Gestione della situazione: mantenere attiva e aperta la domanda
Mercedes Lugones
SIPSIA - Roma
Nonostante non sia possibile stabilire né una teoria generale sulla trattabilità né criteri generali validi in ogni situazione, possiamo tuttavia tentare di individuare elementi su cui concordare sufficientemente o su cui avviare uno scambio. A partire dal lavoro clinico di consultazione con una bambina di 8 anni ed i suoi genitori focalizzerò l'attenzione su una questione "sufficientemente condivisa":
l'approfondimento delle dinamiche dell'ambiente in cui vive il bambino costituisce, non soltanto un elemento imprescindibile per la comprensione del paziente bensì anche, un criterio fondamentale per valutare la trattabilità del caso. Il progetto terapeutico per un bambino, per quanto necessario e opportuno, non può dunque sorgere nella mente del terapeuta indipendentemente dai genitori e dal bambino stesso.
Nonostante questa considerazione possa sembrare scontata, essa mi ha posto tuttavia una serie di difficoltà che sono emerse in modo evidente nei casi in cui vi è stata un'interruzione del trattamento. Le esperienze di interruzione del trattamento mi hanno, infatti, portato a prendere in considerazione un'altra questione di cui tengo conto nella valutazione dei criteri di trattabilità:
_ vi sono alcuni casi in cui si rende necessario un "lavoro preliminare" che modifichi l'iniziale configurazione delle dinamiche dell'ambiente. Tale modificazione cambia anche la valutazione dei criteri di trattabilità.
Nel caso clinico che presenterò vi era contemporaneamente la necessità e l'impossibilità di affrontare un lavoro analitico: la richiesta del padre di una psicoterapia per la figlia appariva nettamente contrapposta al rifiuto della madre.
Tale condizione rappresentava una controindicazione rispetto all'opportunità di realizzare la consultazione attraverso il modello classico di diagnosi in età evolutiva che implica un tempo prestabilito per arrivare a dare una risposta e formulare una strategia di lavoro.
Formulare precocemente una strategia di lavoro avrebbe inevitabilmente portato a colludere con la rigidità delle difese, precludendo la possibilità di fare emergere ed elaborare le dinamiche che sottendevano la richiesta della consultazione.
Occorreva svolgere un "lavoro preliminare" che prevedesse un lungo arco di tempo per mantenere attiva e aperta la domanda, creare uno spazio "flessibile" dove la minaccia incombente di interruzione della consultazione potesse essere contenuta attraverso un'esperienza di continuità.
La "flessibilità" non implica, tuttavia, mancanza di delimitazione spazio-temporale.
Alla luce del concetto di Winnicott di "gestione della situazione" (managment) la "flessibilità" sottolinea la capacità del terapeuta di "tenere" (holding) la situazione nella propria mente e di usare le risorse teorico-cliniche per adattarsi ai bisogni del paziente.
Sebbene il concetto di "gestione della situazione" venga utilizzato da Winnicott all'interno del processo analitico di regressione alla dipendenza, esso mi sembra centrale per definire la situazione clinica che vi presenterò nella misura in cui si è reso necessario privilegiare innanzitutto le condizione di affidabilità dell'ambiente terapeutico.
In questo caso l'adattamento ai bisogni e alle possibilità del paziente hanno portato inizialmente a dare la priorità ad una terapia del linguaggio (logopedia) nonostante vi fosse anche la necessità di un lavoro analitico.
Colloqui con i genitori
Stefania ha 8 anni e frequenta la seconda elementare. Mi viene segnalata dalla psicoanalista di suo padre, egli è preoccupato per la bambina e desidera realizzare una consultazione. La collega, che esprime la propria fiducia affidandomi il caso, mi comunica contemporaneamente la sua preoccupazione rispetto alle interferenze che potrebbe creare la consultazione. Le condizioni del padre della bambina sono molto gravi e l'analisi, svolta con frequenza quadrisettimanale, è iniziata di recente.
I genitori esordiscono esplicitando la loro totale discordanza nella valutazione delle difficoltà della bambina. La madre idealizza le capacità di Stefania e la qualità del loro rapporto. Il padre la percepisce come una bambina inadeguata e non trova il modo per rapportarsi con lei.
Stefania ha uno scarso rendimento scolastico e difficoltà per concentrarsi mentre fa i compiti. E' molto preoccupata per le malattie, ogni sera vuole essere rassicurata che non vomiterà, vi sono stati episodi di vomito irrefrenabile che hanno comportato lunghe e faticose indagini mediche.
Presenta inoltre problemi di identità di genere: ha soprattutto amici maschi, vuole giocare a pallone e vestirsi come un maschio.
In un gioco di rimandi inarrestabile, ognuno dei genitori accusa l'altro di essere la causa dei problemi della figlia.
Stefania è stata adottata all'età di 15 mesi, abbandonata dalla madre alla nascita trascorre i primi tre mesi in ospedale per essere in seguito affidata ad un brefotrofio.
Al momento dell'adozione la bambina, anche se in grado di stabilire un contatto con l'ambiente, presenta sintomi di irrequietezza ed un marcato ritardo nello sviluppo che si evidenzia soprattutto nell'assenza di linguaggio e deambulazione.
I genitori colgono il momento in cui la bambina iniziava le prime indagini intorno alla propria nascita per comunicarle la sua condizione di figlia adottiva. Il padre appare razionalmente consapevole delle difficoltà che Stefania deve affrontare, la madre ritiene che la bambina si senta pienamente rassicurata.
L'impossibilità ad entrare in contatto con le angosce della bambina deriva probabilmente dal sentissi loro stesi danneggiati come coppia e nella loro funzione genitoriale. L'arrivo di Stefania è stato preceduto da un aborto che entrambi evocano come un evento traumatico.
L'impatto del sentimento di colpa, riattualizato dall'aborto, si manifesta nei genitori con modalità contrastanti e complementari. I meccanismi collusivi rendono impossibile la creazione di uno spazio comune che consenta l'elaborazione del lutto: nel padre si manifesta in modo crescente la struttura malinconico-depressiva latente che lo porta ad un inevitabile disinvestimento della vita affettiva e sessuale nel rapporto di coppia.
La madre opera un recupero maniacale che le consente di arginare l'angoscia che ha generato l'aborto avvenuto al 4° mese di gravidanza. L'aborto è stato provocato da un'emorragia improvvisa ed incontenibile dovuta ad una malattia cronica che non si era manifestata prima e che preclude la possibilità di un'altra gravidanza.
All'arrivo di Stefania la signora concentra in modo esclusivo la propria attenzione sulla bambina.
Le cure che entrambi, soprattutto la madre, prodigano alla figlia, si rendono evidenti in una rapida acquisizione della deambulazione e del linguaggio. La bambina si rapporta attivamente con i genitori e con le loro rispettive famiglie d'origine dove viene accolta con affetto.
Entrambi però svalutano la funzione genitoriale dell'altro ed in questo modo agiscono continuamente il senso di colpa ed esclusione che attiva la situazione di adozione e che si riattualizza nello spazio della consultazione: la prospettiva che la figlia potesse avere bisogno di un'analisi scatena un rifiuto che entrambi agiscono con modalità molto diverse, la madre in modo evidente il padre attraverso una certa riluttanza che lo porta a privilegiare altre attività della bambina.
Non possono fare spazio al dolore mentale della bambina poiché la soluzione che si prospetta riattiva un'insostenibile senso di fallimento ed esclusione.
Colloqui con la bambina
Stefania ha una modalità femminile che contrasta con il suo abbigliamento da maschietto. Esprime la propria insicurezza e diffidenza assumendo, a tratti, atteggiamenti marcatamente infantili soprattutto quando si rivolge ai genitori.
Mi racconta che ha soltanto amici maschi, le femmine sono pettegole e schizzinose. Organizza un gioco con i pupazzi rappresentando una storia. Con gli amici maschi non è possibile fare questo gioco che a lei invece piace molto.
Durante l'incontro successivo vuole ricordare a che punto della storia era arrivata nella seduta precedente. Le propongo che potrei scrivere una traccia delle sue storie per poterle ricordare, lei è d'accordo e dà un titolo alla storia già iniziata: "Il bimbo pazzo, storia di fantasia".
La storia del bimbo pazzo mette in evidenzia il caos del mondo degli adulti: padre e madre si alternano con un ritmo frenetico presso il bambino, durante le rare occasioni in cui si incontrano sono presi nei loro litigi Anche se ci tiene a precisare che i genitori in fondo vogliono bene al figlio, attraverso il gioco rappresenta la loro impossibilità a contenerlo e prendersi cura di lui.
Il bambino ha un'età che oscilla continuamente tra i quattro mesi e l'anno e mezzo, ciò che lo contraddistingue è un modo di agire onnipotente e maniacale. Egli scappa continuamente di casa, le corse spericolate in macchina con gli amici provocano scontri e incidenti che mettono a repentaglio la sua integrità fisica.
Prendiamo brevemente in considerazione due livelli di funzionamento presenti nella storia:
- la capacità con cui Stefania mette in scena e comunica le configurazioni psichiche dell'ambiente e del proprio mondo interno rivelano il bisogno e le potenzialità della bambina di usufruire di un lavoro analitico.
- la capacità di rappresentazione appare in netta contrapposizione con il caos debordante che contraddistingue la storia. Le caratteristiche del personaggio principale, il bimbo pazzo, fanno pensare ad un uso prevalente della difesa maniacale sia rispetto ad una depressione primaria che alla depressione dei genitori.
Iniziare un trattamento che con ogni probabilità si sarebbe interrotto, avrebbe esposto Stefania alla riattualizzazione e ripetizione di un acuto ed insostenibile senso di perdita confermando la potenza delle sue fantasie distruttive.
Attraverso la storia del bimbo pazzo emerge anche il suo rifiuto per la scuola legato ad un profondo sentimento di impotenza ed inadeguatezza, - "che schifo deve andare a scuola e poi pensa: ha 4 mesi e deve già fare i compiti".
Questa breve ed eloquente comunicazione sembra evidenziare lo spostamento e condensazione nell'ambito scolastico rispetto ai "compiti insostenibili" a cui Stefania si sente sottoposta da sempre, nonché alla mancanza di mezzi psichici per fronteggiarli.
Stefania sa che durante questa prima fase incontro lei ed i suoi genitori per cercare di trovare insieme un modo per aiutarla.
La madre comunica che la bambina si mostra riluttante quando deve venire alle sedute, preferirebbe andare a giocare al parco con gli amici.
La riluttanza della bambina viene accolta dalla terapeuta come espressione di un bisogno di protezione dalla delusione che comporterebbe una brusca interruzione della relazione.
Uso terapeutico dello spazio della consultazione
A posteriori, si è rivelato fondamentale avere potuto prendere in considerazione la mobilitazione delle resistenze espressa dai genitori attraverso il loro rifiuto di un'analisi per la bambina come una "comunicazione" che non implicava necessariamente l'interruzione del percorso di elaborazione che si era avviato con la consultazione.
Alla luce del concetto winnicottiano del "periodo dell'esitazione" questo momento della consultazione si è configurato come uno spazio di apertura: "Il concetto del periodo di esitazione aggiunge qualcosa di nuovo al concetto classico di resistenza, come lo conosciamo nell'opera di Freud. Molto spesso negli scritti analitici ci si imbatte nell'interpretazione al paziente della resistenza, mentre la realtà è che il paziente si trova nel "periodo dell'esitazione" o, in altre parole, sta brancolando alla ricerca di "un tipo di intimità" nella situazione analitica, in cui egli possa gradualmente dare il suo primo contributo verbale o gestuale." (Masud Khan, 1977, p.15)
La "gradualità" a cui si sta riferendo M. Khan implica, dal punto di vista del funzionamento mentale del terapeuta, una gestione della temporalità che preveda la capacità di "attendere".
Avere accolto "l'esitazione" che i genitori di Stefania esprimevano attraverso un "rifiuto", lasciando in sospeso un progetto terapeutico che avvertivano imposto dall'esterno, ha consentito loro di entrare in contatto con le dinamiche che sottendevano la richiesta della consultazione.
Nell'immediato però ocorreva individuare un ambito in cui fosse possibile investire sulle potenzialità generative della loro funzione genitoriale.
I problemi di apprendimento sembrano costituire, per il momento, l'unico ambito dove entrambi possono riconoscere le reali difficoltà di Stefania che si sono manifestate con l'inizio della scuola elementare soprattutto nella scrittura con ripercussione sulla lettura. Le insegnanti hanno sollecitato più volte i genitori ad affrontare il problema, esse temono un fallimento in terza elementare poiché l'apprendimento prevede maggiori livelli di complessità.
La proposta della terapeuta di chiedere una valutazione sui problemi di apprendimento si basa fondamentalmente:
- sulla consapevolezza che i disturbi di apprendimento di Stefania costituiscono l'espressione di un quadro psicopatologico complesso. Nel quadro generale essi rappresentano forse l'aspetto più superficiale ma anche quello più direttamente accessibile ad un cambiamento che può rassicurare la bambina sulle proprie capacità dandole strumenti per confrontarsi su un piano di parità nell'ambiente scolastico,
- sull'importanza di intervenire tempestivamente in un ambito in cui i genitori devono adoperarsi attivamente per aiutare la bambina può attenuare il senso di esclusione confermando la necessità e la centralità del loro contributo.
Logopedista e terapeuta decidono di comune accordo di privilegiare la terapia del linguaggio basata su un lavoro tecnico specifico sulla disgrafia e disortografia.
Trascorso il primo anno si è verificato un notevole recupero sul piano dell'apprendimento. La bambina ha superato la terza elementare con buoni risultati.
La precedenza accordata alle difficoltà di apprendimento non ha implicato tuttavia la negazione dei problemi di natura psichica né l'arresto di un processo di elaborazione che si era avviato con la consultazione: la terapeuta evidenzia l'importanza di dare una continuità al rapporto incontrando alcune volte i genitori e prevedendo una seduta mensile con Stefania.
Per i genitori è stato possibile distinguere il senso di colpa e fallimento legato alla propria storia come coppia dalla storia complessiva della bambina che comprendeva non soltanto l'esperienza di vita condivisa con loro, bensì anche un inizio fortemente connotato dalla deprivazione, dove loro erano stati dolorosamente assenti.
La psicoterapia di Stefania inizia di comune accordo con la bambina ed i genitori.
In questa come in altre situazioni cliniche mi è stato possibile costatare l'importanza di un lavoro preliminare per mobilitare e trasformare le dinamiche iniziali che avrebbero compromesso la continuità del processo terapeutico.
Per concludere, riporto una breve sequenza della "storia del bimbo pazzo", che Stefania riprende dopo molto tempo:
I genitori lasciano il bambino da solo per andare al cinema. Il bambino scappa di casa per andare loro incontro, essi non lo riconoscono perché sono ubriachi:
-"noi non abbiamo bambini!"
A questo punto il bambino si perde. Girovagando per le strade della città nel suo passeggino incontra una signora che sta con suo figlio. La signora appoggia per terra un grande cappello che ha in testa, il "bimbo pazzo" balza dentro senza farsi vedere. La signora si rimette il cappello portando il bambino sulla testa. Soltanto quando sta dentro casa e si toglie il cappello scopre che il bambino stava dentro: "ora ti copro (lo avvolge nel suo cappello), hai la febbre, sai dove sono i tuoi genitori?"
Il bambino balbettando, perché è molto piccolo, dà l'indirizzo di casa ed il nome dei suoi genitori.
La seduta si conclude e Stefania, che in passato insisteva per prolungarla, ora accetta di andare via: sa che la sua storia avrà un seguito.
Bibliografia
AA.VV: Il pensiero di D.W. Winnicott(1977). Trad It. Roma, 1982 Armando.
A. Giannakoulas: L'holding in una situazione d'emergenza . In " Il Pensiero di
Winnicott". Roma, 1982, Armando.
M. Khan: Introduzione a "Il pensiero di Winnicott". Roma, 1982, Armando.
D. W. Winnicott: Sviluppo affettivo e ambiente (1965). Trad. It. Roma, 1970, Armando.
Esplorazioni psicoanalitiche (1989). Trad. It. Milano, 1995, Cortina.
Colloqui terapeutici con i bambini ( 1971). Trad. It. Roma, 1974, Armando
Sulla natura umana (1988). Trad. It. Milano, 1989, Cortina.
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