Nelle società occidentali è sempre più diffusa
la preoccupazione per gli effetti dannosi dei campi elettromagnetici sulla
salute e, di tanto in tanto, si diffondono voci allarmanti soprattutto
quando i media si impossessano della questione. In Svezia il problema è
talmente avvertito dalla popolazione che qualche anno fa è stata
coniata una nuova etichetta diagnostica (Ipersensibilità all’elettricità)
ed è stata fondata un’associazione (Swedish Association for the
Electrosensitive) che conta attualmente più di 2.000 membri.
Nonostante queste diffuse preoccupazioni, i risultati scientifici non
confermano affatto una associazione positiva dell’esposizione a fonti elettromagnetiche
(monitor, televisori, lampade fluorescenti, piloni delle società
elettriche, ecc) con danni organici, e neanche con gruppi patognomonici
omogenei di sintomi. I sintomi più frequentemente riportati, e di
conseguenza quelli più indagati, riguardano disturbi a carico del
SNA e della pelle. Alcuni studi epidemiologici hanno confermato che i disturbi
dermatologici sono maggiori in persone esposte ad apparecchi video ma non
in pazienti con malattie della pelle diagnosticate o con caratteristici
cambiamenti istologici. Altri studi hanno stabilito un aumento delle risposte
cerebrali corticali all’esposizione a luce intermittente in persone che
lamentano ipersensibilità all’elettricità rispetto ai controlli.
Lo studio di Hillert e coll. del prestigioso Karolinska Institute di
Stoccolma ha indagato la presenza di sintomi dermatologici (esantemi, prurito,
foruncoli, rossore) e del SNA (cefalea, tachicardia, affaticamento, difficoltà
di concentrazione) in 241 impiegati di una multinazionale delle telecomunicazioni
ad elevata tecnologia (IT Company), correggendoli per informazioni sociodemografiche
e lavorative e per indici di distress psicologico (General Health Questionnaire,
GHQ) e di personalità (Eysenck Personality Inventory, EPI). I soggetti
erano prevalentemente maschi (62%) e di età media (20-50 anni),
il 17% dei quali ha dichiarato ipersensibilità all’elettricità
che quindi costituiscono i casi.
I due gruppi non differivano per caratteristiche sociodemografiche,
lavorative, psicologiche e di storia clinica. E’ stata riscontrata una
differenza significativa nelle medie dello score assegnato ai sintomi dermatologici
raggruppati fra casi e controlli, ma non nello score assegnato ai sintomi
del SNA. Inoltre, è stato notato un aumento significativo dell’indice
dermatologico in proporzione diretta con la maggiore durata dei sintomi.
Nessuna relazione fra sintomi riportati e indici di distress psicologico
o tratti di personalità è emersa. Gli autori concludono che
i sintomi dermatologici, ma non neurovegetativi, potrebbero essere caratteristici
della sindrome da “ipersensibilità all’elettricità”.
Questo studio soffre di almeno due limiti comuni agli studi su questo
problema. Il primo è metodologico e riguarda la eterogeneità
del campione. I casi vengono identificati in base al fatto che i soggetti
stessi si dichiarano vittime dei campi elettromagnetici per cui la selezione
del campione viene compiuta sull’auto-attribuzione di patologia da parte
dei soggetti stessi di studio e non può esser controllata dagli
sperimentatori. Ciò significa che i gruppi di studio sono altamente
selezionati a priori ed inficiati da un forte bias di attribuzione soggettiva
di patologia. Il secondo limite è concettuale. La categoria “ipersensibilità
all’elettricità” implica di per sé una connessione causale
che invece è tutta da dimostrare. Tale opzione causalistica non
sufficientemente provata è comune a molti disturbi c.d. di somatizzazione
nei quali si dà per scontato che i sintomi fisici derivino da cause
psicologiche (stress, ansia, depressione). Per la varietà dei sintomi
somatoformi riportati dai pazienti e per la mancanza di evidenza empirica
del legame etiologico, molti autori preferiscono usare un’etichetta diagnostica
estremamente descrittiva come “sintomi non spiegabili dalla medicina (medically
unexplained symptoms)”. Pertanto, risulta difficile comprendere se questo
studio (così come tanti altri su disturbi somatoformi ancora indefiniti
sul piano diagnostico) riguarda in realtà soggetti con elevato quoziente
di attribuzione cognitiva di malattia, con disturbi somatoformi indifferenziati,
con tendenza all’autopresentazione somatica delle difficoltà psicosociali
o realmente con una nuova sindrome determinata dall’esposizione continuata
all’elettricità.
Dr. Lena Hillert
Department of Environmental Health
Norrbacka, 3rd Floor
Karolinska Hospital
SE-171 76 Stockholm, Sweden
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