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PSYCHOMEDIA
Telematic Review
Sezione: MODELLI E RICERCA IN PSICHIATRIA

Area: Medicina di Base e Psichiatria


Il Medico di base alle prese con i pazienti psichiatrici


Francesco Benincasa




I pazienti con disturbi psichici rappresentano il 25-35% del totale di coloro che si recano negli ambulatori dei medici di base. Più di un terzo di questa popolazione viene trattato come malato organico perché la sofferenza emotiva non viene identificata. Reciprocamente, sono numerose le persone che, pur lamentando disturbi fisici, vengono classificati come psichiatrici o funzionali. La morbilità psichiatrica nella medicina di base è circa 10 volte maggiore di quella esistente nei servizi specialistici, ma la maggior parte di questi pazienti non raggiungerà mai la struttura specialistica, in parte perché non viene riconosciuto dai medici di base, in parte per i pregiudizi che tengono i pazienti lontani dagli psichiatri, ancora considerati i medici dei matti. Da una maggiore integrazione tra medici di famiglia e psichiatri ci si aspetta un maggiore adattamento degli utenti ad ammettere l’esistenza del disagio mentale e la possibilità di affrontarlo abbandonando leggende e prevenzioni.
I generalisti e gli psichiatri lavorano in collaborazione con frequenza sempre maggiore nella nostro tempo in cui si enfatizza la necessità di cure interdisciplinari; i principale obbiettivi sono il miglioramento della qualità degli interventi e la riduzione dei costi. Un importante risultato di questa collaborazione è (superate le resistenze cui si accennava) la capacità di invio in consulenza ai servizi specialistici. Saraceno ha trovato che il tasso di invio allo specialista si situa in Italia tra il 8,5% e il 22%. Allo stato attuale la collaborazione medico di base/psichiatra deve essere senz’altro migliorata; il MdB dovrebbe spiegare chiaramente il livello di responsabilità clinica in cui vuole essere coinvolto, mentre gli psichiatri dovrebbero valutare più frequentemente la possibilità di intervenire con una singola consultazione a riprova del fatto che spesso i medici di base desiderano essere instradati nella gestione del paziente senza che lo specialista se ne assuma in prima persona l’impegno totale; il MdB vorrebbe essere coinvolto in una gestione integrata senza per questo rinunciare alla continuità nella cura del paziente che gli è propria.
Nell’area delle cure primarie ansia e depressione sono i disturbi psichiatrici prevalenti, tuttavia solo una minoranza di questi pazienti viene identificata e trattata; il supporto dei consulenti psichiatri sembra efficace nel migliorare le abilità diagnostiche e terapeutiche dei MdB così da metterli in grado di identificare e trattare precocemente questi disordini così diffusi. Sarebbe auspicabile che i medici di famiglia possedessero abilità terapeutiche non solo relative all’uso degli psicofarmaci, ma soprattutto capacità psicoterapiche-relazionali in grado di contenere e sostenere le persone senza collocarle obbligatoriamente nello spazio svantaggiato di coloro a cui -dati in consegna al farmaco- si rinuncia a pensare. Malgrado l’incerta e mutevole condizione ambientale della medicina di base, è chiaro che i MdB restano le figure cui più spesso si richiede di fornire aiuto nel campo della salute mentale; un medico di base acuto e preparato saprebbe identificare al loro esordio la maggior parte dei quadri patologici e riuscirebbe sorprendentemente a definire meglio di chiunque altro la fasi iniziali di quadri che, quando arrivano allo specialista, hanno già compiuto gran parte del percorso della storia naturale della malattia. Quest’ultima affermazione suggerisce la necessità di aggiornamento e formazione costanti per i generalisti.
Uno studio del WHO del 1973 concludeva che “Per poter sviluppare una buona assistenza psichiatrica territoriale è necessario avere buoni servizi di medicina di base”. 17 anni dopo, la stessa agenzia (WHO) concludeva un altro studio affermando che: “Per poter sviluppare una buona assistenza psichiatrica da parte dei medici di base è necessario un tessuto di buoni servizi territoriali psichiatrici”. Tali dichiarazioni sottolineano la necessità di interdipendenza dei due servizi. I medici di base dovrebbero sviluppare progetti comuni con gli specialisti e diventare più abili nella capacità di diagnosi psichiatrica e terapia psicofarmacologica. Si è infatti dimostrato che il riconoscimento della patologia psichiatrica da parte dei medici di base migliora la prognosi; essi dovrebbero anche imparare a conoscere e ad orientarsi nella selva di scuole Psicoterapiche definendone le specificità e mantenendo un contatto con gli psicoterapeuti pubblici o privati che prendono in cura i loro assistiti.
Nel 1992 il gruppo di Goldberg e Huxley ha elaborato un modello in cui al medico di base vengono affidati non solo compiti di filtro ma anche gestionali; vi si specificano le abilità richieste al generalista per la gestione delle principali forme morbose psichiatriche dai disturbi emozionali alle psicosi. In base a questa classificazione, oltre la metà dei casi sarebbe di pertinenza del medico di base cui spetterebbe il compito di dedicare loro un’attenzione particolare e garantirne il controllo nel tempo.
A titolo esemplificativo prenderò ora in considerazione attraverso una breve analisi della letteratura, il modo in cui i Medici di Base riescono a condurre il trattamento di depressione e rischio di suicidio. Riguardo la capacità diagnostica dei generalisti un recente studio ha dimostrato che le differenze di esito nel trattamento della depressione tra specialisti e medici di base sono minime, tanto da rendere insoddisfacente il rapporto tra beneficio e costo dell’assistenza specialistica. In uno studio olandese il 59% di 65 medici di base ha riconosciuto adeguatamente e correttamente la presenza di sintomi depressivi nei due casi simulati sottoposti a valutazione e circa il 30% ha fornito una diagnosi corretta anche se non espressa secondo criteri formali. Nell’ambito della medicina di base un paziente su 10 soffre di qualche disturbo depressivo e 1 su 20 soddisfa i criteri per la diagnosi di un episodio depressivo maggiore.
Il terzo National Study of Morbidity britannico riporta un tasso di 29 casi di depressione per mille assistiti visitati nel corso di un anno. I pazienti non riconosciuti depressi avevano consultato il medico di base più spesso rispetto agli altri e con uno spettro così ampio di sintomi organici, tanto da raccogliere una frequenza di diagnosi mediche fino a cinque volte maggiore rispetto agli altri.
Dati del registro della popolazione scozzese dimostrano che un medico di base ha la probabilità di avere tra i propri assistiti 0,15 suicidi per anno ( ossia un suicidio ogni 7 anni circa)
Nel 41% dei casi di suicidio l’ultima consultazione con il medico di base era di ordine psichiatrico ma avvenuta in un ambito temporale molto ampio. Il 16% ha avuto contatto nella settimana precedente. Il 39% nel mese precedente. Il 50% nelle 8 settimane precedenti. Il 70% nelle 20 settimane precedenti. Di tutti questi solo il 3% aveva espresso propositi suicidiari. I dati riportati dimostrano come il medico di base rimanga il primo punto di riferimento per chi presenta disturbi psichiatrici: si tratta contemporaneamente di una grande responsabilità e di uno stimolo alla crescita culturale ed alla cooperazione.
Ripropongo il classico schema di Goldberg e Huxley per ribadire attraverso la forza dei numeri, la necessità di una integrazione ed una comunicazione maggiore tra medici di base, psicoterapeuti e psichiatri.


PRIMO LIVELLO

MORBILITA’ PSICHIATRICA NELLA POPOLAZIONE GENERALE 250 PER MILLE

primo filtro

decisione di consultare il medico di base

SECONDO LIVELLO

MORBILITA’ PSICHIATRICA TOTALE NELLA MEDICINA DI BASE 230 PER MILLE

secondo filtro

riconoscimento dei disturbi da parte del medico di base

TERZO LIVELLO

MORBILITA’ PSICHIATRICA RICONOSCIUTA DAL MEDICO DI BASE 101,5 PER MILLE

terzo filtro

invio da parte del medico di base ai servizi psichiatrici

QUARTO LIVELLO

MORBILITA’ PSICHIATRICA TOTALE NEI SERVIZI PSICHIATRICI 23,5 PER MILLE

quarto filtro

decisione dello psichiatra di ospedalizzare

QUINTO LIVELLO

PAZIENTI PSICHIATRICI RICOVERATI IN OSPEDALE





Bibliografia

-Parma E. : “I disturbi psichici in medicina generale”. Utet periodici, Milano, 1997.
Goldberg , Huxley: “Disturbi emotivi comuni. Un approccio bio-sociale”. Il Pensiero Scientifico Editore, Milano, 1993.
-Bellantuono, Balestrieri, Tansella: “I disturbi psichiatrici nella medicina generale”Il Pensiero Scientifico Editore, Milano,1992.
-Saraceno, Laviola et al: “Consequences of mental distress recognition in general practice in Italy: a follow up study”: Soc Sci Med 1994; 39:789-796)
-World Health Organization.: “Psychiatry and Primary medical care. Report of a working Group”. Copenhagen: WHO regional Office for Europe, 1973.
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-Van Marwijk, De Boch et al: “Management of depression in elderly general practice patients”. Scand J Prim Health Care; 1994; 12:162-168
-Blacker, Clare: “Depressive disorder in primary care”Br J Psichiatry 1987;150;737-751
-RCGP,OPCS,DHSS. “Morbidity statistics from general practice”1986 Third National Study, HMSO
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