo sviluppo della funzione “riflessiva” si collega alla teoria dell’”attaccamento” di Bowlby, condivisa dal cognitivismo; gli studi di Stern sullo sviluppo del Sé coincidono con le osservazioni empiriche di pediatri come Brazelton. Anche per questo, dunque, abbiamo individuato i fondamenti teorici di questo progetto di ricerca nella Psicologia del Sé.

Quando si struttura il Sé?
Secondo il modello teorico adottato, il Sé si struttura nei primissimi tempi di vita (parliamo del primo anno di vita come del più importante nel determinare lo sviluppo successivo), e si ristruttura nell’adolescenza. L’adolescenza è una fase estremamente importante del ciclo vitale: perché in questo periodo è possibile consolidare un Sé fragile e, al contrario, anche un Sé ben strutturato in adolescenza va incontro a sofferenza e a turbolenze emotive. E’ quindi sensato progettare interventi sul disagio adolescenziale, affinchè le grandi potenzialità evolutive che la crisi adolescenziale comporta non vadano sprecate.

Possiamo visualizzare il processo di strutturazione del Sé nella seguente tabella:







- Senso del sé nucleare
Strutturazione: tra i due e i sei mesi di vita
Sé come:
- Entità agente
- Entità coesa
- Entità continua nel tempo
- Entità dotata di propria affettività
- Senso del sé soggettivo
Strutturazione: all'incirca intorno all'anno
Scoperta della ente dell'altro - Interintenzionalità - Interaffettività
- Senso del sé verbale
Strutturazione: verso i 15-18 mesi
Scoperta del gioco simbolico
Nascita della funzione riflessiva
- Senso del sé narrativo
Strutturazione: verso i tre anni
Il bambino inizia a raccontarsi


Il processo di ristrutturazione del Sé è schematizzato nella tabella che segue:






Fasi del Ciclo di Vita Compiti evolutivi
Adolescenza - Individuazione
- Identità sessuale
- Nuovi legami

P. Charmet, 2000
Prima età adulta - Inserimento mondo del lavoro/Università
- Autonomia dalla famiglia
- Costituzione della coppia

P. Charmet, 2000
Life long self regulation - Adattamento


Per i motivi che ho appena citato, la nostra ricerca ha definito due target di età: 0-3 anni e 14-24 anni. Abbiamo deciso di abbracciare anche la fase immediatamente successiva all’adolescenza, quella definita “della prima età adulta”, perché in questa fase dovrebbe concludersi il processo di separazione dalla famiglia di origine e di individuazione, processo assai complesso e nella nostra epoca alquanto suscettibile di fallimenti.

Finalità

- Promuovere la salute mentale nella comunità attraverso una cultura della relazionalità a supporto della strutturazione del nelle fasi critiche dello sviluppo: prima infanzia, adolescenza e giovane età adulta.

- Prevenire i disturbi psichici nell'adolescente e nel giovane adulto attraverso lo sviluppo della funzione riflessiva, per riconoscere e gestire le emozioni ed elaborare il lutto per la perdita, nel processo di crescita, degli oggetti e delle rappresentazioni dell’infanzia .

- Orientare i servizi sanitari, sociali ed educativi, attraverso la promozione tra gli operatori di una cultura sensibile al benessere psichico e relazionale ed ai meccanismi che tendono a favorirlo o ad ostacolarlo.


Obiettivo generale e strategie di prevenzione

Possiamo così definire l’obiettivo generale della ricerca:

elaborare idonee strategie di prevenzione universale, selettiva ed indicata dei disturbi psichici nell’adolescenza e nella prima età adulta attraverso la costruzione di una rete di operatori sanitari e sociali.

Le strategie di prevenzione risultano così articolate:


STRATEGIE DI PREVENZIONE UNIVERSALE (target 0-3 anni)

-garantire un ambiente di nascita orientato allo sviluppo di una relazione di attaccamento sicuro del bambino (Bowlby) attraverso lo sviluppo, nei genitori, della capacità di riconoscere stati di coscienza, emozioni ed esperienze del neonato (Stern, Brazelton) e di sintonizzarsi con il sé del bambino ;

-fornire, nei primi mesi di vita del bambino, un sostegno ai genitori e successivamente, sino al terzo anno, interventi formativi volti all’acquisizione delle competenze relazionali necessarie per consolidare un attaccamento sicuro e per promuovere la funzione riflessiva nel bambino.

STRATEGIE DI PREVENZIONE SELETTIVA (target 0-3 anni)

-assicurare la presa in carico, da parte di un’équipe specifica orientata psicoterapicamente, delle madri che presentano sintomi depressivi post-partum, garantendo la continuità della relazione terapeutica;

STRATEGIE DI PREVENZIONE INDICATA (target 0-3 anni)

-assicurare la presa in carico, a partire dalla gravidanza, delle coppie in cui precedentemente è stato diagnosticato un disturbo psicopatologico o sono stati registrati comportamenti indicativi di una condizione di grave disagio psichico, garantendo la continuità della relazione terapeutica anche dopo la dimissione dal reparto di ostetricia.


STRATEGIE DI PREVENZIONE UNIVERSALE (target 14-24 anni)

-Assicurare agli adolescenti e ai giovani adulti spazi relazionali e culturali creativi, di elaborazione di esperienze ed emozioni

-Promuovere tra gli insegnanti un atteggiamento sensibile alle problematiche adolescenziali e individuare iniziative specifiche di formazione per sviluppare le competenze relazionali necessarie per affrontare il disagio adolescenziale.


STRATEGIE DI PREVENZIONE SELETTIVA (target 14-24 anni)

-Fornire agli operatori sociali e agli insegnanti gli strumenti per individuare situazioni di disagio psichico e per favorire il contatto degli adolescenti con i servizi di consultazione psicologica


STRATEGIE DI PREVENZIONE INDICATA (target 14-24 anni)

-Fornire agli operatori sociali e agli insegnanti un’adeguata collaborazione con i servizi di cura del disagio psichico per aiutare gli adolescenti che presentano disturbi psicopatologici o di evidente disagio psichico e le loro famiglie.


Obiettivi specifici

Gli obiettivi specifici mirano alla costruzione degli strumenti / tecnologie necessari a favorire il raggiungimento degli obiettivi generali e possono essere identificati in protocolli operativi.

Metodologia della ricerca

L’originalità della ricerca consiste essenzialmente in due elementi:
- il fatto che sia progettata non da epidemiologi, né da operatori sociali, ma da psicoterapeuti che fanno riferimento a teorie psicoanalitiche;
- l’adozione di una metodologia della ricerca, ispirata al modello della ricerca intervento, rivisitata in chiave psicoanalitica.

Nella impostazione "classica", la ricerca-intervento si distingue per tre caratteristiche fondamentali:
- si prefigge l'obiettivo di interpretare i contesti in cui la ricerca viene svolta e di promuovere un cambiamento;
- il ricercatore e il suo operato costituiscono oggetto di ricerca;
- il motore della ricerca è il gruppo, composto sia dai ricercatori che dagli operatori sul campo con il ruolo di esperti naturali; insieme pianificano e realizzano i cambiamenti desiderati.

La metodologia adottata innesta sulla ricerca-intervento classica l’obiettivo della “formatività”. Nelle parole di Kaneklin e Manoukian: “Per formatività intendiamo una doppia capacità: quella di rappresentare se stessi, di pensare le condizioni, interne ed esterne a sé, della propria esistenza e su queste, attraverso il linguaggio, tenere un discorso; in secondo luogo di intervenire sulle condizioni della sua esistenza. L’uomo può, attraverso l’attività immaginativa della mente, anticipare le sue azioni e le può organizzare, formulare e riformulare in un progetto”
Il modello adottato non concepisce il gruppo come organismo funzionale (“molte teste pensano meglio di una sola”), ma piuttosto come realtà esperienziale, spazio dinamico per esercitare il pensiero, luogo che rende possibile la costruzione di significati. Nello specifico, ciò comporterà il predisporre le condizioni perché i partecipanti possano usufruire di una "sospensione del fare", al fine di assumere una visione decentrata, prospettica della realtà e, grazie a questa, di accedere alla dimensione progettuale.
La ricerca sarà perciò anche un’occasione per sperimentare un modello di conduzione di gruppo che dovrà essere in grado di gestire le dinamiche di gruppo affinchè si costituisca realmente un gruppo di lavoro, di promuovere l’apprendimento dall’esperienza e di favorire la produzione scientifica, che sarà il frutto non solo del sapere teorico e pratico del gruppo, ma anche di contributi nuovi, a molti sconosciuti, da acquisire e innestare sul sapere condiviso del gruppo.

L’importanza assegnata nella ricerca alla costruzione della “rete” e la scelta di costituire gruppi di lavoro “misti”, i cui partecipanti svolgono attività diverse e mettono in rete le competenze che hanno acquisito durante il proprio percorso professionale ci è stata suggerita dall’esperienza pregressa, che ho citato in apertura, relativa all’inserimento del gruppo-appartamento per pazienti psichiatrici in un quartiere della città. La scommessa è che non siano soltanto gli specialisti della salute mentale (psichiatri, psicoterapeuti e psicologi) a sviluppare alleanze e potenzialità terapeutiche, ma che anche altre figure professionali (prima fra tutte quella dell’insegnante) possano diventare promotrici di salute mentale, quando tale finalità è considerata non estranea alla propria professione e quando vi sia la disponibilità a riflettere sulla propria pratica di lavoro per apprendere dall’esperienza.
Poiché la salute si pone all’interno di un circuito dove condotte e stili di vita derivano anche da modelli collettivamente proposti ed elaborati, abbiamo pensato che fosse possibile contribuire a costruire un sapere e una pratica della partecipazione non finalizzati solo alla soddisfazione del singolo paziente-cliente, ma alla valorizzazione delle risorse dei cittadini, nella prospettiva di una comunità che si assume la responsabilità della salute come benessere psicofisico.

Poiché, secondo il modello teorico adottato, il Sé si struttura nei primissimi tempi di vita e si ristruttura nell’adolescenza, la ricerca è articolata sulle due fasce di età più significative dal punto di vista della strutturazione e del consolidamento del Sé:

-La prima infanzia (0 -3 anni);

-L’età adolescenziale e prima età adulta (14 -24 anni).

E’ prevista la costituzione di quattro gruppi di ricerca ( due per ciascuna fascia di età), composti da operatori appartenenti a professionalità e servizi diversi, finalizzati ad elaborare strategie di prevenzione universale, selettiva ed indicata.
Ciascun gruppo sarà condotto da uno psicologo esperto nella conduzione di gruppo e da uno psicologo che collaborerà nel presidiare il modello clinico e la metodologia della ricerca.

Assetto della ricerca e flussi comunicativi

Il progetto si avvale di quattro team di lavoro:

- Il comitato organizzativo, che ha il compito di valutare l’impatto organizzativo delle linee guida e dei protocolli elaborati dai gruppi di ricerca, consegnati in conclusione dei lavori.

- La segreteria scientifica, che ha il compito di:

- definire la metodologia della ricerca
- organizzare i flussi di comunicazione tra i team
- definire tempi, ruoli, vincoli e risorse
- individuare gli indicatori per la valutazione coerenti con i costrutti
- predisporre il monitoraggio in itinere e il modello della valutazione finale


- I conduttori dei gruppi di ricerca, con il compito di:

- Proporre il modello teorico-clinico ai ricercatori e presidiarne una coerente applicazione relativamente alle ipotesi e alle procedure elaborate dai gruppi
- svolgere attività di report alla segreteria scientifica
- svolgere attività di archivio/reperimento dei contributi in letteratura
- redigere i verbali degli incontri
- gestire le dinamiche di gruppo e favorire la trasformazione del gruppo in gruppo di lavoro

- I ricercatori dei gruppi sono tutti professionisti che partecipano alla ricerca sia come specialisti della propria disciplina che come rappresentanti del servizio in cui operano. Sono stati costituiti quattro gruppi di lavoro costituiti da operatori appartenenti a :
- Scuola
- Servizi Sanitari e Sociali dell’area materno-infantile
- Servizi di cura del disagio psichico
- Enti locali
- Forze dell’Ordine (Polizia di Stato).

Gli input teorici da parte dei consulenti scientifici esterni sono forniti alla Segreteria scientifica attraverso incontri periodici e ai gruppi di ricerca attraverso le conferenze scientifiche mensili.
La segreteria scientifica svolge un incontro mensile con i conduttori di gruppo, in cui discute i report da loro forniti e approfondisce questioni di carattere teorico/clinico e metodologico.

Modalità di realizzazione e pianificazione della ricerca

Fase 1

E’ finalizzata a costruire l’assetto istituzionale e scientifico della ricerca attraverso:

-la definizione delle finalità e degli obiettivi generali del progetto;
-la review della letteratura;
-l’individuazione dei costrutti di prevenzione e di salute mentale/patologia;
-l’adozione del modello teorico/clinico di riferimento;
-l’individuazione del gruppo di operatori dell’ASL19 (Dipartimento Materno-infantile, Dipartimento di Salute Mentale, Dipartimento dei Servizi Sanitari Territoriali, Distretti, Medici di M.G. e Pediatri di L.S) e degli Enti aderenti al progetto (Comuni, Provincia, Istituti scolastici, Associazioni di volontariato, Questura ecc.);
-l’adesione formale alla ricerca degli Enti esterni all’ASL

Fase 2

-Proseguimento dell’attività di segreteria scientifica, con il compito di:

- organizzare le conferenze scientifiche mensili, finalizzate a costruire e diffondere il quadro teorico e metodologico di riferimento. A tal fine è anche prevista l’attivazione di un sito in rivista specializzata on line, al fine di diffondere il materiale e la documentazione utile al lavoro di gruppo;
- analizzare i contesti di erogazione dei servizi (mappatura) per valutare la congruenza dell’organizzazione attuale con il modello adottato e gli obiettivi individuati;
- definire modalità e strumenti per orientare le attività dei ricercatori al raggiungimento degli obiettivi;
- definire gli strumenti di verifica (indicatori).

-Insediamento dei gruppi di ricerca, con il compito di:
- Adottare il modello teorico-clinico descritto;
- Individuare, coerentemente alle finalità e agli obiettivi generali, gli obiettivi specifici;
- Produrre protocolli operativi in relazione agli obiettivi individuati.

-Valutazione intermedia

Fase 3
-Valutazione della compatibilità di linee guida e protocolli all’organizzazione dei servizi
-Diffusione e restituzione dei risultati della ricerca

Fase 4

-Implementazione delle linee guida e sperimentazione dei protocolli operativi prodotti dai gruppi di ricerca e validati dai Responsabili del Comitato organizzativo
-Valutazione degli interventi realizzati.


La produzione scientifica di ciascun gruppo sarà consegnata, entro il 31 dicembre 2003, ai membri del Comitato organizzativo che la valuterà e proporrà eventuali modifiche per renderla più compatibile con l’organizzazione dei servizi..


Valutazione del Progetto

Il Progetto prevede una lunga tempistica di realizzazione; la successione delle fasi progettuali è condizionata anche dalla necessità di riuscire a concertare il lavoro fra diverse agenzie per poter giungere ai risultati attesi (es. protocolli d’intesa), che dovrebbero portare a modifiche anche delle politiche sanitarie sul territorio. Tenuto conto di queste caratteristiche, appare perciò importante prevedere un’attività di valutazione del progetto che vada oltre la mera valutazione dei cambiamenti finali rispetto agli indicatori, permettendo anche di osservare il percorso nel suo svolgimento, monitorandone il processo e permettendo un’azione ricorsiva di ri-progettazione dove necessario.

Viene stabilita un’attività di valutazione intermedia da effettuarsi al termine della Fase 2 con la finalità di raccogliere elementi valutativi sul percorso effettuato dal Progetto (in particolare nel corso della Fase 2) e con il concomitante significato di raccolta dati per la progettazione alla Fase 3 e l’implementazione alla Fase 4.
Al fine di raggiungere questo scopo si individuano come Obiettivi di questa valutazione:
1- descrivere il percorso compiuto all’interno dei gruppi di ricerca previsti dalla Fase 2;
2- raccogliere osservazioni valutative riguardanti il percorso nei suoi elementi principali (processo, organizzazione, contenuti);
3- raccogliere i vissuti dei partecipanti in relazione ad aspettative, partecipazione e risultati.

L’Australian Health Promotion Association (2001) promuove l’uso di strategie di valutazione qualitativa nel campo della promozione della salute in alcune situazioni:
- come completamento nell’analisi di cambiamenti istituzionali;
- quando il lavoro è rivolto a comprendere i processi che potrebbero favorire l’implementazione dei programmi;
- quando è finalizzato ad analizzare l’andamento del progetto dalla prospettiva dei partecipanti, degli “stakeholders” e degli operatori;
- nei casi in cui risulti importante conoscere le esperienze vissute da coloro che sono stati coinvolti nei programmi.
Si può osservare come alcune di queste indicazioni collimino con le necessità valutative previste dal Progetto: ad un punto intermedio del suo percorso; in attesa di “passare all’azione”, terminata la fase di ricerca, si prevede di raccogliere dalla voce di chi vi ha partecipato osservazioni valutative sul percorso fatto, rilevazioni riguardanti i vissuti, nonché elementi implicabili nella progettazione alla Fase 3 del Progetto.


Target dell’azione valutativa saranno i conduttori dei 4 gruppi di ricerca previsti dalla Fase 2 del Progetto ed i partecipanti ai 4 suddetti gruppi di ricerca.
Per quanto riguarda gli strumenti e i metodi della valutazione sono previsti strumenti che permettano un’analisi di tipo qualitativo: il “focus group”, da svolgersi con i conduttori dei gruppi, e l’intervista semistrutturata sottoposta ad un campione rappresentativo di partecipanti ai gruppi; entrambi indaganti aree congruenti e confrontabili (aspettative, processo, organizzazione e risultati) che permettano di valutare il percorso sino ad allora compiuto.


Risultati attesi

I risultati attesi consistono in linee guida e protocolli operativi congruenti con gli obiettivi individuati

E’ possibile ipotizzare fin da ora che, tra i risultati attesi, vi saranno potenziali ricadute migliorative per l’attività del Servizio Sanitario, in particolare per quanto riguarda:

- L’umanizzazione del percorso nascita e il sostegno alla genitorialità, previsti dal Progetto-obiettivo “Tutela dell’area materno-infantile”.

- Il miglioramento dell’accessibilità ai servizi di cura del disagio psichico degli adolescenti e dei giovani adulti.
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- Il miglioramento della presa in carico degli adolescenti attraverso l’interdisciplinarietà e l’integrazione degli interventi terapeutici e la continuità del trattamento, come previsto dal Progetto-obiettivo “Tutela della salute mentale”.

Considerazioni conclusive

Un'ultima considerazione riguarda il momento in cui ci accingiamo ad iniziare il nostro lavoro. Sicuramente l'idea del progetto è maturata in un clima diverso, oltre un anno fa'. Oggi ci sentiamo più tristi e preoccupati, per gli eventi di guerra che stiamo vivendo; ci sentiamo più poveri per le restrizioni economiche che hanno colpito la sanità. Non nego che in questi ultimi tempi ho vissuto qualche perplessità sull'iniziare questo progetto. Il lavoro di prevenzione è un investimento sul futuro e, in quanto tale, richiede non solo ottimismo circa i risultati, ma anche risorse da investire. La realizzazione di questo progetto comporterà tanto impegno e tanta fatica da parte dei colleghi sanitari - ma credo che questo discorso possa essere allargato ad altri colleghi professionisti - che stanno già dando molto e a cui si sta chiedendo sempre di più. Poi sia io che il piccolo gruppo di colleghi con cui mi sono confrontata siamo stati confortati e incoraggiati dall'entusiasmo che molte delle persone che oggi sono qui ci hanno manifestato, dalla disponibilità della Fondazione Cassa di Risparmio, che ha sponsorizzato in parte il progetto, così da poter offrire un piccolo assegno di ricerca ai giovani specializzandi e di poter pagare le consulenze esterne. Allora abbiamo cercato di rafforzare la nostra speranza. Lo psicoanalista Pietropolli Charmet, uno dei più raffinati studiosi dell'adolescenza, assegna alla speranza il primo posto nella hit parade degli affetti degli adolescenti, speranza che il futuro sia tempo in cui si avvererà il progetto della loro crescita, speranza che la fatica attuale sfocerà in una qualità di vita di gran lunga soddisfacente rispetto al presente.
Il progetto che stiamo per realizzare vuole essere un segnale di speranza dedicato ai nostri adolescenti, ma anche nell'adolescente che è dentro di noi, un adolescente capace di tenere viva nella propria mente l'aspettativa fiduciosa che il lavoro, la fatica del presente realizzerà certamente qualcosa di importante e prezioso nel futuro.


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